Luigi Grassia, La Stampa 27/7/2014, 27 luglio 2014
“IO SONO PASSATO A EASYJET LO STIPENDIO? NON È LOW COST”
[Intervista] –
Un pilota che vuol restare anonimo ha lavorato in Alitalia e poi si è trasferito alla EasyJet, compagnia che in questi giorni sta selezionando altri piloti e hostess. La «low cost» EasyJet è in crescita e potrebbe assumere ancora più personale Alitalia in futuro (soprattutto se l’accordo con Etihad, alla fine, non si facesse...). Il pilota fa per la Stampa un confronto fra la sua esperienza di lavoro nelle due compagnie.
Domanda preliminare. Come mai parla sotto il vincolo dell’anonimato? Non so, c’è un clima pesante nella sua nuova azienda? Forse i diritti sono poco tutelati?
«Ma no. In EasyJet ci sono i sindacati (a differenza di Ryanair) e io sono iscritto all’Anpac. Ma c’è una regola: si fanno interviste solo dopo aver chiesto il consenso all’azienda e non c’è stato il tempo. Tutto qui».
Quanto lavora di più o di meno in EasyJet rispetto ad Alitalia?
«Le ore di lavoro sono grosso modo le stesse, circa 85 a settimana. Sono solo distribuite diversamente. In Alitalia capitava di fare voli più lunghi e meno frequenti e di restare a dormire fuori sede in un Paese straniero. In EasyJet questo non succede, per una diversa organizzazione del lavoro. Non si fanno voli di connessione ma solo diretti, di andata e ritorno, e alla sera si torna sempre a casa».
Stesse ore, quindi. Ma venite pagati di meno? Se la EasyJet è low cost, si suppone che siano low cost anche gli stipendi dei piloti. O non è così?
«No, anzi guadagno un po’ di più, anche se il confronto è difficile. In Alitalia la parte fissa dello stipendio è solo il 30%, mentre l’altro 70% è variabile, meno tassato e poco soggetto a contributi per la pensione. Questo però vuol dire che uno la pensione deve pagarsela a parte... In EasyJet la quota fissa è più alta, e sommando tutto direi che restano più soldi in tasca, alla fine, se si lavora in EasyJet».
Però lavorando per una compagnia internazionale rischiate di essere trasferiti all’estero? I piloti dell’Alitalia facevano resistenza anche solo a essere spostati da Roma a Milano.
«La EasyJet ha basi in Gran Bretagna, Francia, Germania e Portogallo, ne sta aprendo una in Olanda. Non si è obbligati ad andarci, ma se uno vuol restare in Italia mentre invece c’è bisogno di lui fuori, non fa carriera».
Qual è la più grande differenza che l’ha sorpresa in positivo nel passare dall’Alitalia alla EasyJet?
«L’organizzazione. E la trasparenza e correttezza nel rispettare i patti. Qui non ti cambiano i turni e non ti richiamano nel giorno di riposo, se non ti offri volontario. Mentre in Alitalia fissavo le ferie un anno prima e poi scoprivo che non ci potevo andare».
E una sorpresa negativa in EasyJet?
«Sono molto esigenti nel pretendere che, a nostra volta, rispettiamo i patti. Ma questo non è negativo».
Luigi Grassia, La Stampa 27/7/2014