Anna Zafesova, La Stampa 25/7/2014, 25 luglio 2014
LO ZAR ASSEDIATO E LE SUE PARANOIE ANCHE UN ASSAGGIATORE PER IL CIBO
Cacciare la figlia di Putin dai Paesi Bassi: una «sanzione» per vendicare i quasi 200 olandesi morti nella sciagura del Boeing malese proposta da Pieter Broertjes, sindaco di Hilversum. Una gaffe per la quale si è subito scusato, ma che ha aperto uno spiraglio sul segreto più segreto. Che la 29enne Maria abiti in un villaggio nel Sud dell’Olanda insieme al suo fidanzato, Jorrit Faassen, ex manager di Gazprom, è un’informazione top secret che il Cremlino ha ripetutamente smentito, anche se nei giorni scorsi immigrati ucraini hanno picchettato il condominio dove risiede, e qualcuno dei locali dice di aver visto il padre della ragazza nel centro commerciale locale, scortato dalle guardie del corpo.
E’ più facile sapere chi ha lanciato il missile che ha abbattuto il volo MH17 che scoprire qualcosa sulla vita privata del presidente russo. Ufficialmente le due figlie abitano a Mosca, anche se Maria in realtà è in Olanda ed Ekaterina, di due anni più giovane, è stata avvistata in Grecia, con il suo fidanzato figlio di un ammiraglio sudcoreano. Non esistono loro foto ufficiali e pare che abbiano fatto l’università con documenti falsi. Nulla si sa anche della ex first lady Liudmila, apparsa in pubblico un anno fa per annunciare il suo divorzio da Vladimir Vladimirovich, dopo un anno di latitanza che aveva fatto sospettare crolli nervosi e reclusione in un monastero. I giornali che hanno provato ad accostare il nome del presidente alla campionessa di ginnastica Alina Kabaeva, che da Putin avrebbe avuto anche un figlio, hanno chiuso poco dopo. Obama ha traslocato alla Casa Bianca portandosi anche la suocera, ma l’inquilino della dacia di Novo-Ogariovo abita da solo, e preferisce quando può restarci anche a lavorare, condividendo con Stalin l’antipatia per il Cremlino. Ma solo non lo è quasi mai: oltre a un nugolo di segretari, guardie del corpo, cuochi, camerieri, medici e servitori vari – tra cui anche un assaggiatore che prova il suo cibo, come se fosse un sultano a rischio perenne di avvelenamento – nell’anticamera è sempre atteso da un manipolo di ministri, governatori e questuanti vari, che fa aspettare anche tre-quattro ore, un po’ perché ritardatario cronico, un po’ probabilmente per tormentarli senza che osino spazientirsi.
E’ una vera corte, che funziona come un orologio, cucita addosso alle abitudini e i tic dello zar. Ben Judah, che ha pubblicato su «Newsweek» un’anticipazione del suo prossimo libro, frutto di tre anni di interviste a intimi del presidente - racconta una routine solitaria, algida e precisa. Una vita «programmata per mesi se non anni in avanti», nella quale però ci sono sempre quelle due ore di tarda mattinata – Putin non si alza presto – dedicate al benessere: colazione (ricotta, omelette, cereali), tanto nuoto (è in piscina che si prendono le decisioni cruciali sulla Russia), palestra e bagno freddo e caldo. Il presidente non fuma, beve pochissimo ed è molto prudente nel cibo: all’estero si porta una schiera di cuochi e tonnellate di prodotti made in Russia. A costo di creare tensioni diplomatiche ai pranzi ufficiali, non mangia nulla di «straniero». E non usa Internet e cellulari, diffidandone da buona ex spia.
Un mondo che segue ancora i riti sovietici, quando i leader avevano il loro cibo, i loro ospedali e nei viaggi all’estero si portavano dietro tutto, dai camerieri alle automobili (Putin però ha preferito la Mercedes alla Zil) mischiando paranoia e salutismo: negli alberghi tutte le lenzuola e gli asciugamani vengono sostituiti da quelli disinfettati e sigillati dal Cremlino. Ma Putin ci aggiunge un tocco di sterile gelo: se Breznev era manipolato dall’infermiera che gli somministrava i tranquillanti ed Eltsin era in balia della sua guardia del corpo che lo suggestionava con la vodka e le profezie degli astrologi, la corte di uno zar privo di vizi (se non si contano gli abiti su misura e gli orologi di marca) non conosce favoriti. A un certo punto il gossip attribuiva molta influenza al confessore del presidente padre Tikhon Shevkunov, ma alla fine né le ginnaste, né i pope riescono a scalfire la sua solitudine. Gli unici momenti quando lo si vede ridere è quando gioca a hockey – partite private con squadre composte dalla scorta, tra il pubblico si notano Schroeder e Berlusconi e ricevere un invito è l’onore più ambito – o coccola la sua labrador nera. Che, dice Judah, «è l’unica a non avere paura di lui».
Anna Zafesova, La Stampa 25/7/2014