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 2014  luglio 26 Sabato calendario

TORINO

Più delle star sotto l’ombrellone è la Fiat, anzi la nuova Fiat Chrysler, ad alimentare il gossip estivo. A leggere la stampa internazionale l’interesse per la Fca è spasmodico. Tutti la vogliono, come Figaro nel “Barbiere” rossiniano. A dispetto delle smentite, e in qualche caso della logica, i rumors si susseguono come se il nuovo gruppo globale da 4 milioni di auto che nascerà il 1 agosto dovesse immediatamente trovare un altro alleato con cui fondersi: «La terza gamba? Non ne abbiamo bisogno. Credo che Fca abbia le potenzialità per espandersi fino ad arrivare a 6-7 milioni di auto vendute. Certo, se arriveranno delle opportunità le prenderemo in considerazione ». Così ha parlato Sergio Marchionne mercoledì, giornata a cavallo tra il penultimo gossip, una pretesa fusione con Volkswagen ipotizzata dai media tedeschi, e l’ultimo grido, una fusione con Peugeot lanciata dal Financial Time e smentita in poche ore sia da Torino che da Parigi.
Tutti i rumors ruotano intorno a un’idea di fondo: chiusa l’alleanza con Detroit, gli Agnelli sarebbero intenzionati a uscire più o meno gradualmente dalla plancia di comando per lasciare ad altri il ruolo di azionista di riferimento, intascando la plusvalenza e dedicandosi ad altro. E per farlo starebbero
cercando di vendere la loro quota di Fca a un nuovo socio forte o, in alternativa, di fondersi con un altro gruppo in modo da diluire ulteriormente la loro partecipazione. Ipotesi che vengono sorrette, in privato, dalle valutazioni di qualche transfuga dal gruppo di Torino. Uno scenario che, ancora nelle ultime ore, ai vertici di Exor si smentiva con questo ragionamento: «Abbiamo accettato di puntare sull’auto nei momenti difficili, quando Fiat rischiava il fallimento all’inizio degli anni Duemila e quando il mercato è stato travolto dalla crisi. Abbiamo scommesso su una fusione con Chrysler che veniva guardata con sospetto da gran parte gli analisti. Ora che il merger con Detroit ha avuto il via libera dalla Sec e il mercato americano ci garantisce utili, perché dovremmo lasciare il business?». «Diluire la quota azionaria di Exor? Se la torta è buona, perché ridurre la propria fetta?», aveva sintetizzato nei mesi scorsi John Elkann.
A credere a queste affermazioni c’è da prevedere che «a meno di offerte oggi non immaginabili», come si ripete a Torino, gli Agnelli rimarranno saldamente al comando di Fca fino al 2018 quando il piano presentato da Marchionne e John Elkann due mesi fa prevede il rilancio dell’Alfa e 6-7 milioni di vendite annue, quasi un raddoppio rispetto ai 4 milioni di oggi. Ma ci sono anche segnali che vanno in direzione contraria. La scelta di portare la sede legale di Fca in Olanda è stata spiegata con il fatto che la legge olandese consente di assegnare un peso doppio alle azioni dei soci stabili. Questo significa che la soglia di controllo di Fca scenderà al 25 per cento mentre quella di Fiat oggi è al 30, la soglia al di sopra della quale la legge italiana prevede l’obbligo di Opa. Così, con il semplice trasloco legale, sempreché rimangano immutati i rapporti di forza tra gli attuali soci, Exor potrebbe
ridurre dal 30 al 25 per cento la sua partecipazione senza perdere il ruolo di azionista di controllo. Nessuno sa oggi se davvero gli Agnelli vorranno sfruttare questa opportunità e, nel caso, a chi decideranno di vendere il pacchetto del 5 per cento che si libererebbe.
Oltre alle tesi sulla progressiva uscita di scena degli Agnelli, ad alimentare i gossip c’è un dato di fatto: dopo la fusione con Chrysler Fca non è ancora abbastanza grande da potersi ritenere al sicuro. E, soprattutto, manca di una forte presenza in Asia. Finora le partenrship con i gruppi asiatici non sono andate oltre la collaborazione industriale su specifici modelli. E’ accaduto con Suzuky per il Sedici, il piccolo fuoristrada che sopperiva a un evidentemente buco nella gamma della vecchia
Fiat. Accade oggi con la Mazda per un coupé che originariamente avrebbe dovuto essere l’erede del Duetto prima che il piano di rilancio dell’Alfa escludesse questa ipotesi. Il piano di Marchionne prevede di aggredire l’Asia con le Jeep prodotte in Cina e punta sul tradizionale marchio americano per recuperare il tempo perduto. Ma certo un’alleanza con Peugeot, che in Cina vende circa 700 mila auto all’anno, consentirebbe di allargare di colpo la base operativa nell’area. A suggerire, nel corso dei decenni, il matrimonio tra gli Agnelli e la casa francese c’è il fatto che fino a poco tempo fa Peugeot era guidata da una dinastia familiare, esattamene come il gruppo torinese. Ma le sovrapposizioni tra le gamme di prodotto e il protezionismo del governo di Parigi rischierebbero di rendere molto complicata l’operazione. Assai più complessa l’ipotesi che sia Volkswagen ad assorbire Fca. Il nuovo gruppo nato dall’alleanza tra Torino e Detroit sarebbe troppo grande da assorbire anche per il gruppo tedesco L’ipotesi, suggerita dalla stampa di Berlino, di uno scorporo di Chrysler per cederla a Wolksburg andrebbe contro tutto il lavoro di integrazione fatto negli ultimi cinque anni dal Lingotto. Rimane l’ultima suggestione, quella che forse Marchionne continua a sognare in segreto perché capita che i fidanzamenti mancati siano quelli più appetiti. E’ ancora possibile la riapertura del dossier Opel, quello finito in nulla nel 2009 per l’opposizione dei politici e dei sindacati tedeschi? Periodicamente Gm mette la sua costola europea sul mercato e poi ci ripensa. La questione potrebbe essere comodamente discussa in un ristorante di Detroit tra i vertici di Chrysler e Gm. Poi però sarebbe inevitabile alzare il telefono e avvertire Angela Merkel.