Giovanna Casadio, la Repubblica 27/7/2014, 27 luglio 2014
“SI VOTA L’8 O NIENTE FERIE SUL SENATO PRONTI A TRATTARE MA PRIMA VANNO RITIRATI GLI EMENDAMENTI-RICATTO”
[Intervista a Maria Elena Boschi] –
ROMA.
«I grillini, arrabbiati, sono venuti a chiedermi perché sorridessi in aula, durante la discussione della riforma. Avevano scambiato il sorriso per scherno. In realtà il sorriso non è arroganza, è la convinzione che ce la possiamo fare e ce la faremo. Non siamo mai stati così vicini al risultato. E poi stiamo facendo una cosa importante, non è che siamo sul fronte di guerra». Maria Elena Boschi, la ministra nell’occhio del ciclone, a cui Renzi ha affidato la partita di cambiare l’architettura istituzionale del paese, tiene il punto. Annuncia: niente ferie se non portiamo a casa la riforma.
Ministro Boschi, ce la farete?
«Sono stata fiduciosa dal primo giorno e continuo a esserlo. Non cediamo di fronte alle provocazioni e, con un sorriso, andiamo avanti».
Anche con il contingentamento dei tempi, sarà un’impresa il voto finale l’8 agosto. Se salta quella data, cosa succede?
«Dobbiamo continuare a lavorare per il voto finale l’8 agosto, ma se non sarà l’8 sarà il 10 o il 12... comunque si andrà avanti fino a quando non l’approveremo. Faremo qualche giorno di ferie in meno, pazienza. Se un’impresa ha una consegna da fare, lavora un po’ in più. Se il via libera sarà all’inizio di settembre non è un dramma. Ma il punto è che noi dobbiamo mantenere l’impegno».
Siete sicuri di riuscire ad avere sempre il numero legale in aula?
«Lo garantiranno i senatori del Pd, della maggioranza e anche il gruppo di FI non ha fatto mancare il proprio impegno. Se Sel, Lega e 5Stelle preferiscono stare fuori dall’aula, possono già da adesso rinunciare all’indennità».
La “marcia per la democrazia” delle opposizioni al Quirinale non l’ha preoccupata? Non va ascoltata?
«Non ci sono minacce per la democrazia, non c’è alcun rischio di svolta autoritaria. La riforma propone semplicemente il superamento del bicameralismo perfetto, abolisce il Cnel, le Province e rivede i poteri tra Stato e Regioni. Se ne parla da trent’anni. La “marcia” è semplicemente inutile. Abbiamo anche annunciato che comunque sottoporremo le riforme a referendum e saranno i cittadini ad avere l’ultima parola. Più aperti al confronto democratico di così... Non mi preoccupo per Sel, 5Stelle e Lega che marciano sul Colle, mi preoccupo per la guerra in Medioriente, per la situazione in Ucraina. Aggiungo che c’è un atteggiamento surreale della Lega che marcia sul Quirinale e straccia la Costituzione in aula, ma in commissione ha votato la riforma e uno dei due relatori, Calderoli, è leghista e ha contribuito a correzioni del testo. Nemmeno Pirandello potrebbe fare di più...».
Ma aprite al confronto o il governo insiste nel muro contro muro?
«Non abbiamo mai chiuso al dialogo. Però non possiamo cedere ai ricatti. Non siamo al giorno zero, abbiamo alle spalle un lavoro in commissione Affari costituzionali lungo 3 mesi e mezzo, fatto di accordi, mediazioni, miglioramenti. E siamo convinti che ci possa essere un ulteriore confronto anche in aula. Ottomila emendamenti “fantasiosi”, per così dire, sono un ricatto. Alle opposizioni chiedo di dare un segnale di buona volontà: ritirate gli emendamenti. Quelli di merito saranno oggetto di confronto politico, consentendo così ai cittadini di farsi un’opinione. Ma quale senso ha stare un’ora e mezza su un emendamento prima di votarlo in aula? Un lavoratore normale, quale idea avrà dei politici eletti, che vengono pagati dai cittadini?».
Se il fronte del “no” riuscisse a bloccare la riforma, c’è il rischio di voto anticipato in autunno?
«Non voglio pensare a voti anticipati, ma solo ad andare avanti per condurre il paese fuori dall’immobilismo».
E sull’Italicum, la nuova legge elettorale, siete disposti a cedere su qualcosa, a modifiche?
«L’Italicum verrà in un secondo momento. Siamo disponibili a modifiche quando comincerà l’esame in Senato. Ovviamente si fanno con la condivisione dei partiti. Ma oggi non possiamo mettere la priorità sull’Italicum, perdendo di vista la riforma costituzionale. Se avessimo approvato in prima lettura a Palazzo Madama il superamento del Senato, la legge elettorale sarebbe già in discussione. Appena le riforme saranno approvate, incardiniamo l’Italicum».
E quali modifiche sono in vista?
«Posso dire i nodi principali in discussione, cioè le soglie, le preferenze. Ma devono essere d’accordo i cittadini».
L’allarme sulla “svolta autoritaria” svela però un rischio reale, e cioè che Renzi si trasformi nell’uomo solo al comando, con i “nominati” dell’Italicum, un forte premio di maggioranza, il Senato non elettivo.
«Intanto per noi del Pd, se anche rimanesse il sistema delle liste corte bloccate, sono previste le primarie. Poi vedremo cosa accadrà. Renzi non è un uomo solo al comando. È il leader di un partito che ha preso il 41%: un risultato storico. Tutto si può dire tranne che sia solo».
In questo clima si può fare la riforma della giustizia?
«Noi andremo avanti anche sulla riforma della giustizia. Il ministro Orlando sta svolgendo incontri e confronti in questa fase di consultazione sulle linee guida».
Con tutti i problemi che hanno gli italiani, dal lavoro alle tasse, è sicura che sia prioritaria la riforma costituzionale?
«Noi stiamo lavorando a tutte queste cose. La riforma costituzionale è un tassello di un quadro molto più ampio. In questi stessi giorni alla Camera si esamina il provvedimento sulla Pubblica amministrazione che il ministro Madia ha seguito in commissione e va ora in aula. Ai 54 mila posti in più in giugno hanno contribuito le nuove norme sull’apprendistato e i contratti a termine. È poi partito il piano per l’edilizia scolastica».
Cosa c’è in cima al programma dei mille giorni?
«Lo presenteremo il primo settembre, sarà la road map dei prossimi tre anni. Ci sono le linee guida dalla scuola agli incentivi per l’export delle piccole e medie imprese».
Non è che ci sarà dentro anche una manovra correttiva?
«No, non c’è una manovra correttiva all’orizzonte».
Senta, perché ha scomodato Fanfani, un dc della vecchia politica, nel suo discorso sulle riforme a Palazzo Madama?
«Anche per orgoglio aretino, e poi è stato un grande statista, presidente del Senato, una personalità politica molto stimata da mio padre. Ho citato anche De Andrè, ma non ha fatto lo stesso effetto».
Giovanna Casadio, la Repubblica 27/7/2014