Fabio Scuto, la Repubblica 25/7/2014, 25 luglio 2014
MORTE SOTTO LA BANDIERA ONU A GAZA CANNONATE SU UNA SCUOLA È STRAGE DI DONNE E BAMBINI “ISRAELE SAPEVA DEI RIFUGIATI”
GERUSALEMME
Credevano che la bandiera blu dell’Onu che sventolava sulla Kaa Albir, la scuola dell’Unrwa di Beit Hanoun dove si erano rifugiati, li avrebbe protetti dalle bombe che cadevano da giorni tutt’attorno. Pigiati in più di 1500, erano accampati ovunque: nelle aule, negli uffici, in palestra, nel cortile invaso da famiglie che si accontentavano di dormire per terra su una coperta lurida, ma al sicuro. Di questa umanità ieri pomeriggio restavano le pozze di sangue, i banchi macchiati di rosso, stracci sporchi, libri e oggetti disseminati ovunque. Gli schizzi di terra e fango sui muri bianchi e blu. Un colpo di cannone è arrivato nel cortile della Kaa Albir portandosi via almeno 17 vite di donne e bambini palestinesi sfollati. Duecento i feriti nell’esplosione che a ondate sono stati portati via per ore dalle ambulanze della Mezzaluna Rossa e della Croce Rossa internazionale, che hanno sfidato i combattimenti in corso in tutta la zona. Sono stati trasferiti in tre diversi ospedali, perché nessuna struttura sanitaria della Striscia può sostenere una simile emergenza dopo 18 giorni di guerra. «Ci vuole più di una struttura per soccorrere le vittime di un tale massacro», dice Ayman Hamdan, direttore dell’ospedale di Beit Hanoun, dove sono stati portati i primi feriti, ma che dispone solo di due sale operatorie. I feriti più gravi sono stati mandati all’Al Shifa di Gaza City, affrontando sulle amness, un altro pericoloso slalom tra rovine fumanti, bombe che cadevano e razzi che partivano verso Israele.
Le vittime della scuola sono tutte donne e bambini perché nel momento in cui è esploso il missile gli uomini erano appartati. In questa zona vivono persone tradizionaliste e i maschi si allontanano spesso per concedere alle donne un minimo di intimità: per cambiarsi d’abito o allattare i bebè. La deflagrazione le ha centrate in pieno proprio in quel momento e il cortile si è trasformato in un mattatoio.
Il massacro della scuola non ha ancora un responsabile certo. I testimoni raccontano che i primi proiettili dell’artiglieria israeliana, appostata a meno di un chilometro, sono caduti nelle prime ore del pomeriggio. Tre sono finiti all’esterno della scuola, il quarto ha centrato il cortile poco prima delle quattro del pomeriggio. Diversa la versione dell’esercito israeliano che vorrebbe attribuire la responsabilità ai mortai che i miliziani di Hamas sparavano in quel momento nella zona dove erano in corso combattimenti a terra. L’Unrwa non ha i mezzi per indagare su un singolo atto bellico. L’esercito israeliano ha annunciato un’inchiesta. Difficilmente sapremo mai chi ha sparato contro la scuola Kaa Albir.
Che la situazione attorno alla scuola dell’Unrwa si fosse fatta insostenibile per la prossimità dei combattimenti, anche nella vicina Jabalya, ero chiaro a tutti. Una tragedia annunciata. L’edificio era ben visibile, colorato di azzurro, esponeva bandiere dell’Unrwa e la sua ubicazione era nota all’esercito israeliano. I responsabili dell’Agenzia dell’Onu avevano già cercato di allestire con Israele un “corridoio umanitario” per consentire lo spostamento del proprio staff e di una parte degli sfollati da quella scuola verso il centro di Gaza City. «In mattinata avevamo cercato di negoziare una tregua per permettere ai civili palestinesi e al nostro personale di lasciare quella struttura», dice Chris Guinbulanze portavoce dell’Unrwa, «ma non ci è stata accordata. Ecco le tragiche conseguenze». Fra l’altro l’Agenzia fornisce regolarmente mappe aggiornate di tutte le sue strutture. «Le coordinate precise di questo “rifugio” a Beit Hanoun erano state formalmente fornite all’esercito israeliano ». All’ospedale di Beit Lahya, dove sono state trasportate le vittime, nessuno aveva dubbi su chi fosse il responsabile. Nei corridoi si sentivano pianti strazianti, grida di collera e imprecazioni contro Israele. «Un crimine orrendo, Israele lo pagherà caro», hanno subito annunciato i mass media di Hamas.
È la quarta volta negli ultimi tre giorni che le truppe israeliane attaccano una scuola dell’Onu: martedì hanno distrutto parte del recinto di una di esse, situata nel Sud della città di Gaza. Non ci sono state vittime perché, considerata la vicinanza dei blindati israeliani, il direttore della scuola poche ore prima aveva deciso di allontanare le circa 1.700 persone che erano ospitate all’interno. I blindati hanno tuttavia aperto il fuoco appena 10 minuti dopo che i responsabili internazionali dell’Unrwa avevano terminato l’ispezione ed erano ancora nelle vicinanze della struttura. E ieri mattina Guinness ha denunciato su Twitter l’uccisione di tre insegnanti dell’Unrwa nei raid israeliani.
Secondo dati dell’Onu, più di 150mila persone hanno cercato rifugio nelle scuole dell’Unrwa da quando, lo scorso 8 luglio, Israele ha cominciato l’offensiva contro la Striscia di Gaza, nella quale finora sono morte 800 persone, la gran parte civili, un terzo bambini. Le vittime sono triplicate da quando, dopo giorni di bombardamenti, una settimana fa le truppe hanno iniziato una cruenta incursione terrestre che è costata finora la vita a 32 soldati di Tsahal.
L’attacco contro la scuola arriva appena 24 ore dopo che il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha avvertito che ci sono indizi che Israele stia compiendo crimini di guerra e ha approvato, con il voto contrario degli Usa, l’istituzione di una commissione che compirà un’inchiesta sul terreno. Migliaia di palestinesi hanno protestato al checkpoint di Kalandia, nella Città Vecchia di Gerusalemme vicino al Monte del Tempio e a Gerusalemme Est. Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon si è detto «scioccato» dalla strage nella scuola e ha invitato ancora una volta Hamas e Israele ad accettare un cessate-il-fuoco umanitario per soccorrere la popolazione civile.
A Gaza dopo le bombe c’è l’incubo della crisi umanitaria: un milione di abitanti è senz’acqua né elettricità, i senza tetto sono 250mila. Un’emergenza che l’Unrwa sta cercando di affrontare con un ponte aereo di aiuti giornalieri dal centro di raccolta in Giordania. Ma le difficoltà logistiche, e politiche, sono molte. I camion con gli aiuti per Gaza quando arrivano al Ponte di Allenby (il valico Giordania-Israele) devono essere scaricati, i pallet vengono trasferiti su mezzi con targa israeliana per procedere verso il valico di Kerem Shalom nel Sud della Striscia di Gaza. Qui — dopo un altro minuzioso controllo — gli aiuti vengono scaricati da questi mezzi per essere caricati su camion con targa palestinese e finalmente fatti entrare nella Striscia per essere distribuiti. Un tormento di 50 ore di viaggio per ogni convoglio.
Fabio Scuto, la Repubblica 25/7/2014