Pino Corrias, il Fatto Quotidiano 25/7/2014, 25 luglio 2014
LA SPREMITURA IN SOLITARIA DI MASSIMO: UN UOMO SOLO AL COMANDO DI SE STESSO
Dunque Massimo D’Alema, in qualità di unico, insostituibile, nonché alto rappresentante di se stesso, ha lasciato per qualche ora la sua malinconica repubblica de La Madeleine, sulle colline umbre, per raggiungere le pianure della politica europea e irrigarle con la sua lunga e riconosciuta esperienza internazionale. Informati dall’Ansa che a sua volta era stata informata dall’ufficio stampa di D’Alema – il quale si è dimenticato di avvertire il ministro degli Esteri Federica Mogherini nonché il sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi tenuti infelicemente all’oscuro di tutto – abbiamo saputo che il nostro ex pionere ha partecipato a un vertice con il neo eletto presidente della Commissione europea Jean-Claude Junker. Il vertice è “durato una ventina di minuti”.
È stato “un incontro cordiale tra due personalità che si conoscono da tempo”. Naturalmente “è stato proficuo”. Il tema del resto era d’alto profilo: “La prospettiva delle istituzioni europee”. Tendenzialmente di complessità infinita. E così urgente da convincere le due personalità a tralasciare le contingenze offerte dalla piccola cronaca di queste ore, tipo il massacro di civili in corso nell’ampio campo di concentramento di Gaza, la crisi ucraina che da quando abbattono aerei sembra proprio una guerra vera, le finte sanzioni allo zar Putin, l’offensiva islamista che dal califfato in poi vorrebbe conquistare e distruggere Roma, e persino il trionfale rientro a Genova della Costa Concordia, nuovo simbolo dell’Italia renziana che si fa largo nel mondo.
Passato dal potere al podere, D’Alema non si rassegna all’ombra del tempo che passa e alle conseguenze dei suoi errori che ancora subiamo. Alleva (con sorpresa di tutti, anche degli psicologi) “cani che uccidono”. Coltiva vigneti di Cabernet franc. E da qualche tempo produce una sua politica internazionale che imbottiglia personalmente nel casale di Otricoli.
Questo improvviso viaggio a Bruxelles è una sua privata spremitura a freddo di molti indizi ostili che lo circondano e di una prova: nessuno lo candida a nulla. Per di più a dispetto dei suoi viaggi più stravaganti e avventurosi sui quali talvolta ci aggiorna: “Tutti gli anni partecipo all’assemblea della Clinton Foundation”. “Vengo ora da un viaggio molto interessante in Polonia”. “Recentemente sono stato in Brasile”. “Sto partendo per la Cina, vuole vedere il visto?”. “Diciamo che mi occupo dell’Italia solo nelle pause”.
Purtroppo neanche durante quelle pause lo chiamano più. Renzi s’è incaponito a candidare Federica Mogherini sulla poltrona di ministro degli Esteri europeo. E tratta i malumori di quasi tutte le cancellerie con la spavalda leggerezza del neofita. D’Alema ha provato a fargli sapere che lui c’era, era pronto con tutto il guardaroba del caso e il know how: l’esperienza, l’arguzia e anche un po’ di inglese. Ma quello niente. Anzi, per fargli dispetto ha imbracciato il suo nome come ritorsione: “Se non sarà la Mogherini, allora potrei chiamare D’Alema”. Bastando quel millimetro di lama sfoderata a far strillare la signora Merkel. Strillo subito ripreso dal settimanale tedesco Spiegel (mai e poi mai “quel vecchio comunista”) rilanciato dall’Economist. E naturalmente dai giornali francesi che trattano il vecchio Max come sapesse di tappo, specialmente ora che se la tira da enologo.
Probabile che la ragione del viaggio sia tutta qui. Smentire che il suo nome rinomato come risorsa e come capotavola della politica italiana, venga brandito da Renzi come minaccia. Non è bello, non sta bene, urge un rimedio. “Le bastano venti minuti?” devono avergli chiesto dal citofono di Bruxelles. Ma sì, anche venti minuti vanno benissimo.
Pino Corrias, il Fatto Quotidiano 25/7/2014