Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 27 Domenica calendario

+DAL NOSTRO INVIATO BERLINO —

Qualcuno lo ha già soprannominato il «Pistorius tedesco». Nessun riferimento alla cronaca nera, il paragone — azzeccato o no — è tutto sportivo. Lui si chiama Markus Rehm, ha 25 anni, una protesi al carbonio sotto il ginocchio destro e ieri ha fatto un salto lungo 8 metri e 24 centimetri. È successo ai campionati nazionali, nella città di Ulm, a metà strada tra Stoccarda e Monaco di Baviera. Così il disabile Markus è diventato il campione nazionale degli abili. Battuto anche l’ex campione europeo Christian Reif, medaglia d’argento con un salto di 8 metri e 20 centimetri. Ma, soprattutto, con il suo lunghissimo balzo Rehm ha superato il limite oltre il quale si aprono le porte dei prossimi campionati europei di atletica leggera, dal 12 al 17 agosto a Zurigo.
Per la Germania quella di ieri è una prima assoluta: mai era successo che un atleta disabile gareggiasse per un titolo nazionale «abile». Ma la strada che da Ulm arriva a Zurigo potrebbe non essere semplice per Rehm: bisogna ancora capire che cosa deciderà l’associazione europea di atletica leggera. Perché quella protesi — un misto di materiali artificiali, fibra di carbonio e metallo — fa discutere. A cominciare dalla parte curvata, messa a disposizione da uno sponsor islandese. La domanda, che in non pochi si pongono, è questa: è la protesi il motivo decisivo delle super prestazioni sportive di chi la porta?
Intanto Rehm, Zurigo o no che sia, si gode il suo successo. Partito a fianco di atleti consolidati, è arrivato primo. Ma il distacco più grande, per lui, non è stato quello inflitto agli altri concorrenti. La vera voragine della sua vita si è aperta quando aveva 14 anni: facendo sci nautico, in un incidente perse la parte inferiore della gamba destra. Il suo quindicesimo compleanno? Passato in ospedale. Poi la prima protesi, non senza dolori e delusioni.
Adesso, un decennio dopo, con lo stinco al carbonio, si allena sei giorni alla settimana, anche due volte al giorno. Quali che siano il ruolo, il peso o l’importanza della protesi, una vittoria sportiva insindacabile Rehm l’ha già ottenuta. Anzi, due. Qualche mese fa, ai campionati mondiali paraolimpici di atletica leggera, è arrivato primo — sempre nel salto in lungo — battendo il record della categoria e distaccando la medaglia d’argento di un metro e 17 centimetri. E nel 2012, alle paraolimpiadi di Londra, lo stesso copione si era già presentato: primo posto e distanza dal secondo superiore al metro.
Giovanni Stringa