Claudio Marincola, Il Messaggero 27/07/2014, 27 luglio 2014
SPRECHI RAI, 7 DIPENDENTI IN NOVECENTO METRI QUADRI
L’INCHIESTA
ROMA Sui soffitti affreschi del Tiepolo: Pegaso, cavalcato dal Genio che vola verso la Gloria. Spazi smisurati, l’affaccio superbo sul Canal Grande: a Palazzo Labia non si respira certo aria di crisi. Dal 1964 ospita, nel cuore pulsante di Venezia, la sede regionale della Rai. È la punta di diamante di un patrimonio immobiliare che in totale ammonta a 750 mila metri quadri. Una distesa sterminata di uffici, porte, scrivanie, finestre spalmati in tutta Italia per contenere le strutture e ospitare 13 mila dipendenti. A dire il vero le proprietà dell’azienda di viale Mazzini si fermerebbero a 665 mila metri quadri. Ma perché stare stretti? Meglio allargarsi. Ed ecco che ai tempi delle vacche grasse si sono aggiunti per incanto altri 85 mila metri quadri affittati a caro prezzo. La parte del leone in questa corsa alla dilatazione degli spazi l’hanno fatta le sedi regionali: occupano il 22% dei fabbricati contro il 16% della direzione generale, distribuita tra Roma (10%) e Torino (6%).
L’ABBUFFATA
Il caso limite rimane però la sede di Sassari: 900 metri quadri per 7 dipendenti. Tre redattori, un inviato speciale e tre tecnici. Un manipolo di uomini in un deserto di cemento. La Rai acquistò il palazzo dall’Eni molti anni fa per esplicito desiderio dell’ex presidente della Repubblica Antonio Segni, un gallurese doc. Per quella di Cagliari - che ospita circa 100 dipendenti - l’azienda paga l’affitto al Comune. Da sola, quella sede non bastava: l’Isola chiedeva un surplus di informazione e fu accontentata visto che la cosa stava a cuore al territorio e al Capo dello Stato.
Massimo Giletti, conduttore dell’Arena, provò a sollevare il problema nel corso di un’assemblea. Non l’avesse mai fatto: si scatenò un polverone! Apriti cielo! Risultato: la sede è sempre lì. È in vendita, ma nessuno la vuole perché andrebbe rimordernata. E i 7 dipendenti? Si sentono presi di mira e gridano al complotto, li ha difesi solo un senatore (del Pd). Per mettere a tacere le critiche e dimostrare di essere utili producono tantissimi servizi. Una sorta di stakanovismo di necessità. Nel frattempo l’azienda di viale Mazzini continua a pagare al Comune l’affitto per la sede di Cagliari e a mantenere il mega palazzo di Sassari.
AUDITORIUM DESERTO
Ecco la Rai. In rosso fisso, colpita al cuore dai tagli imposti dal decreto Irpef (150 milioni di euro), ma sempre a galla, ancorata al suo passato glorioso. Il valore complessivo degli insediamenti - l’ultima perizia è datata 2012 - è di ben 12.584 milioni di euro. Gli investimenti nella manutenzione degli immobili hanno subito un brusco calo, data la vetustà si rischia il degrado. Stiamo parlando di piccoli «tesori». Quello di Venezia, un edificio del Settecento che incorpora uffici della direzione, redazioni, studi e mensa, non è l’unico esempio di sede monumentale. Altro pezzo pregiato è il centro di produzione di Napoli, in particolare l’Auditorium, 800 posti a sedere con una platea di 700 metri quadri. Il laboratorio di scenografia è un fiore all’occhiello, è in grado di produrre varietà, fiction e altre varie tipologie di spettacolo. La Rai preferisce però spesso rivolgersi all’esterno. Nel primo trimestre del 2012 la Corte dei conti visitò la struttura e concluse che l’Auditorium era stupendo, ma che nel primo quadrimestre dell’anno non era stato quasi mai utilizzato.
I FORZATI DELL’ALBA
La crisi economica e aziendale ha imposto vari tagli: spese di rappresentanza, chiusura di sedi di corrispondenza, edizioni dei tg. Dal 20 giugno, con l’inzio dell’estate la trasmissione “Buongiorno Regione” è stata sospesa. Ma tecnici e dipendenti in molte sedi continuano ancora a fare “l’alba“, cioè ad arrivare presto per ritrovarsi in busta paga gli straordinari. La domenica in molti uffici c’è il tutto esaurito. Impiegati, tecnici, giornalisti: non manca nessuno. La crisi aziendale ha richiesto interventi di spending review, una drastica riduzione dei costi esterni delle testate giornalistiche: Tg1,Tg2,Tg3, Rai sport, Televideo, Rai Parlamento, RaiNews.
Ad incidere sul bilancio più di tutte è Rai-sport che richiede collegamenti esterni e trasferte. Subito dopo, tra costi editoriali e di produzione, viene la Tgr. Ecco dunque che per risparmiare si è pensato di abolire l’ultimo tg regionale, quello che precede la mezzanotte e incorporarlo nell’ultima fascia informativa. La finestra di 4 minuti viene registrata da un conduttore un’ora prima ma il notturno per i tecnici scatta lo stesso.
CONCORSO RIPARATORE
Tra le voci che hanno inciso nel corso degli anni sul bilancio della Rai ci sono le cause di lavoro. Un dipendente su 10 - lo ha dichiarato il dg Luigi Gubitosi - è stato assunto dopo aver aperto un contenzioso. Ecco allora che per evitare una nuova ondata di ricorsi nel luglio del 2013 fu bandito un concorso riservato a giornalisti professionisti. Una porta d’accesso per chi, impiegato magari con un’altra qualifica nei talk show appaltati all’esterno, è andato in video sulle Reti Rai. Una sorta di sanatoria mascherata, insomma. In cambio i vincitori hanno dovuto accettare il trasferimento in una sede regionale, impegnarsi per almeno 5 anni a non chiedere il trasferimento e firmare un verbale di conciliazione.
Restava però un problema: cosa fare di chi aveva i requisiti ma è rimasto fuori? Tutti potenziali ricorrenti? Il busillis si è trascinato per qualche giorno finché è stata trovata la soluzione: lasciare aperta la graduatoria e dichiarare idonei anche i primi 60 esclusi. Un binario parallelo al bacino dei precari, altri precari da assorbire. Con la benedizione del sindacato e dell’azienda.