Maurizio Ricci, la Repubblica 25/7/2014, 25 luglio 2014
DAL MIRAGGIO DEL BONUS IRPEF ALLA BONACCIA LETALE ORA LA MANOVRA SI COMPLICA
ROMA.
Calma piatta. Del vento della ripresa non c’è traccia. Neanche una brezza, anzi, un alito. Piuttosto, l’aria pesante e immobile di una bonaccia letale. Dal 2008, la produzione industriale si è ridotta di un quarto. A fine 2013, i consumi erano scesi dell’8 per cento e gli investimenti del 26 per cento. Avevamo perso un milione di posti di lavoro e il tasso di disoccupazione era raddoppiato. In breve, da almeno vent’anni non stavamo così male. Ma il miraggio di un rimbalzo è già svanito. Al contrario, stiamo anche peggio di sei mesi fa. Ormai, ne portiamo i segni non solo nel conto in banca e in garage, ma in frigorifero e ai fornelli. Due famiglie su tre hanno tagliato la spesa per mangiare. I consumi sono calati dello 0,7 per cento a maggio, rispetto ad aprile, ma quelli alimentari sono scesi dell’1,2 per cento. Spariscono dalla tavola cotolette e sogliole, ma non mangiavamo così poche pesche, ciliegie e spinaci da oltre dieci anni. E otto italiani su dieci, sostiene la Coldiretti, hanno deciso che se la mozzarella è scaduta, chi se ne frega: meglio mangiarla che buttarla.
In questa Italia smagrita e impotente, gli investimenti nell’industria sono fermi, la produzione, a maggio, è scesa di un altro 1,2 per cento rispetto al dato già negativo di aprile. Lo stellone delle esportazioni si è spento: quelle verso l’Europa sono quasi ferme perché la crisi non c’è solo da noi e quelle verso il resto del mondo, a giugno, sono crollate del 4,3 per cento. L’economia sembra incapace di reagire anche all’unico spintone vigoroso che ha ricevuto in questi anni. Gli 80 euro messi in busta paga da Renzi per rianimare la domanda interna sono stati assorbiti da altri guai e non spesi. I saldi d’estate, calcolano i commercianti, segneranno un calo del 3-4 per cento rispetto ad un anno fa. La Banca d’Italia non si aspetta che lo sgravio Irpef aumenti i consumi di più dello 0,2 per cento fra 2014 e 2015. La leva immaginata dal governo ha, insomma, perso presa nella palude di pessimismo diffuso: l’effetto sul Pil non dovrebbe superare lo 0,1 per cento. Spiccioli: i benefici della più decisa iniziativa di stimolo arrivata da Palazzo Chigi si riducono ad un miliardo e mezzo di euro di Pil in più.
Sono dati amari, perché spazzano via, di colpo, quel po’ di ottimismo e di speranza che si era diffuso nei mesi scorsi, quando, da Draghi a Ignazio Visco, da Barroso a Padoan, si parlava di “ripresa, fragile, ma ripresa”. E, in effetti, a leggere il Bollettino economico della Banca d’Italia, uscito meno di dieci giorni fa, sembra di guardare un altro mondo. Perché i dati su cui ragionavano a via Nazionale erano quelli del primo trimestre e, con qualche trepidazione, gli uomini di Visco scorgevano germogli di ottimismo. I consumi crescevano dello 0,1 per cento: pochissimo, ma per la prima volta dal 2011 non calavano. La domanda estera restava favorevole. I dati di giugno azzerano tutto: consumi ed esportazioni - domanda interna e domanda estera - adesso, avverte l’Istat, sono di nuovo in picchiata.
Il risultato è che anche una ripresa asfittica è già sfumata. L’Fmi ha dimezzato le sue previsioni sulla crescita italiana: ad aprile scommetteva su un più 0,6 per cento nel 2014. Ora è sceso a 0,3 per cento. La Banca d’Italia è anche più pessimista: 0,2 per cento. Lo 0,8 per cento immaginato dal governo appare assai lontano. E questo chiude anche l’ultima porta. Qualche keynesiano impenitente potrebbe, infatti, pensare di corroborare domanda interna ed estera in caduta, con domanda e investimenti pubblici. Assai difficile: se il Pil cresce meno del previsto, il rapporto deficit/ Pil e quello debito/Pil, su cui vigila Bruxelles, diventeranno più spinosi e i margini di manovra del governo ancora più stretti. Il dato più preoccupante, tuttavia, forse non è neanche quello del 2014, ma l’anno prossimo. Nel 2015, secondo l’Fmi, l’economia italiana dovrebbe crescere, nella media dell’anno, dell’1,1 per cento, lo stesso ritmo già pronosticato ad aprile. Ma neanche nell’ultimo trimestre mostrerebbe un salto di velocità e di vigore: 1,2 per cento in più rispetto all’ultimo trimestre 2014, di fatto un’andatura senza scosse per tutto l’anno, come un motore imballato.
Come, probabilmente, è. Sull’economia italiana pesa una congiuntura mondiale assai poco brillante, appesantita da ombre come la crisi ucraina. Sembrano sottrarvisi Paesi come la Spagna che, in questi giorni, registra il più massiccio calo della disoccupazione degli ultimi otto anni e la crescita più vigorosa (0,5 per cento nel trimestre) dall’inizio della crisi. Ma è un miracolo, per così dire, drogato dall’austerità. Lo sottolinea una serie di studi recentissimi dell’Fmi, che legano i risultati più recenti al drammatico crollo della disoccupazione e della domanda interna di questi anni. Appena la ripresa riscuoterà i consumi, avvertono gli economisti di Washington, gli squilibri dell’economia spagnola si ripresenteranno. Per l’Italia, il problema è diverso. Non solo perché la ripresa non c’è, ma perché, più tarda, più i meccanismi dell’economia si arrugginiscono e si inceppano. Un economista americano - Laurence Ball - ha calcolato che, anche se il Paese riuscisse ad utilizzare al massimo, per miracolo, capitale e lavoro, oggi fermi, la crescita potenziale non sarebbe superiore allo 0,11 per cento. Forse abbiamo toccato il fondo della crisi. Ma rischiamo di restarci a lungo.
Maurizio Ricci, la Repubblica 25/7/2014