Francesco Ninfole, MilanoFinanza 26/7/2014, 26 luglio 2014
TUTTI GLI SCUDI DI DRAGHI
Il programma Omt è stato finora il più grande successo della politica monetaria della Bce per i risultati ottenuti, tutti a costo zero. L’impegno a comprare bond sovrani in quantità illimitata a determinate condizioni, ufficializzato nei dettagli pochi giorni dopo l’ormai celebre «whatever it takes» pronunciato a Londra due anni fa pressoché esatti, il 26 giugno 2012, è stato la chiave di volta che ha salvato l’euro. «Raramente così poche parole hanno cambiato così tanto», ha sottolineato Berenberg. Per gli analisti «la mancanza di una rete di sicurezza in tempi di crisi estrema era un serio gap nell’architettura istituzionale dell’euro» e «la Bce ha chiuso questo divario», mentre «la Bundesbank, avendo ammonito contro i rischi di inflazione e di azzardo morale che non si sono mai concretizzati, si è isolata e ha perso credibilità». Perciò Draghi «ha salvato la Germania contro i desideri della Bundesbank», considerando che anche la fiducia economica tedesca è rimbalzata dopo le parole del numero uno dell’Eurotower.
Soprattutto sugli acquisti di titoli di Stato la Bce si è dovuta spesso confrontare con la ferma opposizione della banca centrale tedesca, intimorita dai possibili effetti sull’inflazione e dal sostegno offerto ad altri Paesi. Di conseguenza il piano Omt è stato annunciato tardi, oltre due anni dopo l’inizio della crisi greca. Il primo tentativo d’emergenza in difesa dell’euro è stato il programma Smp (Securities Market Programme) di Jean-Claude Thichet, il predecessore di Draghi, che ha permesso acquisti di titoli di Stato, ma in misura limitata. Perciò l’effetto si è rilevato temporaneo. Lo sa bene anche l’Italia: la Bce ha iniziato a comprare Bot e Btp dopo la lettera al governo del 5 agosto 2011. All’inizio lo spread è sceso, ma poi ha ricominciato a salire, proprio perché si trattava di acquisti sporadici, sebbene significativi in valore assoluto. Così il mercato poteva ancora scommettere sul default dei Paesi, perciò i tassi presto hanno ripreso a salire. Per contrastare il fenomeno non sono bastati neppure gli ingenti acquisti di bond sovrani da parte delle banche, che nel frattempo avevano ricevuto in prestito dalla Bce 1.000 miliardi a fine 2011-inizio 2012 (le due Ltro a tre anni). Il timore che i tassi potessero diventare insostenibili nel Sud Europa e che l’Eurozona fosse vicina al tracollo si è placato solo con l’Omt, un programma di acquisti potenzialmente illimitati. «Draghi ha rimosso il fattore paura», ha evidenziato Berenberg. Per riuscirci, un impegno verbale è stato molto più efficace di decine di miliardi di euro spesi nel Smp. I Btp decennali sono scesi dal 6,6% del 24 luglio 2012, un livello molto vicino all’insostenibilità, fino al 2,7% del 24 luglio 2014. Sulle scadenze fino a tre anni, quelle coperte direttamente dai potenziali acquisti Bce, si è spesso toccato il minimo storico, al punto che ora il Tesoro si ritrova con un tesoretto legato proprio alla discesa dai tassi. Simili risultati sono stati ottenuti negli altri Paesi del Sud Europa colpiti dalla crisi del debito sovrano. L’effetto a cascata si è fatto sentire sui titoli bancari (azionari e obbligazionari) e poi sui listini, in particolare a Piazza Affari dove pesa molto il comparto finanziario. Il principale effetto collaterale è stato però il rafforzamento dell’euro, salito da quota 1,22 sul dollaro del 25 luglio 2012 all’attuale tasso di 1,35.
Il «whatever it takes» e l’Omt sono stati comunque un successo di comunicazione straordinario. Lo scudo della Bce difende ancora oggi l’Eurozona da possibili shock dei mercati, anche se, non essendo mai stato utilizzato da nessun Paese, restano alcuni dubbi sugli aspetti tecnici legati agli acquisti, a cominciare dalle condizioni che sarebbero imposte ai governi. Oltre che dal piano Omt in sé, i mercati sono stati finora rassicurati dall’atteggiamento generale della Bce, confermato dai recenti interventi a sostegno delle banche e del credito. Francoforte ha lanciato la nuova versione delle Ltro, ovvero le T-Ltro, stavolta mirate ai prestiti all’economia: le banche dell’Eurozona potranno ottenere altri 1.000 miliardi. Nella stessa occasione, il 5 giugno scorso, la Bce ha tagliato i tassi principali (allo 0,25% a 0,15%) e sui depositi (da 0 a -0,10%); esteso i rifinanziamenti illimitati per le banche fino a fine 2016; aumentato le garanzie utilizzabili dagli istituti. Inoltre ha sospeso la sterilizzazione degli acquisti di titoli di Stato del Smp di Trichet: un segnale di rilievo, perché la Bundesbank fino ad allora aveva sempre impedito che gli acquisti di bond sovrani potessero avere effetti sull’inflazione. Preoccupazioni che si sono dimostrate infondate, al punto che oggi il nemico dell’Eurotower è l’esatto opposto, ossia la deflazione. Perciò la mancata sterilizzazione dei titoli del Smp è stata letta da alcuni come un segnale positivo in vista del via libera a un quantitative easing in stile Fed. È questo il prossimo bazooka che potrebbe usare Draghi. Il presidente Bce ha già assicurato che l’azione contro la crisi «non è ancora finita». La deflazione del resto è diventata uno dei maggiori rischi per la sostenibilità del debito degli Stati dell’Eurozona, che dovranno rispettare i criteri del Fiscal compact. Certo non tutto è risolto per l’area monetaria e la solidità dell’Eurozona passa ancora per molte riforme a livello nazionale e sovranazionale. Ma almeno oggi nessun analista oggi prende in considerazione la fine dell’euro: proprio ciò che li spaventava fino a due anni fa.
Francesco Ninfole, MilanoFinanza 26/7/2014