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 2014  luglio 25 Venerdì calendario

IN FRANCIA SI APRE IL SECONDO FRONTE QUADRUPLICATO L’ESODO DEGLI EBREI

In Francia, sulla scia delle manifestazioni pro-palestinesi che hanno scatenato ondate di violenza e di atti di antisemitismo a Parigi e nella sua banlieue, il governo ha dimostrato fermezza, dichiarando che chiunque scandisca slogan come «Morte agli ebrei» dovrà essere arrestato e condannato.
Il governo ha riconosciuto anche la gravità della tensione tra le comunità. Una tensione che allarma gli ebrei francesi: sempre più pervasi da un crescente senso di ansia che rischia di accelerare l’esodo verso Israele. Quasi 1.500 persone hanno fatto la loro «Aliyah» (in ebraico la «salita», il ritorno a Israele) nei primi mesi del 2014, quattro volte di più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Questo movimento, all’inizio modesto, è cresciuto nel tempo. 3280 ebrei sono emigrati dalla Francia verso Israele nel 2013 contro i 1.900 nel 2012. Secondo l’Agenzia ebraica in Francia, queste cifre rappresentano un dato senza precedenti dalla nascita di Israele nel 1948.
Quattro grandi fattori favoriscono questa migrazione. Innanzitutto, la percezione di un certo numero di ebrei che un clima antisemita e quindi pericoloso sia ormai radicato in Francia. E molti fatti stanno contribuendo a questa sensazione. Tutti ricordano il caso di Mohamed Merah, nel marzo 2012. Questo giovane aveva ucciso in modo tanto vile quanto brutale quattro ebrei, tre bambini e un adulto, davanti alla scuola Israelita Ozar Hatorah, a Tolosa. In precedenza, nel 2006, c’era stato il caso di Ilan Halimi nella regione di Parigi, un giovane ebreo rapito, sequestrato e orribilmente torturato a morte da un gruppo di venti persone, soprannominato la «banda dei barbari». Avevano rapito Ilan Halimi perché apparteneva alla comunità ebraica e quindi per i suoi carcerieri e torturatori doveva essere ricco. Più recentemente, il 24 maggio, il francese di origine araba Medhi Nemmouche, ha ucciso quattro persone al Museo Ebraico di Bruxelles. Nel gennaio scorso, il divieto posto agli spettacoli del comico Dieudonné, a causa delle sue osservazioni antisemite e le successive manifestazioni di suoi sostenitori e oppositori, hanno contribuito a radicalizzare le parole e i comportamenti.
Durante una di esse, si sono sentiti giovani, estremisti di destra e di sinistra, o arrivati dalle banlieue, scandire uno slogan che era scomparso dalle strade della capitale francese fin dagli Anni Trenta «Ebreo, la Francia non fa per te». I giovani francesi partiti per Israele esprimono sia il dolore che hanno provato lasciando il loro Paese sia il sollievo per non avere più un’auto della polizia in permanenza davanti alla loro scuola e alla sinagoga o per non essere più costretti a togliere la kippà per timore di essere aggrediti in strada. Sono felici di poter infine vivere in pace la loro identità.
Il secondo fattore dell’emigrazione è economico. La Francia sta andando male, appare sclerotica e paralizzata, mentre, al contrario, Israele sembra giovane, dinamico, in crescita, e offre tutte le opportunità per realizzare un progetto professionale.
La religione rappresenta evidentemente il terzo motivo per partire. Molti ebrei francesi vogliono vivere pienamente la loro fede e per esempio, partono per andare a studiare il Talmud. Uno di loro racconta che ha lasciato la Francia perché molti corsi nella la sua università si svolgevano durante lo Shabbat.
Infine, Israele si muove in aiuto degli ebrei francesi. È stato messo a punto un piano per farne arrivare 42 mila entro il 2017, facilitando le pratiche burocratiche e accordando diverse agevolazioni. Nel 2012, su suolo francese, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, alla domanda «dove dovrebbero vivere gli ebrei?» aveva risposto in Israele, facendo infuriare François Hollande.
Tuttavia, questo movimento verso Israele dev’essere anche relativizzato. In primo luogo, perché riguarda solo l’1% della popolazione ebraica francese. Poi, perché molti ebrei delusi dalla vita in Israele rientrano in Francia. La Terra Promessa non sempre è facile.
Aline Arlettaz, La Stampa 25/7/2014