Marco Bertoncini, ItaliaOggi 25/7/2014, 25 luglio 2014
LO STATISTA ROBERTO CALDEROLI
Supponiamo una graduatoria fra i più autorevoli politici in grado di dominare il cammino delle riforme costituzionali. Al primo posto starebbe senza dubbio Maria Elena Boschi, plenipotenziaria di Matteo Renzi (telecomandata, asseriscono i maligni, ritenendola pronta a prendere ordini dal presidente del Consiglio via telefono o cellulare).
Subito dopo, però, prima ancora della presidente della commissione Affari costituzionali a palazzo Madama, Anna Finocchiaro, relatrice sul disegno di legge di riforma, bisognerebbe piazzare Roberto Calderoli.
Per la maggioranza dei distratti elettori che s’interessano svogliatamente di politica, Calderoli è l’uomo della maglietta anti islamica, l’insultatore dell’allora ministra Cécile Kyenge (paragonata a un orango), un grezzo padano portatore del peggior becerume leghista. Chi, viceversa, bazzica un po’ il Parlamento sa che da anni il dentista bergamasco è il più apprezzato fra coloro cui spetta presiedere, da titolare o da vice, una Camera. La stima dei colleghi verso il vicepresidente Calderoli è corale, cresce a ogni legislatura e non conosce distinzione di parte politica. Il capogruppo del Pd, Luigi Zanda, tanto per fare un nome, ha più volte espresso in aula stima e apprezzamento per lui.
Ebbene, Calderoli ha agito con molta accortezza nel suo ruolo di correlatore sulla riforma del Senato. L’esperienza non gli manca, posto che fu magna parsnell’infelice riscrittura costituzionale attuata dal centro-destra nel 2005 e affossata poi dal referendum confermativo. È riuscito a far approvare dalla commissione un importante ordine del giorno, sconvolgente rispetto all’impianto del governo: fra l’altro, si sosteneva l’elettività del Senato. Ha assunto un ruolo fondamentale nell’accogliere, respingere o mediare proposte da chiunque provenienti, salvo una breve interruzione causatagli da un infortunio che ancora lo costringe a non usare il braccio destro.
In aula e fuori alterna, con sapienza, posizioni mediatorie (da statista pronto a valutare testi alternativi), spinte ostruzionistiche (elargisce buoni consigli ai grillini) e minacce. Si è notato con estrema attenzione il suo ammonimento contro l’uso della ghigliottina (intendendosi ovviamente lo strumento regolamentare che tronca il dibattito): «se qualcuno dovesse usare la ghigliottina, credo che le prime teste che cadono sono quella della riforma e quella del Governo». In tal modo il suo partito può far giungere attacchi, riserve, critiche, specie attraverso Matteo Salvini (ben più sbrigativo di Calderoli nell’esprimere dissensi), mentre al tempo stesso la funzione costituente del correlatore viene esaltata. Il bello è che mai Calderoli è apparso vicino a Renzi, insomma in posizioni da patto del Nazareno. Però ha sempre tenuto un profilo elevato, fungendo pure da collettore per quegli oppositori che, oltre che creare alquanta buriana, vorrebbero altresì far passare qualche proposta non ben accetta al governo.
Marco Bertoncini, ItaliaOggi 25/7/2014