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 2014  luglio 26 Sabato calendario

WU MING RI(E)VOLUTION


Salirono sul palco di palazzo D’Arco a Mantova e si misero a raccontare «delle storie». Senza presentarsi al pubblico del Festivaletteratura, sorpreso da tanto mistero. Chi in camicia, chi in maglietta, ad uno ad uno presero il microfono. «Sono Wu Ming 1», disse il primo iniziando a parlare di un testo di fantascienza apparso nel 1978 sulla rivista Robot. Poi intervenne Wu Ming 2 per parlare di un’isola caraibica. E Wu Ming 3 che raccontò come sono fatte le storie più belle: «Come l’evoluzione della specie di Darwin devono avere la caratteristica della variazione, dell’ereditarietà e dell’adattamento». Infine Wu Ming 4 e Wu Ming 5… Era il 5 settembre 2002. Ad informare il pubblico su chi fossero quei cinque sul palco ci pensò un sesto personaggio che si mise a distribuire volantini in cui si parlava del collettivo di narratori Wu Ming, noto all’epoca, per aver firmato con questo pseudonimo due dirompenti romanzi storici come Q e 54.
Il loro percorso era iniziato nel 1994 quando centinaia di artisti, scrittori, attivisti e “semplici” burloni in tutta Europa scelsero di adottare lo stesso “nome”: Luther Blissett. Fino al 1999 fecero scorribande per scardinare le fondamenta dell’industria culturale. Lavorando tutti insieme. «Per raccontare al mondo una grande storia, creare una leggenda, dare alla luce un nuovo tipo di eroe popolare», scrissero i Wu Ming sul loro sito. Nel 2000 cinque protagonisti di Luther Blissett – Roberto Bui, Giovanni Cattabriga, Luca di Meo, Federico Guglielmi e Riccardo Pedrini – fondano Wu Ming, «una band di romanzieri» (il terzo Wu Ming, di Meo, non è più membro dal 2008). Il loro progetto, sebbene sia più concentrato sulla letteratura e la narrazione, non è meno radicale del precedente. Aprendosi comunque sin da subito alla contaminazione con altre forme d’arte, al teatro e nel 2004 alla musica, con l’album “54”, in collaborazione con gli Yo Yo mundi, “folgorati” dall’omonimo romanzo. Nel tempo è cresciuta una sorta di galassia della creatività, che ruota intorno al nucleo più letterario. A Giovanni Cattabriga alias Wu Ming 2, left ha chiesto di accompagnarci in un viaggio nel movimentato universo della Wu Ming foundation. Mentre il tour di presentazioni del loro romanzo L’Armata dei sonnambuli (pubblicato da Einaudi), fa tappa al Cortona Mix Festival (dal 26 luglio al 3 agosto). Per poi riprendere il cammino fino al 2015.
Il vostro ultimo libro è una sorta di controstoria della Rivoluzione francese. Lo avete definito il punto di arrivo di un percorso ventennale. A che punto è l’evoluzione-rivoluzione di Wu Ming?
Siamo nei dintorni di una svolta importante. Come sempre accade il cambiamento non si realizza in un attimo: è un processo di moltiplicazione che ci impegnerà anche il prossimo anno. Aperto a collaborazioni esterne. In particolare con i lettori. Sta diventando sempre più concreto il nostro motto iniziale: essere «narratori con ogni mezzo necessario». Più che un collettivo di scrittori siamo dei cantastorie, che usano qualsiasi strumento utile per raccontare.
La Wu Ming foundation, realtà consolidata nel panorama culturale italiano, non si identifica più solo con i vostri libri e con il frequentatissimo blog Giap. C’è anche, per esempio, la musica.
Oggi abbiamo una vera e propria band, Wu Ming Contingent, che ha inciso un album. È la sezione musicale di Wu Ming in pianta stabile. Wmc (che si esibirà nel concerto di chiusura del Cortona mix festival, ndr) è il risultato di tanti anni di lavoro sull’incrocio tra letteratura e note. Abbiamo fatto centinaia di spettacoli, reading, letture/concerto, declamazioni su musica… La creazione di un gruppo new wawe è stata uno sviluppo naturale. C’è anche una sezione didattico formativa: il Wu Ming lab. Nel quale facciamo smontaggio, pulizia, riparazione e assemblaggio di storie insieme con i lettori. E non finisce qui.
Vale a dire?
