DAGOSPIA, 27 luglio 2014
Stefano Jesurum per "Io Donna - Corriere della Sera" VERONESIVERONESIUMBERTO VERONESI E MOGLIEeUMBERTO VERONESI E MOGLIEe Una lunga, meticolosa cartella clinica
Stefano Jesurum per "Io Donna - Corriere della Sera" VERONESIVERONESIUMBERTO VERONESI E MOGLIEeUMBERTO VERONESI E MOGLIEe Una lunga, meticolosa cartella clinica. Redatta con il distacco misto a empatia per il paziente, tipico dei bravi medici. Che questa volta, però, appunta un decorso particolare, quello della propria esistenza. Ogni vita è un’avventura, alcune lo sono più di altre. Nel libro "Il cuore, se potesse pensare" Sultana Razon racconta i suoi 81 anni, anni ricchi di tragedie e felicità, anni apparentemente privi di vere sconfitte, ma non di umiliazioni. Il tutto messo a nudo con semplicità. Perché, dice la signora, lei scrive "per i figli e i nipoti, prima che l’oblio e la morte ricoprano di un velo polveroso i pensieri e le esperienze di una vita". Sultana, che si chiamava così da piccola ed è tornata a esserlo da vecchia, in mezzo era a disagio, si presentava come Susanna o Susy. IL CUORE SE POTESSE PENSARE DI SULTANA RAZON VERONESIIL CUORE SE POTESSE PENSARE DI SULTANA RAZON VERONESI Umberto Veronesi e SusyUmberto Veronesi e Susy Undicenne, con la famiglia (ebrei turchi) scende nell’Ade, varca i cancelli di Bergen Belsen, e ne esce. Poi Milano, la povertà, lo studio come salvezza, notte dopo notte. I segni dell’Ade, la malattia, perde un rene. ll chiodo fisso, fin dal Lager, di fare Medicina. La laurea e la prima Fiat 600. La specialità in Pediatria. ll grande amore, il "collega" Umberto Veronesi. La carriera. Sei bambini, non sempre facili. Quattro anni di incubo per una figlia malata. La gioia delle guarigioni, quelle private e quelle dei piccoli pazienti. I lutti. Le infedeltà del marito. II tumore vinto. L’inganno. "In macchina Umberto disse improvvisamente: "Ti devo fare una confessione". Guardando fisso la Strada: "Ho un altro figlio di quattro anni". Mi sentii gelare...". E ancora racconti, ricordi, storie. Fino alla diagnosi finale: "Devo ringraziare con amore e riconoscenza mio marito, che mi ha sempre sostenuto nei momenti difficili. Le sofferenze che mi ha inflitto, involontariamente o volutamente, devo considerarle, a posteriori, come il sale che ha dato sapore alla mia vita". Elegante nel suo tailleur di lana azzurra, truccata, giro di perle al collo, Si accomoda alla scrivania nel piccolo studio dove a farle compagnia ci sono decine di fotografie e il pianoforte di Alberto, il Veronesi direttore d’orchestra. Prende in mano il libro: "Avrebbe dovuto essere un regalo per la famiglia, pensavo a una quarantina di copie... ma un’amica di mia figlia lo legge e ci dice "perché non lo pubblichi?". UMBERTO VERONESI E MOGLIEUMBERTO VERONESI E MOGLIE Che impressione le fa mettersi così a nudo? Un sorriso "furbo": "Molte cose non le ho dette. Ai figli e agli amici non si può dire tutto, no? L’essenziale perô c’è, ed era importante che lo raccontassi". Svela anche un piccolo segreto (almeno per me che non lo sapevo): "Questa che lei ha letto è la seconda versione del libro... La prima l’ho ritirata dalle librerie, era già stampata. C’erano episodi, dettagli... non volevo entrare nella vita di altre famiglie o di altre persone, non volevo ferirli". Una donna particolare. Che giustamente ce l’ha a morte con i negazionisti ("Ho scritto di Bergen Belsen anche per questi farabutti"). Che, da medico e da madre, s’indigna con "le donne che vogliono fare il di più e non portano a vaccinare i figli, mettendo a rischio la salute dei propri e degli altrui bambini". SUSY RAZON UMBERTO VERONESISUSY RAZON UMBERTO VERONESI Una donna che si è scoperta. E suo marito? Come l’ha presa? "Ma via, erano cose risapute! SI, è vero, alI’inizio un po’ si è offeso, perô queste pagine non sono che un elogio alla sua personalità, alle sue qualità". E davvero, come recita il sottotitolo, una storia d’amore, ricerca e battaglie. UMBERTO VERONESIUMBERTO VERONESI 2. UN LIBRO DEL 2002, "ALTA PORTINERIA - L’ITALIA POTENTONA NEL MIRINO DI DAGOSPIA" SVELÒ IL CUORE ANFIBIO DI UMBERTO-JEKYLL E VERONESI-HYDE (‘DOPPIA COPPIA? NON SCOPPIA’) Dal libro "Alta Portineria - L’italia potentona nel mirino di Dagospia" di Roberto D’Agostino, Mondadori 2002 «Se temete la solitudine, non sposatevi» ammoniva Cechov nei suoi Quaderni. Il paradosso non vale più; oggi, tutto si tiene, nulla si esclude. Lui, lei e ancora lei. Tutti insieme appassionatamente. Politici, industriali, finanzieri; sociologi di fama e giornalisti illustri; medici famosi e teledivi prestigiosi; la doppia vita molto poco clandestina di tanti Uomini Eccellenti è diventata ormai l’argomento principale delle telefonate pettegole, delle chiacchierate salaci tra un salotto e l’altro. UMBERTO VERONESI WALTER VELTRONIUMBERTO VERONESI WALTER VELTRONI È la causa d’interrogativi sempre drammatici per la padrona di casa che, volendo avere tra i suoi ospiti l’uomo della doppia vita, è costretta ad arditi calcoli sul calendario o timide domande per sapere con quale delle due signore lui si presenterà alla cena. Uno dei pionieri-simbolo del doppio rapporto è l’oncologo ed ex ministro della Sanità Umberto Veronesi. LAURA PELLEGRINI UMBERTO VERONESI ANNA SERAFINI E SIGNORA VERONESILAURA PELLEGRINI UMBERTO VERONESI ANNA SERAFINI E SIGNORA VERONESI Settantadue anni, dotato di straripante carisma, idolo della Milano bene, idolatrato dall’Italia sofferente, è sposato da oltre quarant’anni con Susy, una signora buona e simpatica, anche lei dottoressa. Il grande matrimonio è stato allietato dalla nascita di quattro figli (il più amato è Alberto, direttore dell’orchestra Catelli). Poi c’è Francesco, il quinto figliolo di Veronesi che arriva invece dalla sua venticinquennale relazione con Emanuela Properzi, bionda e anche lei oncologa. Va da sé che la società-bien meneghina è così abituata a incontrarlo ora con l’una ora con l’altra che non ci fa nemmeno più caso. Essì, molte coppie, e non solo ai vertici della gerarchia sociale, sembrano oggi aver scoperto la difficile arte del compromesso. UMBERTO VERONESIUMBERTO VERONESI Le ragioni secondo gli esperti sono tante: perché non si vuole soffrire; perché cambiare stanca; perché non si è in grado di reggere il carico psicologico di una rottura; perché si vive la famiglia come luogo di opportunità materiali-organizzative; perché il tradimento non è più vissuto come una ferita lacerante. E poi, osservava ironico il grande cineasta François Truffaut: «Perché ostinarsi a rendere infelice una sola donna quando se ne possono far felici cento?».