Enrico Marro, Corriere della Sera 26/7/2014, 26 luglio 2014
LA CRISI AL SUD? IN SEI ANNI BRUCIATI 47,7 MILIARDI
ROMA — Se la ripresa in Italia non arriva e il Prodotto interno lordo continua ad essere inchiodato intorno allo zero virgola è anche perché le condizioni economiche del Mezzogiorno si sono aggravate con l’ultima crisi. Dal 2007 ad oggi le regioni del Sud hanno bruciato 47,7 miliardi di euro di Pil mentre il numero delle imprese è sceso di 32 mila e si sono persi oltre 600 mila posti di lavoro, con il tasso di disoccupazione giovanile che tocca il 75%. Nel 2013, sottolinea uno studio diffuso ieri dalla Confindustria, è stato toccato «il punto più basso» della lunga crisi e «i primi mesi del 2014 confermano purtroppo questa tendenza negativa». Certo non mancano «timidi segnali di vitalità», ma non bastano, secondo l’associazione guidata da Giorgio Squinzi, senza un forte intervento del governo su due fronti: riforme istituzionali e strutturali (Fisco, energia, semplificazione, tempi di pagamento della pubblica amministrazione) e «una politica economica chiaramente orientata allo sviluppo». Invece gli investimenti pubblici sono tornati nel 2013 ai valori di 17 anni prima, il 1996. In cifra assoluta si tratta di 28 miliardi di euro in meno di investimenti tra il 2007 e il 2013, un crollo del 34%. Eppure ci sarebbero decine di miliardi di fondi europei a disposizione. Che però vengono dispersi in mille rivoli e in parte (5-6 miliardi) rischiano addirittura di essere persi perché non spesi. Se i fondi, dice Confindustria, fossero utilizzati pienamente «si potrebbero mobilitare per il Mezzogiorno oltre 14 miliardi di euro l’anno per i prossimi 9 anni». In questo senso, «l’esclusione dal patto di stabilità europeo delle spese cofinanziate e, di conseguenza, l’allentamento del patto di stabilità interno, rappresentano un nodo decisivo» per il rilancio del Sud. Su questo fronte però serve il via libera di Bruxelles. La partita decisiva, osserva Confindustria, si giocherà ad ottobre con la commissione europea per ottenere i famosi margini di flessibilità chiesti dal governo Renzi.
Tra i segnali «timidamente» positivi, dice il rapporto, c’è l’andamento delle esportazioni: +2,4% nel 2013 rispetto a inizio crisi, 2007. Ma è un trend che tra lo scorso anno ed i primi mesi del 2014 «sembra essersi fermato». Del resto, dall’inizio dell’anno il saldo tra imprese aperte e cessate è negativo per circa 14 mila aziende. Quelle che hanno chiuso sono circa 573 al giorno, con fallimenti in crescita del 5,7% rispetto al 2013. Solo qualche giorno fa la Svimez, Istituto di ricerca sul Mezzogiorno, ha tra l’altro sottolineato che ad aggravare la situazione concorre un maggior carico fiscale locale su famiglie e imprese nelle regioni del Sud rispetto a quelle del resto d’Italia.