Armando Besio, la Repubblica 29/7/2014, 29 luglio 2014
MILANO
A Vittorio Sgarbi che giudica il suo maxi compenso «fuori mercato, un danno per Milano e un furto per l’erario», Germano Celant non replica. «Sgarbi lo conosciamo. La sua logica è l’urlo. Il suo livello è talmente basso che non merita un commento». Al cronista che lo incalza circa i 750mila euro assegnatigli da Expo per la mostra “Arts and Foods”, il celebre curatore, che curiosamente in gioventù inventò l’Arte Povera, qualcosa risponde, ma con l’aria seccata di un professore alle prese con uno studente svogliato, cocciuto e ignorante. «Vi ostinate a confondere fee con budget, onorario con bilancio. I 750mila euro non sono il mio fee, il
mio onorario personale, ma il nostro budget , il bilancio operativo per quattro anni di lavoro collettivo, iniziato nel 2011. Quattro anni che coinvolgono diversi ricercatori. Quattro anni di spese di studio, di ufficio, di viaggio, di contatti con oltre 50 musei. Le polemiche le lascio a Sgarbi. Io risponderò con i fatti. E saranno fatti di qualità».
Dedicata al rapporto tra arte e cibo (“Nutrire il pianeta, energia per la vita” è il tema generale di Expo 2015), la mostra curata da Celant, allestita dall’architetto Italo Rota, sarà esposta alla Triennale da aprile a novembre dell’anno prossimo. Costerà 5,3 milioni (budget per la curatela a parte). Promette un ricco menù di arte e fotografia, ma anche design e cinema,
per un percorso che dal 1851 — anno della prima esposizione universale moderna, a Londra — approda ai contemporanei. Tra i pezzi d’autore in catalogo, una natura morta di Morandi, un servizio di bordo disegnato per Alitalia da Joe Colombo, un gigantesca forchetta pop di Oldenburg.
I primi a sollevare il caso dei 750mila euro a Celant sono stati i giovani del sito Art Tribune, i quali hanno pubblicato anche una lettera aperta del curatore Demetrio Paparoni al sindaco di Milano Giuliano Pisapia. «Una cifra fuori da ogni ragionevole parametro » sostiene Paparoni, che contesta l’assegnazione dell’incarico senza bando e ricorda che il curatore dell’ultima Biennale d’arte veneziana, Massimiliano Gioni, aveva ottenuto
un compenso di 120mila euro, mentre «il direttore degli Uffizi guadagna 1890 euro al mese». Sul «compenso da Guinness» di Celant interviene anche l’ultimo numero del “Giornale dell’arte” dell’editore Allemandi che si chiede «quanto guadagnano i curatori delle mostre nel mondo». E risponde che «le biennali di solito assegnano ai migliori curatori meno di un sesto dell’onorario di Celant».
Il commissario dell’Expo Giuseppe Sala ha sempre difeso Celant, spiegando di avergli assegnato anche un complesso e costoso incarico organizzativo e manageriale, e calcolando che a conti fatti di quei 750mila euro al curatore in persona resterà in tasca non più del 20-30 per cento.