Alessandra Ziniti, la Repubblica 28/7/2014, 28 luglio 2014
CARONIA, IL PAESE DEI ROGHI MISTERIOSI “QUI BRUCIA TUTTO COME DIECI ANNI FA”
CANNETO DI CARONIA.
Greta è la più piccola, è nata qui dieci anni fa, durante la prima “stagione dei fuochi”, mentre a casa sua andavano in fiamme elettrodomestici senza presa, caldaie, mobili e persino materassi. La “zia Catena”, a 88 anni, è invece la più anziana di questo gruppo di cittadini italiani che dal 2004 non sa se credere agli ufo, agli extraterrestri, alle «diavolerie militari», come dicono qui, o se maledire semplicemente qualunque genere di tecnologia.
Greta questa volta l’hanno portata via, lontano da qui. “Zia Catena” invece non ha alcuna intenzione di andarsene. Anche se la sua casa brucia, anche se l’estate significa notti all’addiaccio e giornate afose interminabili. Perché Canneto di Caronia, piccola frazione sulla costa tirrenica in provincia di Messina, di fronte le isole Eolie, è di nuovo la «terra dei fuochi»: una striscia di terra tra la ferrovia e la spiaggia di ciottoli bianchi. La via del Mare, meno di cento metri di rettilineo, otto fabbricati, 38 abitanti. Erano 39 nel 2004 quando, per la prima volta, cominciarono improvvisamente a bruciare, anzi a liquefarsi, elettrodomestici di ogni genere, contatori elettrici, mobili, letti, armadi. Gli abitanti furono costretti ad abbandonare le abitazioni, senza capire perché. C’era anche il marito della signora Lorenzina: «Questa casa l’abbiamo costruita mattone su mattone con mio marito, è tutto quel che mi resta di lui, ecco perché non me ne vado». Ha le lacrime agli occhi questa ottantenne che da qualche giorno, come la famiglia del figlio Nino, ha ricevuto un’ordinanza di sgombero firmata dal sindaco Calogero Beringheri. Da due settimane, a Canneto di Caronia, si vive e dorme in strada, con i mobili fuori dalle porte per evitare danni più gravi. Estintori e mascherine pronti all’uso. Qui la lotta agli incendi misteriosi se la fanno da soli: non esiste un distaccamento dei vigili del fuoco, i più vicini sono quelli di Sant’Agata di Militello, a 45 minuti di strada, o i volontari di Santo Stefano di Camastra, a 10 minuti.
All’ora di pranzo sul grande tavolo sotto la pagoda bianca che offre l’unica ombra possibile si servono involtini di maccheroni. Fanno un gran profumo e sono in tanti a fare onore alla grande solidarietà di amici e parenti che si alternano notte e giorno nel presidio a guardia delle case che bruciano. Dall’11 luglio, giorno in cui sono ripresi gli incendi, le fiamme sono divampate 29 volte. Apparentemente senza motivo. Il televisore bianco della signora Lorenzina, per esempio: pur staccato dalla presa di corrente, è andato a fuoco cinque volte e ogni volta spento, ormai è praticamente liquefatto. Ma sono bruciati anche contatori elettrici, due phon, una cappa da cucina, un cestino pieno di panni in fondo a un armadio, due materassi, un grande serbatoio. L’ultima cosa ad andare in fiamme, tre giorni fa: un secchio pieno di calce nel magazzino di Salvatore Russello.
Anche questa volta, come era già successo nel 2004, i fuochi sembrano seguire un loro singolare “ordine”. Mai di notte, e sempre a “salire”: prima le case al piano terra, poi al primo piano, poi le mansarde e gli appartamenti vicini. E soltanto qui, in questa striscia di terra. All’hotel Za’ Maria, cinquanta metri più in là, non è mai successo niente. «Sa cosa mi sconvolge di più? — chiede Nino Pezzino, il rappresentante delle famiglie — non tanto che non siano mai riusciti a capire cosa accada qui o che non abbiano fatto niente per proteggerci, ma il fatto che abbiano provato a liquidare la questione con l’ipotesi del dolo. I consulenti della Procura di Mistretta, che poi ha archiviato l’inchiesta, sono arrivati a ipotizzare che le fiamme fossero appiccate dall’interno degli appartamenti da noi abitanti, nonostante i rilievi dei carabinieri e della Protezione civile lo avessero escluso. E poi per che cosa? Io, dopo gli incendi del 2004, ho dovuto ristrutturare per intero una palazzina di tre piani e dallo Stato ho avuto appena 12mila euro».
In questa striscia di terra dove hanno visto venire e andarsene di tutto, dalle tute bianche dei Ris ai vulcanologi, dagli ufologi agli esperti dell’esercito e della marina militare, per incredibile che possa sembrare non si è mai riusciti a registrare alcun fenomeno mentre accadevano gli incendi. La rete di monitoraggio di campi elettromagnetici che, secondo le conclusioni del rapporto del gruppo interistituzionale di studio, avrebbe dovuto essere installata oltre che a Caronia anche alle isole Eolie, a Ustica e Palermo, non è mai stata allestita (sembra per mancanza di fondi) e anche le due centraline (una a bassa frequenza e l’altra ad alta frequenza) montate qualche giorno fa dall’Arpa, non hanno mai rilevato anomalie. Nemmeno mentre le cose andavano a fuoco.
Inevitabile dunque che qui a Canneto, mentre il sindaco chiede lo stato d’emergenza per ottenere qualche soldo utile ad aiutare le famiglie, ognuno pensi un po’ quel che vuole. « Io sono convinto che la causa sia di natura militare — dice per esempio Nino Pezzino — abbiamo cominciato a bruciare dieci anni fa con la guerra in Iraq e siamo tornati a bruciare ora con i missili a Gaza. Forse, in momenti di crisi militari, aumentano la potenza delle strumentazioni e noi andiamo a fuoco. Ci hanno detto che su Caronia c’è il segreto di Stato. E allora chiediamo a Renzi di fare chiarezza». Intanto, Greta se ne è andata. E “zia Catena” si ripara all’unica ombra disponibile, insieme agli altri. Con estintori e mascherine pronti all’uso.
Alessandra Ziniti, la Repubblica 28/7/2014