L’armata dei sonnambuli ha “generato” una laboratorio di magnetismo rivoluzionario. Un nostro lettore studioso del fantastico ha creato con altri una sorta di spettacolo-presentazione del romanzo attraverso cinque numeri di illusionismo ispirati alla trama. Andrà in scena anche al prossimo Festivaletteratura. Dopo 12 anni torniamo a Mantova con una rappresentazione diversa da quella che ci si aspetta dagli scrittori. In autunno poi si aggiungeranno anche acrobati e funamboli, per iniziativa di un lettore che fa parte del circo El Grito. In tour portiamo con noi valigia di materiali realizzati da lettori come risposta, come prosecuzione – con altri mezzi – del romanzo: manifesti, cartoline, adesivi, spille, maglie.
Avreste mai immaginato questa crescita esponenziale?
Noi abbiamo sempre voluto che le nostre opere stimolassero chi legge ad essere attivo di fronte alle narrazioni. Che fossero cioè un pre-testo, per non subire le storie che ci vengono raccontate, ad esempio sui giornali, per mantenere alto lo spirito critico e cercare di realizzare quella “distanza” che consente di distinguere il vero dal falso. Lo scopo è allenarci a riconoscere le narrazioni tossiche, che possono avvelenare il nostro rapporto con la realtà e con l’immaginario, per provare a trovarne di genuine che possano invece aiutarci nei rapporti con gli altri, a lottare, a vivere, a rapportarci col mondo per migliorarlo. Questo è ciò che vorremmo passasse col nostro lavoro.
Oltre allo spirito critico, cosa manca a questa nostra società? Pensando all’Armata dei sonnambuli, quali valori della Rivoluzione francese sarebbero da rilanciare?
Viene facile pensare a Libertà, uguaglianza e fraternità. Sono i più famosi ma soprattutto penso che siano stati dimenticati o molto sviliti. Libertà è un termine di cui si sono appropriati partiti che con la libertà della Rivoluzione francese hanno poco a che fare. L’uguaglianza? Mai come oggi è calpestata. In qualunque ambito della vita sociale è presente una fortissima iniquità di trattamento, con privilegi enormi per determinate persone o classi di persone. Penso che sarebbe interessante riprendere la ricerca e il filo del ragionamento su come tenere insieme libertà e uguaglianza. Quanto alla “fraternità”, viviamo una situazione politica in cui si è sempre in cerca del leader di turno, del capo, del pifferaio magico. E quando un movimento è acefalo e non riconosce capi, la stampa tenta in tutti i modi di colpirlo, mistificando. Come è accaduto per il movimento No Tav.
A proposito di “uguaglianza”, però, l’identità femminile è stata lesa anche dalla Rivoluzione francese. Basta pensare alla fine che fece Olympe de Gouges, come raccontate nel romanzo.
Le donne ebbero un ruolo importante, ottenendo per sé stesse importanti risultati anche in termini di diritti civili. Tuttavia gli stessi giacobini non ebbero il coraggio di fare la rivoluzione fino in fondo. Potremmo dire che non ebbero il coraggio di rivoluzionare sé stessi e di guardare anche al modo in cui vivevano il loro rapporto col genere femminile. E quando le donne cominciarono a riunirsi tra loro, glielo vietarono affermando che non potevano fare politica attiva in quanto donne. Non a caso una delle critiche più acute riguarda la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, che non è esattamente la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina. Discrepanze molto profonde non furono effettivamente superate. Paradossalmente si è rivelato più facile rivoluzionare il sistema dello Stato e l’economia rispetto al guardare dentro sé stessi e rivoluzionare il rapporto con le donne.
Questo sarà veramente il vostro ultimo romanzo storico, come avete annunciato?
Questa dichiarazione va chiarita meglio. Nemmeno noi sappiamo ancora bene cosa faremo. Però ci siamo resi conto di aver raggiunto con questo libro il vertice di un modello, con uno scenario storico ricostruito narrativamente. Vorremmo tentare qualcosa di diverso. Probabilmente continueremo a confrontarci con la storia, magari un po’ più con quella contemporanea o recente, addirittura con l’attualità. Forzando la commistione di fiction e non fiction come in parte abbiamo fatto.
Dobbiamo capire con quale dosaggio si può mescolare lavoro d’archivio e finzione letteraria, documenti e narrazione. Questo è un percorso che ci interessa e ci stimola di più. E che sicuramente porterà a libri e opere di narrativa differenti da quelli realizzati fin qui.