Antonella Olivieri, Il Sole 24 Ore 25/7/2014, 25 luglio 2014
NUOVA OPA, PIÙ MERCATO
Con la riforma dell’Opa e l’introduzione del voto multiplo, le blue chip di Piazza Affari diventeranno un po’ più contendibili, le Pmi potranno scegliere di quotarsi con meno timore, e il giudizio del mercato peserà comunque di più.
Per la relazione Borsa-impresa è quasi una rivoluzione, infilata un po’ in sordina in un decreto omnibus. Se l’impianto della riforma dell’Opa e del voto multiplo sulle azioni resterà quello uscito ieri dalle Commissioni del Senato, le blue chip di Piazza Affari diventeranno un po’ più contendibili, le Pmi potranno scegliere di esserlo un po’ meno, e il giudizio del mercato peserà comunque di più.
La bozza emendata del Ddl 1541 inserisce una doppia soglia d’Opa per le società quotate non qualificabili come Pmi: in aggiunta al 30% attuale, l’obbligo di offerta scatta anche se un azionista supera il 25% «in assenza di un altro socio che detenga una partecipazione più elevata». Una maggior contendibilità, dunque, che, a un primo sguardo, sembra essere compensata da un segnale in direzione opposta con le azioni a voto multiplo. Il testo introduce infatti la possibilità di assegnare un voto maggiorato, fino al doppio, agli azionisti "fedeli" da almeno due anni (da qui in avanti). Cosa significa? Che chi, supponiamo, detenesse una quota del 20% e si sentisse minacciato nel controllo, potrebbe quindi raddoppiare la presa sfruttando le nuove regole? Ovviamente no: superando le soglie rilevanti (il 25% o il 30%) – considerando la percentuale non più sul capitale, ma sui diritti di voto – si sarebbe tenuti comunque a promuovere un’Opa. E, in ogni caso, per aumentare il peso "politico" della propria quota bisognerebbe ottenere l’approvazione di un’assemblea straordinaria che delibera con la maggioranza dei due terzi e, come si è visto nell’ultima campagna assembleare, non è affatto scontato che le "minoranze" di mercato siano consenzienti alle proposte della maggioranza relativa. Solo in sede transitoria, e cioè per «deliberazioni di modifica dello statuto assunte entro il 31 gennaio 2015», è creare di azioni a voto maggiorato con «il voto favorevole di almeno la maggioranza del capitale rappresentato in assemblea» e questo «anche in prima convocazione». In realtà, come si è riscontrato in altri sistemi che ammettono il voto multiplo (in Francia, in Olanda, nei Paesi nordici europei, negli stessi Stati uniti), non è raro che a chiedere l’upgrading siano gli stessi investitori istituzionali di lungo periodo, con quote magari limitate al 2%, che però per questa via intendono far pesare di più la propria voce nella vita dell’azienda. Ma è soprattutto per le Pmi a carattere familiare che sono state pensate le nuove disposizioni. Per permettere cioè all’imprenditore di considerare l’opportunità di crescita offerta dalla Borsa e dalla raccolta di capitali sul mercato, senza eccessivi timori di perdere il controllo dell’azienda. Le Pmi potranno prevedere infatti nei loro statuti una diversa soglia d’Opa, compresa tra il 20% e il 40%, e le non quotate potranno decidere di creare azioni a voto multiplo fino a tre volte, andando in Borsa con un maggior flottante (e raccogliendo così più capitale) senza compromettere il controllo. Quando l’imprenditore è un valore per l’impresa può aver senso anche per il mercato: Google, Facebook – i campioni emersi della new economy – hanno il voto multiplo e nessuno si scandalizza. Resta da capire se le regole statutarie "sartoriali" diventeranno un fattore di selezione dell’investimento – come la dovrebbe essere la buona governance – o se non saranno recepite invece dal mercato come un’ulteriore complicazione.
Antonella Olivieri, Il Sole 24 Ore 25/7/2014