CORRIERE DELLA SERA 27/7/2014, REPUBBLICA 28/7/2014, 27 luglio 2014
LA STORIA DELLE DUE COPPIE IN GUERRA PER GLI EMBRIONI SCAMBIATI
CORRIERE DELLA SERA, 27/7/2014
MARGHERITA DE BAC
ROMA — «I veri genitori siamo noi, gli unici. I bambini devono avere il nostro cognome fin da subito, appena nati. Andremo all’anagrafe per segnarli come nostri. Ce li dovranno restituire». Era inevitabile che si arrivasse a questo, alla battaglia legale.
Angelica e Michele, mamma e papà biologici dei due gemelli che ora stanno crescendo nel grembo della donna sbagliata dopo uno scambio di embrioni avvenuto all’ospedale Pertini il 6 dicembre scorso, hanno aspettato tre mesi. Poi, consapevoli di non avere altra scelta, hanno deciso di prendere un’iniziativa forte e dolorosa: «Ricorreremo a un tribunale per tutelare i diritti dei nostri figli. Non avremmo voluto. Siamo delusi e stanchi della mancanza di responsabilità dimostrata a tutti i livelli da quel triste 17 aprile fino ad oggi». È pronto un ricorso d’urgenza che verrà depositato a Roma all’inizio di questa settimana.
Il 17 aprile è il giorno in cui Angelica e Michele (nomi di fantasia per rispetto della privacy) vennero a sapere dai medici del terribile errore: gli embrioni di loro appartenenza, modellati con i geni trasmessi per metà dall’uno e dall’altra, erano andati ad un’altra donna poi rimasta incinta. Per loro invece nessuna gravidanza, il tentativo avvenuto con embrioni «estranei» fallì.
Speravano che la coppia in attesa (il parto è previsto ad agosto, un maschio e una femmina) si facesse sentire per un dialogo a quattro, senza avvocati: «Magari avremmo potuto trovare una soluzione — ripetono, affranti e un po’ spaventati —. Siamo quattro persone ferite e addolorate, unite da un destino diabolico. La felicità che spettava a noi è toccata ad altri. Quei due signori si sono comportati in modo irresponsabile. Spariti, non hanno mai risposto ai nostri appelli. Comprendiamo il loro stato d’animo. Sappiamo però che essere madre e padre significa preoccuparsi di tutelare prima di tutto i bambini. Far finta di niente, sfuggire agli appelli e portarci ad uno scontro inevitabile vuole dire non fare il bene di nessuno».
Nel ricorso d’urgenza si chiede ai giudici di ordinare che l’uomo e la donna «riceventi», che hanno cioè avuto gli embrioni sbagliati durante un intervento di procreazione medicalmente assistita, forniscano «tutte le informazioni sullo stato di salute dei nascituri nonché dove e quando avverrà il parto affinché i ricorrenti possano formare l’atto di nascita dal quale risultino come genitori». Inoltre al momento della nascita i «neonati dovranno essere consegnati ai genitori genetici». Angelica e Michele si rendono conto di quanto sarà difficile sostenere la tensione ma non demordono: «I bambini hanno il nostro Dna, ci assomiglieranno. Rinunciare a loro e non garantirgli il diritto a una legittima e certa identità è una scelta crudele che va oltre i personali egoismi».
Secondo gli avvocati difensori c’è il rischio che i gemelli vengano registrati come figli degli altri. Per questo si chiede al tribunale di «diffidare tutti gli ufficiali dello stato civile presso le anagrafi della Repubblica dal formare l’atto di nascita dei due gemelli in contrasto con la verità genetica». Si sottolinea infine la necessità di agire in fretta «per evitare un danno grave e irreparabile sia in relazione all’imminenza del parto sia per l’integrità psicofisica dei ricorrenti» anche perché i tempi di un procedimento ordinario non farebbero che acuire «il già grave stato di sofferenza e comporterebbero un ulteriore pregiudizio esistenziale». La vicenda viene inquadrata come caso di «maternità surrogata involontaria — o di fatto — ma consapevole».
