Alessio Buzzelli, Il Tempo 27/7/2014, 27 luglio 2014
SEMI, SERRE, LAMPADE E PIANTINE. DILAGA LA MARIJUANA FATTA IN CASA
Big Bud, Super Skunk, Silver Haze, Northen Lights, Shiva Shanti, Double Gum e chi più ne ha più ne metta. No, non sono nomi di qualche attore americano di seconda fila o di qualche sconosciuta rock band inglese.
Quelli appena elencati sono alcuni dei nomi delle innumerevoli qualità e varietà di semi di cannabis che ognuno di noi può tranquillamente (e legalmente) acquistare in uno dei così detti smart shop (letteralmente "negozi intelligenti") o grow shop (grow inteso come "crescere" ma anche come "piantare"). Nella scelta provare imbarazzo è il minimo: semi naturali, femminizzati, autofiorenti, autofiorenti femminizzati. Ci siamo recati in uno di questi, per verificare di persona quanto possa risultare semplice e tutto sommato economico mettere su una piccola coltivazione di marijuana nel doppiofondo dell’armadio della nostra camera da letto. Come tutti sanno, la coltivazione della cannabis in Italia è proibita dalla legge. Eppure, grazie a un codicillo di una convenzione internazionale del 1961, la vendita dei soli semi è consentita purché vengano utilizzati per altri scopi, come ad esempio il collezionismo. Cosa che il commesso "smart" del negozio tiene subito a precisare: «Noi vendiamo i semi, certo, ma vi ricordo che in Italia è proibito piantarli. Voi li comprate e quello che ci farete non è affar nostro». In queste parole c’è tutta "l’intelligenza" di commerci come questo, perfettamente legali ma sempre in equivoco e precario equilibrio tra ciò che è lecito e ciò che non lo è.
«È come se io vi vendessi un’automobile - prosegue il commesso: farei una cosa perfettamente legale. Se poi voi con quella automobile mettete sotto vostra suocera di proposito, beh, questo non dipende da noi». La logica del ragionamento non fa una grinza: diversamente non sarebbero poi tanto "smart". Ma uscendo per un attimo dalla pura logica, si capisce subito che le cose non stanno esattamente così. Già, perché il nostro negozio è ben fornito anche di tutta l’attrezzatura necessaria a far germogliare, crescere e raccogliere la pianta. La canapa non è il basilico, si sa, e ha bisogno di particolari condizioni affinché possa venire su in modo adeguato. Quindi scordatevi il vecchio annaffiatoio per i gerani sul balcone di vostra nonna: il kit per la coltivazione della marijuana viaggia ad alti livelli tecnologici. Faretti riflettenti in cui è possibile calcolare i lumens per metro quadrato; timer analogico per temporizzare l’accensione delle luci; vaso quadrato con terriccio professionale; nutrimento biocomponenete e biominerale; test PH per misurare le soluzioni somministrate; sistema di areazione e persino un vaporizzatore portatile che porta nientemeno che il nome del più grande inventore di tutti i tempi: il Da Vinci. E mai nome fu più azzeccato, ci verrebbe da dire, visto il livello tecnologico delle attrezzature in vendita. Anche qui, tutto perfettamente legale. «Questi kit possono essere usati per la coltivazione indoor di un gran numero di piante, come cetrioli, pomodori e peperoni», ci spiega il commesso, che nel frattempo si è ricordato di essere "smart". L’intero "necessaire" viene a costare intorno ai 350 euro nel caso della versione base, ma può salire a seconda della qualità dei singoli componenti. Considerando che un singolo seme può costare dai 5 ai 15 euro, anche qui dipende dalla qualità, con una spesa di circa 400 euro possiamo avere le nostre piantine di marijuana, le quali, dopo qualche mese, potrebbero rendere dai 30 ai 90 gr. per pianta - dipende dalla nostra destrezza - di erba casareccia. Mentre facciamo i conti (a mente, s’intende), la nostra attenzione viene però rapita da una grossa scatola, posta sul fondo del negozio, nera fuori e argentata dentro, illuminata da una lisergica luce viola. Chiediamo lumi: «Quella è una GrowBox, un contenitore con telaio in alluminio per coltivare indoor. È impermeabile all’acqua e la superficie riflettente ottimizza la distribuzione della luce. È uno degli strumenti migliori per la buona riuscita di una coltivazione al chiuso». Naturalmente di pomodori e peperoni, va da sé. Salutiamo il gentile commesso e usciamo da questa moderna erboristeria 2.0, che come un equilibrista riesce a camminare sul filo che separa il lecito dall’illecito, anche morale. E per capirlo è sufficiente guardare all’esperienza quotidiana di ciascuno: tutti noi conosciamo qualcuno che sul suo terrazzo coltiva piccole piante di pomodori e peperoni, ma nessuno di loro utilizza una Growbox o un test PH per farlo. E, soprattutto, nessuno di loro si è mai fatto una canna con un pomodoro. A voi l’ardua sentenza.
Alessio Buzzelli