Giulia Zaccariello, il Fatto Quotidiano 28/7/2014, 28 luglio 2014
CREMONINI, UN IMPERO NATO DA DIECI SCROFE
Questa storia inizia con una porcilaia e finisce con un impero miliardario. Nel mezzo tonnellate di hamburger, i panini più americani che esistano. Ma non ci sono cowboy, né praterie. Per sapere da dove arriva la carne dei McDonald’s bisogna infatti cavalcare lungo la via Emilia e arrivare fino a Castelvetro di Modena. Qui, in questo comune di 11 mila abitanti, tra la collina e l’Appennino, abita il re Mida della polpetta, all’anagrafe Luigi Cremonini, fondatore di uno dei gruppi alimentari più grandi d’Europa. È sua la carne con cui si imbottiscono i Big Mac in Italia, per via di un accordo firmato 18 anni fa. All’epoca Cremonini è considerato il pioniere degli hamburger in Italia, grazie alla sua Burghy, azienda passata in una manciata di anni da 6 a 96 punti vendita. Nel 1996, però, decide di venderla alla McDonald’s, interessata a entrare a gamba tesa nel mercato italiano. In cambio il gruppo modenese riceve 200 miliardi di lire, e si assicura la fornitura in esclusiva di carne ai fast food aperti dal colosso americano in Italia. Una mossa da maestri, considerando che la partnership, stipulata poi anche in Russia, in Danimarca e in Grecia, contribuisce non poco a costruire la fortuna di Cremonini, che diventa così il re della bistecca. Del resto di fiuto imprenditoriale Cremonini ne ha sempre avuto. Self-made man emiliano, classe 1939, comincia la sua vita da macellaio a 19 anni, quando con 10 scrofe apre un allevamento di maiali. Presto però capisce che il guadagno vero si nasconde nella carne della vacca, di quella mucca arrivata a una certa età e destinata al macello. Basta trasformarla in hamburger e in ripieno per tortellini. E l’affare è servito. Così nel 1963, insieme al fratello Giuseppe, fonda l’Inalca, industria per la macellazione. Da quel momento è un investimento dopo l’altro. Oggi il gruppo ha un fatturato da 3,5 miliardi di euro, ed è attivo nella produzione, nella distribuzione e nella ristorazione. È presente in Russia e in diversi paesi dell’Africa. Nelle stazioni, sulle autostrade e negli aeroporti con la Chef Express. Suo è il marchio della carne in scatola Montana, e suoi sono i ristoranti Roadhouse Grill. Un impero vietato ai vegetariani, che in mezzo secolo è riuscito a resistere a più di una bufera. Quella arrivata insieme al morbo della mucca pazza, per cominciare. Nel 2001, il primo caso italiano viene rintracciato proprio in un macello Cremonini. Si polverizzano punti in borsa, ma il gruppo riesce comunque a superare la tempesta. Anche quella giudiziaria: il processo per frode in commercio finisce in prescrizione, dopo una condanna in primo grado, l’assoluzione in appello e la successiva cancellazione dalla Cassazione. Nel 2004 va in prescrizione anche il processo a carico di Cremonini e di un suo collaboratore, per falso in bilancio e riciclaggio di denaro proveniente da una presunta evasione fiscale. Mentre negli anni successivi, altre due inchieste della Procura di Roma e di quella di Rieti, sempre per frode, si chiudono con l’archiviazione.
Giulia Zaccariello, il Fatto Quotidiano 28/7/2014