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 2014  luglio 29 Martedì calendario

LA TOSCANA PARTE PER PRIMA CON L’ETEROLOGA

La Toscana brucia tutti sul tempo e parte con la fecondazione eterologa, recentemente «rientrata» in Italia dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha delegittimato il divieto del 2004. Il termine indica le tecniche che prevedono l’uso di gameti donati alla coppia di aspiranti genitori con problemi di infertilità.
Questa settimana il ministro della Salute Beatrice Lorenzin potrebbe portare in Consiglio dei ministri il decreto legge che stabilisce come dovranno organizzarsi i centri e quali sono le regole da rispettare per uniformare l’attività. Oggi andrà in Commissione affari sociali della Camera per tracciare il suo disegno, frutto di un lavoro consultivo con una commissione di addetti ai lavori.
La Regione presieduta da Enrico Rossi però ha deciso con una delibera approvata ieri di non aspettare. Alle ventidue cliniche pubbliche e private di procreazione medicalmente assistita basterà dunque presentare un’autocertificazione dove dichiarano di essere organizzate per avviare la nuova attività. «Non é una fuga in avanti — chiarisce l’assessore Luigi Marroni —. È un provvedimento ponte in attesa delle indicazioni nazionali che giudichiamo necessarie. Vogliamo però evitare il far west locale, piccole e grandi speculazioni. Da noi si fanno circa 7 mila cicli di trattamento all’anno».
Come é stata accolta l’iniziativa dal dicastero della Salute? Avrebbero probabilmente preferito che tutti restassero ai blocchi di partenza, senza fughe in avanti: «Ciò dimostra quanto sia necessario intervenire con la massima urgenza con un provvedimento normativo efficace in tutta Italia per evitare disparità di trattamento tra i cittadini residenti nelle diverse Regioni». Il rischio é che possa prendere corpo il fenomeno precedente l’abolizione del divieto. Migliaia di coppie che si spostavano in Spagna, Belgio o Grecia per fare l’eterologa, consentita dalle leggi locali. In Italia potrebbe succedere lo stesso. La Toscana é bene attrezzata e già accoglie pazienti sterili da altre Regioni e città come, ad esempio, da Roma dove ormai c’è un’unica struttura pubblica in funzione, il Sant’Anna, dopo la chiusura del Pertini (in seguito allo scambio di embrioni che ha coinvolto due coppie, una delle quali in attesa dei gemelli dell’altra). Chiuso anche il San Filippo Neri dove tutto è pronto, macchinari all’avanguardia, microscopi costati un occhio della testa, però mancano le certificazioni antincendio. E i pazienti emigrano a Firenze in un centro che fa pubblicità fuori dall’ospedale romano.
Le indicazioni toscane si discostano in alcune parti da quelle del decreto in fase di rifinitura. Ciascun donatore potrà sottoporsi sei volte al prelievo di gameti, rispetto al limite nazionale di 25. Non é indicato invece un numero massimo di bambini concepiti grazie a gesti che dovrebbero essere di puro altruismo. Il testo Lorenzin invece fissa il tetto di 10, con eccezioni per chi vuole dare un fratello o una sorella ad un figlio nato con seme o ovociti di estranei. Il principio della gratuità é assoluto così come nel decreto. Con questo si vuole ribadire che la donazione non deve essere considerata fonte di guadagno come avviene in Paesi europei dove le donne con un reddito basso si prestano al prelievo in cambio di ricompense. Regalare ovociti non é uno scherzo. Le volontarie sono sottoposte a cure per la stimolazione piuttosto complicate, si perdono giorni di lavoro. Ecco perché alcuni sostengono la necessità di riconoscere loro una somma anche simbolica. C’è poi la questione del limite di età dei donatori: la Toscana ha stabilito 35 anni per la donna e 50 per l’uomo, nel decreto si indicano 35 e 40 anni. Infine l’anonimato: nato e padre-madre biologici non possono avere accesso alle rispettive generalità a meno che questi ultimi non modifichino la loro volontà.
Tra i punti salienti della bozza ministeriale in dirittura d’arrivo, regole per la selezione dei donatori, con esami per Aids ed epatite C ma anche genetici. Chi cede i propri gameti ha la garanzia dell’anonimato salvo eccezioni legate alla necessità da parte del figlio di sapere di lo ha generato per motivi di salute, ad esempio la comparsa di certe malattie. Si sta facendo largo però in diverse legislazioni il diritto di conoscere le proprie origini raggiunta una certa età. Questo sarà tema di un approfondimento a livello parlamentare così come il problema dell’adozione degli embrioni in sovrannumero, non più utilizzati da coppie che già hanno fatto trattamenti. È la conseguenza di un’altra opportunità aperta dal ritorno dell’eterologa: la creazione di embrioni in provetta interamente modellati con gameti donati, maschili e femminili.
Margherita De Bac