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 2014  luglio 25 Venerdì calendario

IN RAI NON VALE IL CONTRATTO DI LAVORO

La Rai è una repubblica a parte. Il d.g. Gubitosi, che è un gran manager (e lo ha ampiamente dimostrato in aziende che si lasciavano gestire) fa quel che può. Ma è più legato di Laocoonte. I lacci che deve sopportare, non se li è certo inventati lui. È la politica che glieli ha imposti e che adesso deve toglierglieli. A lui o a chicchessia dovesse succedergli. Riuscire a gestire un azienda con quegli impedimenti sarebbe infatti un miracolo. E i miracoli, si sa, non sono degli uomini. La Rai, del resto, è diventata un falansterio che non obbedisce più nemmeno alla logica. Adesso, per esempio, mentre tutti possono constatare che l’ente è oberato di personale in eccesso, la Rai sta bandendo un concorso per assumere un centinaio di nuovi giornalisti, nonostante che il Tg1 abbia in servizio 160 giornalisti, il Tg2 150, il Tg3 130, Rai news 190, i Tg regionali 700 e così via.
In un’azienda normale, oberata di personale a tal punto, si farebbe cassa integrazione (come succede anche ad Alitalia, per non parlare di decine di migliaia di altre aziende di cui non si conosce nemmeno il nome perché non ne parla nessuno). In un’azienda generosa, si terrebbero, con i denti, i posti di lavoro esistenti. Ma in nessuna azienda al mondo, di fronte a un eccesso di personale di questo tipo, si provvederebbe ad assumerne dell’altro. Questo succede in Rai senza che nessuno alzi il ciglio di un’obiezione.
Ma c’è un altro aspetto che dimostra l’extraterritorialità della Rai. Il contratto nazionale di lavoro giornalistico viene disapplicato. Esso prevede (al pari di ciò che succede per i tutti i dirigenti degli altri settori economici) la licenziabilità senza giusta causa (ma con lauto indennizzo, predeterminato) del direttore e del vicedirettore di qualsiasi testata. Questa norma viene applicata da tutti i media italiani. Ma non in Rai, dove il direttore (o vice) esonerato, resta a disposizione, conservando però retribuzione e benefit e dedicandosi, al massimo, a piccole attività paravento. In tal modo il parco dei generali si arricchisce per stratificazione. Il sindacato dice che la non applicazione del contratto si giustifica perché i direttori vengono cambiati quando cambia il governo. Se ciò fosse vero vorrebbe dire che sono i partiti che comandano direttamente la Rai che è ciò che i sindacati della Rai negano con convinzione.
Pierluigi Magnaschi, ItaliaOggi 25/7/2014