Otello Lupacchini, Il Tempo 27/7/2014, 27 luglio 2014
IL MERCANTE PUGNALATO A LONDRA FRA DROGA, PORNO E IL CASO CALVI
In un appartamento di Londra, al 68 di Holland Park, il 16 settembre 1982, viene rinvenuto cadavere Sergio Vaccari Agelli, ufficialmente mercante d’arte, figlio di tipografi milanesi che viveva a Londra, politicamente orientato a destra, di cui è nota l’indole violenta. Chi l’ha assassinato ha agito con crudeltà, colpendolo ripetutamente alla testa e pugnalandolo una quindicina di volte al viso, al collo e al petto, non senza avergli prima strappato un paio di denti. E probabilmente l’assassino non gli era sconosciuto: secondo le perizie medico-legali, l’antiquario non avrebbe reagito all’aggressione, avvenuta intorno alle 20 della sera precedente, non aveva lottato, né aveva tentato di usare la sua pistola. Dall’assenza di segni di effrazione sull’ingresso, si sospetta che abbia addirittura aperto la porta ai killer. Tante le ipotesi sul movente: ce l’avevano con lui per traffici d’opere d’arte rubate oppure per questioni di droga o, magari, di pornografia. Attività tutte che hanno lasciato il segno sulla sua fedina penale. Di certo, per quella morte, si esclude il movente della rapina: i sicari non si son curati di rubare da casa neppure i pezzi della preziosa refurtiva di un colpo messo a segno nel 1980 alla filiale di piazza Navona di Christie’s. Qualcuno, tuttavia, s’industrierà, ben presto, affinché emergano asseriti rapporti fra l’antiquario assassinato e Roberto Calvi, trovato, tre mesi prima, impiccato sotto il ponte di Blackfriars.
Frank Jennings, uomo tutto fare di Bill Hopkins, il padrone della casa in cui viveva Sergio Vaccari prima di trasferirsi a Holland Park dove è stato ucciso, si mette in contatto con Charles Raw, un cui articolo sulla vicenda Calvi era comparso, nel febbraio 1983, sul Sunday Times. Stando al racconto del giornalista inglese in The Money Changers, l’informatore avrebbe asserito di avere incontrato, per la prima volta, Sergio Vaccari in un negozio di antiquariato a Portobello Road; di averlo, quindi, un giorno dell’estate 1982, accompagnato a prendere una cassaforte e di aver visto, nell’occasione, fra le carte in possesso dell’antiquario, alcune fotografie del banchiere milanese, fra le quali una in cui indossava "un colletto da prete", nonché quelle di due diverse donne, in una delle quali aveva riconosciuto Jennet May, moglie separata del finanziere britannico Evelyn di Rothschild; di aver chiesto, nell’occasione, all’antiquario se Calvi si fosse veramente impiccato, ricevendo una confidenza del seguente tenore: «Mi è stato chiesto di indagare sul caso. Ero convinto che quella che sembrava la foto di Calvi - sai, quella col colletto da prete - fosse quella di un sosia. Ma mi sbagliavo. La persona impiccata sotto il ponte di Blackfriars era proprio Roberto. Alcune persone spietate l’hanno spinto al gesto mostrandogli alcuni video in cui la Mafia praticava delle torture, e dicendogli che la figlia sarebbe stata la protagonista del video successivo»; di aver chiesto a Vaccari, intenzionato a recarsi di lì a breve in Italia, se non fosse pericoloso per lui questo viaggio, sentendosi rispondere: «Molto. Non vorrei finire anch’io in un video. E quello che ora sai è roba che scotta»: in effetti, Vaccari era stato ucciso proprio al rientro da Roma, notizia di fronte alla quale, avrebbe scritto Jennings, «i peli del mio braccio mi hanno trapassato la camicia». Questo racconto Frank Jennings lo avrebbe ripetuto a Carlo Calvi, per come questi riferisce nella sua «Memoria su alcune delle conoscenze note di Sergio Vaccari».
Pur con tutte le riserve sull’attendibilità della narrazione attribuita a Frank Jennings e al netto delle elucubrazioni degli investiganti su taluni indizi, quali «messaggi in codice» rinvenuti nell’ufficio di Roberto Calvi o rigurgiti confusi della memoria di qualche facilitatore del viaggio del banchiere meneghino verso il capestro, è un fatto che, da metà marzo del 1983, cominciano ad apparire sulla stampa articoli che collegano l’assassinio di Sergio Vaccari non soltanto all’impiccagione del «Banchiere di Dio», ma anche alle «strane» morti di Jennet May Bishop e Gabriella Guerin, sua guida e interprete friulana.