Uno dei passaggi fondamentali del ricorso riguarda il principio della «genitorialità genetica» l’unica che possa permettere «di tutelare il diritto dell’identità personale e in particolare il diritto di conoscere le proprie origini biologiche di cui saranno titolari i figli dei ricorrenti».
Una storia unica al mondo, dove a soffrire saranno almeno in sei. Oltre ai quattro adulti, i due piccoli. Ed è proprio per difendere l’interesse dei gemellini che il Comitato nazionale di bioetica con un parere approvato dieci giorni fa e di prossima pubblicazione ha raccomandato un comportamento solidale tra le parti in causa. I saggi coordinati dal vicepresidente Lorenzo D’Avack auspicano che «sia accantonata la logica stringente dei diritti in competizione e che le famiglie coinvolte siano in grado di comprendere i sentimenti e di rispettare l’etica della responsabilità e della solidarietà nei confronti dei nati. I piccoli un giorno dovranno fare i conti con un errore che ha reso incerte le loro origini. Nessuna delle due coppie deve essere esclusa dalla vita dei nati». Una raccomandazione caduta nel vuoto. La coppia che si prepara con un misto di felicità e angoscia al parto ha preferito restare nell’ombra, dopo un paio di interviste alla stampa dove rivendica la genitorialità e la ferma volontà di non rinunciare alla gioia, insperata, di due neonati da crescere.
LA REPUBBLICA, 28/7/2014
FABIO TONACCI - MARIA NOVELLA DE LUCA
ROMA .
«I due gemelli, un maschio e una femmina, ormai sono nostri, li sentiamo nostri. Siamo a poche settimane dal parto, non ce li possono togliere. Dalla nostra parte abbiamo il diritto naturale». A chi si azzarda a suonare il campanello del loro appartamento, la coppia che sta portando avanti la gravidanza frutto dello scambio di embrioni all’Ospedale Pertini risponde così. Poca voglia di parlare, pochissima di apparire. Ma una cosa la vogliono spiegare. Sono stati accusati dai genitori biologici di essersi nascosti «in modo irresponsabile», di non averli mai voluti nemmeno incontrare. «Non è vero che non li abbiamo cercati — spiega ora l’uomo, un professore quarantenne, angosciato dal peso di questa situazione — qualche settimana fa ho fatto mandare dal nostro avvocato una email al loro legale, chiedendo di specificare su quali temi e in quali termini dovesse avvenire l’incontro. Non ci ha mai risposto». A Michele Ambrosini, il loro difensore che conferma l’episodio della
email, il padre dei due gemelli consegna anche una dichiarazione. «Sto cercando in tutti i modi di proteggere mia moglie da questo ulteriore dolore alla vigila del parto. Abbiamo fiducia nel diritto naturale, si deve apprezzare il grande coraggio e la coerenza di una madre che ha scelto di dare la vita piuttosto che farsi coinvolgere in un procedimento giudiziario».
Fiducia nel diritto, dunque. Non è una formula pronunciata a caso. Per la legge italiana, infatti, i figli appartengono sempre alla donna che li partorisce e di conseguenza al marito di questa. È questo il cosiddetto “diritto naturale”. Quindi la coppia “portatrice”, nonostante stia per mettere al mondo
due bambini con il dna diverso da quello dei genitori che daranno loro il cognome, verrà riconosciuta come legittima famiglia dei bambini.
Una situazione «comunque paradossale e dolorosa», per dirla con le parole del loro consulente e amico Sergio Cerini, conseguenza del drammatico vuoto legislativo in cui si è venuta a trovare questa storia. La coppia portatrice infatti è come se stesse vivendo una maternità surrogata involontaria, inesistente per la nostra normativa
vigente, che peraltro vieta ogni forma di utero in affitto. Se però la madre che partorisce i gemelli non potrà mai essere disconosciuta, il padre naturale potrebbe invece dopo la nascita, e con il consenso del giudice, attivare un “riconoscimento” di paternità dei neonati. Che dunque avrebbero a quel punto un papà biologico e una mamma “di fatto”. Insomma è il caos.
