Nino Sunseri, Libero 26/7/2014, 26 luglio 2014
CON LE NUOVE LEGGI SULL’OPA IL TESORO SALVA I POTERI FORTI
Sta per cominciare la grande offerta pubblica delle società di Stato. Era già successo nel 1992 dopo la famosa crociera sul Britannia (lo yacht della Regina d’Inghilterra) che aveva dato il via al primo giro di dismissioni. Il copione si replica adesso mentre la situazione dei conti pubblici si sta nuovamente avvitando. Lo scopo, oggi come allora, è uno solo: fare cassa al più presto possibile perchè i buchi da tappare si moltiplicano. Ufficialmente l’operazione porterà l’etichetta di privatizzazione mentre in realtà il governo aprirà il bancone di vendita per offrire la sua merce migliore. Senza un disegno, però. Con lo spirito liquidatorio di un negozio giunto alla vigilia del fallimento. Per rendere il mercato più interessante sono state anche cambiate le regole. Ventidue anni fa venne introdotto il Tuf (Testo unico della finanza), oggi tocca al Decreto Competività passato al Senato a colpi di fiducia. Sarà alla Camera per il voto definitivo entro agosto.
Il cambiamento più radicale riguarda il gioco dell’Opa. Dopo la modifica legislativa sarà possibile per il governo raccattare un po’ di soldi mantenendo, in qualche maniera il controllo societario. In forma, però, sempre più annacquata per non indispettire gli investitori internazionali. Aver annunciato l’abbassamento dal 30 al 25% della soglia di capitale oltre cui scatta l’obbligo di acquistare tutte le azioni in circolazione vuol dire una cosa sola: d’ora in poi basterà avere un quarto del capitale, metà della maggioranza assoluta, per detenere le leve di comando di una società quotata in Borsa di grandi dimensioni (le uniche che fanno capo direttamente allo Stato). Il Tesoro che oggi possiede il 30% di Enel e altrettanto di Eni potrà vendere il 5% in eccedenza nelle due società portando a casa, all’incirca sette miliardi di euro. Una maniera per ridurre il buco di bilancio provocato dalla stagnazione. Contemporaneamente è stato annunciato che i cinesi di State Grid stanno comprando per due miliardi un pezzo della scatola in cui sono state chiuse le quote statali di Snam (rete gas) e Terna (rete elettrica). Insomma si sta ripetendo con l’energia quanto era stato fatto ventidue anni fa con il credito e con i telefoni. Speriamo con risultati migliori.
La nuova logica renziana che privilegia il valore della stabilità sulla rappresentanza darà una mano anche ai grandi gruppi privati. Soprattutto se verrà cambiata la governance consentendo ai soci storici (come accade in Olanda) di avere un voto doppio in assemblea. In sostanza un azionista al 25% non solo sarà protetto dall’Opa ma potrà votare in assemblea come se avesse il 50%. La sublimazione della «forza virile» dell’azionista di maggioranza come l’aveva definita trent’anni fa Bruno Visentini. I patti di sindacato, ormai in crisi, diventeranno un ricordo. Il socio di riferimento, grazie alla doppia blindatura di governance e di mercato, non dovrebbe più aver problemi a tenere in mano l’azienda.
Un ribaltamento totale rispetto. La prima legge sull’Opa degli anni ‘90 puntava alla contendibilità. Il nuovo decreto riscrive la prospettiva. Ora il valore da privilegiare è la stabilità del controllo. Chissà che cosa ne penseranno i grandi fondi internazionali che stanno riscoprendo l’Italia.