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 2014  luglio 27 Domenica calendario

IL RITORNO DELL’ARTE PERDUTA CANOVA A PARIGI NEL 1815


Ho letto un recente libro di Tullio Scovazzi sulla restituzione dei beni culturali sottratti nel corso di eventi bellici e ho appreso che Wellington, da comandante in capo dell’Armata di occupazione in Francia dopo Waterloo, esortò il governo francese a consegnare ai legittimi proprietari le opere d’arte depredate da Napoleone durante le sue conquiste. Grazie a questa disposizione ritornarono in Italia opere di Raffaello, Andrea Mantegna e Paolo Veronese, ma per una forte resistenza di Talleyrand
e del direttore del Louvre rimasero in Francia i «pezzi forti», tra cui i manoscritti di Leonardo.
Ignoravo che Wellington fosse il precursore delle attuali Convenzioni relative alla protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato e mi piacerebbe conoscere altri dettagli sui profili umanitari che hanno caratterizzato il generale inglese.
Ferdinando Fedi

Caro Fedi,
Wellington fece pressioni sulla Francia, a cui voleva dare una «lezione morale», ma non credo che si possa attribuirgli il merito di essere un precursore delle più recenti tendenze sulla protezione del patrimonio culturale in tempo di guerra. Era un appassionato collezionista e la sua casa di Londra è un piccolo museo, ricco di opere che gli furono regalate. Non si macchiò di trafugamenti e confische, ma trasse qualche vantaggio dalle guerre napoleoniche fra cui gli ottanta quadri spagnoli che gli furono donati da Ferdinando VII, re di Spagna, in segno di gratitudine per la restaurazione del suo regno.
Il vero protagonista della battaglia per il ritorno delle opere italiane trasportate in Francia negli anni precedenti fu Antonio Canova. Incaricato dal cardinale Ettore Consalvi, segretario di Stato pontificio, il grande scultore doveva anzitutto recuperare a Parigi le cento pitture che la Francia aveva preteso con il trattato di pace stipulato a San Nicola di Tolentino nel 1796. Ne trovò 78 e spiegò alla segreteria di Stato vaticana che le altre erano finite nelle chiese, nei vescovadi o addirittura a Palazzo Reale: luoghi da cui sarebbe stato difficile toglierle senza pregiudicare i rapporti della Santa Sede con Luigi XVIII.
Non meno efficace fu il ruolo di Metternich. Quando il direttore del Louvre Vivant Denon cominciò a sollevare obiezioni e ostacoli, il cancelliere austriaco autorizzò la rimozione dal museo dei quadri provenienti dalle collezioni pontificie e dette a Canova una scorta militare composta da truppe austro-prussiane. Non è tutto. Metternich fu altrettanto spiccio ed efficace quando si trattò di recuperare opere provenienti da Venezia (divenuta nuovamente austriaca dopo i trattati di Vienna) e dai ducati di Parma e Modena, satelliti italiani dell’Impero austriaco. Il recupero più spettacolare fu quello dei Cavalli di San Marco che la Francia napoleonica aveva collocato sulla sommità dell’arco del Carrousel accanto alle Tuileries. Nel catalogo pubblicato dalla società Olivetti per l’esposizione dei cavalli a Parigi nel 1981, Anna Guidi Toniato racconta che i cavalli furono calati a terra il 1° ottobre 1815 sotto la direzione di ingegneri austriaci e inglesi di fronte a una folla di parigini ostili tenuti a bada da due battaglioni di soldati austriaci. Il viaggio durò quasi due mesi e i cavalli, bisognosi di qualche restauro, furono custoditi all’Arsenale per una settimana. Quando ne uscirono, furono trasportati su una grande zattera, rimorchiata da numerose barche, sino a piazza San Marco, dove furono accolti dall’imperatore Francesco I, dal principe di Metternich, dal governatore delle province venete e da 21 colpi di cannone. Sollevati con macchine costruite per l’occasione da un ingegnere italiano, i cavalli furono collocati sul portico della basilica «fra salve di moschetteria e colpi di cannone».
Sui codici di Leonardo, caro Fedi, sono meno informato, ma posso dirle che i suoi quadri presenti nei musei francesi sono probabilmente in Francia dal giorno in cui furono dipinti. Il loro autore morì nel castello reale di Clos-Lucé ad Amboise il 2 maggio 1519.