I cadaveri delle due donne, scomparse da Sarnano, nel maceratese, il 29 novembre 1980, il giorno prima della rapina alla filiale romana di Christie’s, vengono casualmente scoperti, il 27 gennaio 1982, da alcuni cacciatori di cinghiali vicino Fiastra. Di omicidio premeditato non si parlerà ufficialmente sino al 1985, tuttavia, sono in molti a dubitare da subito che Jeanette May sia morta di freddo, tanto che sulla stampa si formulano già varie ipotesi circa le cause di quella "brutta fine": dal traffico d’opere d’arte al contrabbando di preziosi, dalla droga alle armi fino ad arrivare al terrorismo nero e alla P2. Emerge, peraltro, anche la prova che Sergio Vaccari Anelli e Jeanette May Bishop si conoscevano, né si esclude un "rapporto d’affari" tra loro, a proposito di una presunta ricettazione di preziosi sottratti alla famiglia Rothschild nel corso della causa di divorzio. Per i dietrologi di professione e i menanti eternamente a caccia di scoop cade come cacio sui maccheroni il messaggio veicolato da un telegramma, proveniente da Roma, recapitato a «Janine May», qualche giorno prima della scomparsa e del furto di Christie’s, presso l’albergo Ai Pini di Sarnano in cui le due donne alloggiavano, «Ti aspettiamo giovedì in via Tito Livio 130, appartamento 130. Roland»: in via Tito Livio, poco importa se al civico 76, anziché 130, abita Pippo Calò, trait d’union tra mafia e Banda della Magliana, destinato a finire tra i sospettati eccellenti dell’omicidio Calvi.
Ulteriore capitolo della saga di Sergio Vaccari viene scritto, frattanto, a Trieste, dove s’indaga sulla fuga di Roberto Calvi. A parlarne è Eligio Paoli, confidente delle fiamme gialle, conosciuto anche come «fonte Podgora». Interrogato dal magistrato, il 24 marzo 1983, sostiene che la fonte da cui colano tutte le sue informazioni sull’affaire Calvi e, in particolare, sul ruolo giocato nella stessa da Gelli e Ortolani, sarebbe un non meglio identificato Riccardo Piazzesi, abitante a Chiasso. E se, in precedenza, lo stesso Paoli ha anche riferito agli investigatori che Roberto Calvi, a Londra, sarebbe stato affidato a tal Vopi, successivamente sosterrà altresì che Flavio Carboni avrebbe agito in combutta con Gelli e Ortolani; che Gelli si sarebbe trovato a Londra nello stesso periodo in cui c’era Calvi; che, finalmente, Calvi, a Londra, sarebbe stato invitato ad una cena alla quale avrebbe partecipato anche Vaccari. A Eligio Paoli verrà anche trovato un ritaglio di giornale relativo alla testimonianza resa da Silvano Vittor, sul quale ha annotato: «Sergio Vaccari - Pier Luigi Torri, Londra, settembre».
Questo appunto evoca vicende inquietanti. Pier Luigi Torri, altrimenti noto per lo scandalo del locale notturno romano Number One del 1972, era stato in contatto coi boss della malavita italiana a Londra negli anni Settanta. Dopo l’arresto a Montecarlo, nell’ambito dell’indagine condotta dal Sostituto Procuratore Domenico Sica sullo scandalo capitolino, e patita una breve detenzione nel carcere di Nizza, dal sud della Francia era approdato a Londra, in compagnia del socio Pucci Albanese; qui, i due, avevano fatto i primi passi nell’ambito del gioco d’azzardo, oltre che come proprietari di ristoranti. A Londra, Torri aveva anche fondato l’International Commerce Bank, attraverso cui riciclava il denaro proveniente dal traffico della droga, insieme ai fratelli italo canadesi Tony e Bob Papalia, legati al boss di New York Carmine Galante; e proprio con i Papalia aveva subito un processo in Inghilterra per frode azionaria ai danni del Tesoro. Le indagini, sia italiane sia inglesi, stabilirono che le sue banche, l’International Commerce Bank e la Universal Banking Corporation, erano un crocevia del riciclaggio di denaro sporco, terrorismo neo-fascista, sequestri di persona e traffico d’armi. Arrestato per truffa, nel settembre 1977, Pier Luigi Torri era anche evaso in maniera inspiegabile dalla sua cella in una prigione della periferia di Londra.
Otello Lupacchini