Alimentato e confuso ancor di più dalla battaglia legale e privata in corso tra le due coppie
entrambe vittime di un madornale errore umano dei medici del Pertini. «Faremo ricorso al Tribunale — hanno fatto sapere ieri dalle pagine del Corriere i genitori biologici, i cui embrioni sono stati impiantati per errore nel grembo della donna nel dicembre scorso — perché ci venga detto dove e quando nasceranno i nostri due gemelli, che registreremo all’anagrafe con i nostri cognomi. Li rivogliamo non appena saranno nati ». Da quel 17 aprile, giorno in cui hanno saputo dello scambio,
hanno aspettato di avere un qualche segnale dall’altra coppia.
Volevano parlarci, in privato, «per aggiustare la situazione e tutelare i bambini, che è la cosa più importante». Due mesi dopo hanno messo tutto in mano
all’avvocato, che prima ha presentato un ricorso al Tar del Lazio per conoscere l’identità della donna incinta, poi ha scritto il ricorso d’urgenza che sarà depositato domani. A poche settimane dal parto, che dovrebbe essere tra il 15 e il 30 agosto.
«Non abbiamo ricevuto ancora nessuna notifica di provvedimento — chiosa Ambrosini — ritengo difficile che si possa fermare l’iscrizione dei due gemelli che per la normativa attuale sono figli della donna che li partorirà e del suo coniuge». L’inevitabile è arrivato. Nel silenzio dello Stato e delle istituzioni, è iniziata l’ultima battaglia tra quattro genitori.
CORRIERE DELLA SERA, 28/7/2014
MARGHERITA DE BAC
ROMA — Può una coppia formalizzare ad uno sportello dell’anagrafe la nascita di due bambini partoriti da un’altra mamma? E l’ufficiale giudiziario se a conoscenza dei fatti deve accogliere la loro dichiarazione? Si interrogano giuristi e bioeticisti sul caso degli embrioni scambiati lo scorso dicembre al Pertini durante un intervento di procreazione medicalmente assistita. Ora i genitori biologici, che hanno trasmesso per metà ciascuno il loro Dna ai piccoli, hanno presentato ricorso d’urgenza al Tribunale di Roma per chiedere di sapere quando nasceranno i gemelli che stanno crescendo nel grembo dell’altra donna: «Vogliamo segnarli col nostro cognome, ce li devono dare subito», affermano. Il parto è atteso nel mese di agosto e si è dileguata la speranza che ci possa essere un riavvicinamento tra le due famiglie che dallo scorso aprile, quando si è saputo dell’errore, non si sono mai sentite nonostante gli appelli lanciati da Angelica e Michele, nomi di fantasia dei genitori biologici.
Carlo Casonato, docente di diritto costituzionale e biodiritto all’università di Trento, ritiene che proprio questa assenza di contatti sia l’aspetto più triste della vicenda. «Con il Comitato nazionale di bioetica avevamo auspicato un rapporto che potesse assomigliare a quello di una famiglia allargata, con diritto di visite e condivisione di responsabilità di entrambe le coppie. Noi avremmo visto bene le figure degli zii di un tempo in chiave moderna. In questo caso gli zii sarebbero stati i genitori biologici perché secondo l’ordinamento italiano quelli titolari sono i partorienti». A proposito dell’atto di nascita all’anagrafe Casonato ritiene difficile «che le regole vigenti si possano interpretare in modo da vietare alla madre gestante di riconoscere il figlio davanti a un pubblico ufficiale. E non vedo come i giudici possano impedire questa dichiarazione». Non si esprime Gilda Ferrando, docente di diritto privato a Genova: «Le vere vittime sono i bambini. Bisognerebbe tacere tutti quanti».
Oggi è una giornata calda sul fronte della procreazione medicalmente assistita anche per un’altra questione. Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin porta in Commissione affari sociali della Camera il contenuto del decreto legge che regolerà la fecondazione eterologa dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il divieto introdotto in Italia nel 2004. Il decreto andrà al Consiglio dei ministri prima della pausa estiva.
Margherita De Bac