Fulvio Abbate, il Fatto Quotidiano 26/7/2014, 26 luglio 2014
L’ETERNA CROCIATA ESTIVA CONTRO IL PERFIDO ALONE
Altolà al sudore!” L’estate del 2014 verrà ricordata per i morti di Gaza, e ancora per la Concordia che lascia l’isola del Giglio, ma anche, se ci pensi bene, per la lotta al sudore scatenata dalla pubblicità. Mai come in queste settimane di calura e insieme pioggia battente c’è stato modo di intuire un’ulteriore grandinata di spot dedicati all’igiene soprattutto ascellare, quasi una crociata che sembra andare ben al di là della campagna a favore dell’igiene personale come passaporto verso il mondo, così come il fascismo innalzò la battaglia antimalarica e antitubercolare attraverso la cosiddetta “Giornata delle due croci”. Intendiamoci, lo spot in questione che decanta le prerogative del borotalco, come una sorta di “diga” pronta a impedire “il formarsi degli aloni”, esiste nel mondo della comunicazione delle merci da almeno un decennio, tuttavia mai come nelle ultime settimane è riuscito a imporsi come una sorta di metafora dell’estate e dei suoi doveri civici.
Il motto, il “claim”, il “Guai ai vinti!” che accompagna il nostro discorso in forma di stick o di bomboletta scocca puntualmente con queste allarmanti parole: “Altolà al sudore!” Un brivido corre subito appunto lungo le ascelle, la schiena e i bicipiti e non sembra assopirsi neppure dopo avere intuito che si tratta di un semplice spray. Poi, un istante dopo, rieccolo scandito come un comandamento: “Altolà al sudore!” Dunque, questo, il sudore, è bene sia percepito come una sorta di pericolo pubblico destinato a rovinare le umane relazioni, il semplice contatto tra gli individui, le serate, le semplici presentazioni.
Se non ti fosse chiaro, nella lotta al sudore c’è modo di intuire uno dei capisaldi della cultura “borghese”, ossia “i nobili non si lavano, coprono il tanfo con il profumo, il cittadino invece sa perfino cos’è mai un bidet…”, così da Robespierre a Renzi, ma forse non c’è bisogno di arrivare ai tempi della rivoluzione francese per svelare cos’è mai quell’altolà al sudore che accompagna i tempi e le icone della fatica. Forse, in una società fortemente secolarizzata nei suoi happy hour, dove lo stile e soprattutto la piega della camicia sembrano essere tutto, non si può ammettere l’idea dell’irruzione degli umori del corpo, o comunque si tratta di concessioni da tarda notte, quando i freni inibitori sembrano finalmente cedere, l’estetica pomeridiana pretende invece una vera e propria opera di repressione dell’alone, e dunque il deodorante si trasforma in poliziotto, in una sorta di corpo speciale (sempre nel senso di incursore) a salvaguardia della rispettabilità, di più, d’immagine.
Potrà sembrare paradossale, ma dietro lo spot dell’“Altolà al sudore!”, neppure in modo così velato, sembra nascondersi l’immagine del bosco di pietra della timidezza, leggo cosa suggerisce il blog destinato “alle ragazze emotive che sudano, leggi e tutto capirai, leggi: “basta un’applicazione la settimana... per ora sembra andare... ma l’ho messo venerdì e non ho avuto appuntamenti particolarmente emozionanti!!! Che mi consigliate??” A questo punto resta il convento.
Fulvio Abbate, il Fatto Quotidiano 26/7/2014