Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 25 Venerdì calendario

ORRORI E NUOVE PERSECUZIONI. ESODO DI CRISTIANI CACCIATI DA MOSUL

Dieci minuti possono dilatarsi all’infinito se, pescando tra i ricordi, oscillano tra l’incubo peggiore e il miracolo insperato. La prigionia, il parto in cella con ai piedi pesanti catene e poi la salvezza a pochi giorni dalla lapidazione grazie alla mobilitazione internazionale. La vita e la morte hanno sfiorato Meriam, la donna sudanese scampata al verdetto medievale emesso da un tribunale islamico solo perché cristiana. Meriam, ieri mattina, in piedi davanti a Papa Francesco raccontava la sua storia, condensando i lunghi mesi del tormento in dieci minuti di resoconto frammentato, offrendo però particolari, emozioni, speranze. Nei giorni più bui, quando ormai pensava che nulla l’avrebbe salvata, che non avrebbe mai più rivisto suo marito, solo Dio in quella cella offriva conforto tenendole una mano sul cuore. La lapidazione era già pronta perché colpevole di non volere rinnegare Cristo. Mentre quella visione mostruosa veniva tradotta dall’arabo all’italiano da monsignor Gaid, Francesco accarezzava la bambina più piccola e, intanto, pensava alle altre persecuzioni. Troppe. Secondo gli osservatori internazionali stanno crescendo, toccando percentuali altissime. Si parla di 100 mila cristiani vittime ogni anno nel mondo. Secondo l’Acs (Aiuto alla Chiesa che soffre, una ong che cura un rapporto sulla libertà religiosa monitorando 196 Paesi), le aree teatro di brutalità aumentano di anno in anno, allungando la lista nera: Nigeria, Egitto, Pakistan (dove è ancora in carcere Asia Bibi, la giovane donna perseguitata per il reato di blasfemia), Cina, India, Indonesia, Siria, Iraq, Mali, Somalia, Eritrea, Libia, Sudan. In questo orizzonte la storia di Meriam sta diventando un simbolo, l’emblema positivo di un impegno internazionale che sfocia nella liberazione, nella giustizia, nel rispetto dei diritti elementari sanciti dalla Carta dell’Onu.
LISTA NERA
Papa Francesco ieri mattina mentre non si perdeva una sola parola dell’impressionante racconto, immaginava analoghe vicende, incubi paralleli, storie simili, sebbene distanti geograficamente. Che fare, per esempio, per le comunità cristiane della Siria e dell’Iraq? Giorni fa è stato convocato in Vaticano il nunzio apostolico a Bagdad, un diplomatico costretto a vivere protetto da un muro di cemento armato alto otto metri. Monsignor Lingua ha illustrato a Bergoglio lo stato delle cose dopo la proclamazione del Califfato. Il risultato è che a Mosul non ci sono più cristiani, sono fuggiti tutti. Rischiavano di essere sgozzati.
Di questo passo la culla delle tre religioni monoteistiche, dove tutto ebbe inizio con il Patriarca Abramo, partendo dal suo villaggio a Ur dei Caldei rischia di essere privata di una componente essenziale. Cristiani, razza in via di estinzione. «Ormai nessun cattolico si trova più a Mosul» ha confermato il vescovo ausiliare di Baghdad, monsignor Syroub. L’ennesima imposizione dei terroristi che controllano ampie zone della Siria e dell’Iraq, riguarda la barbara pratica dell’infibulazione per molte delle donne e delle bambine dell’autoproclamato Califfato. È l’ultimo farneticante ordine impartito dal leader dell’Isis, Abu Bakr Al Baghdadi. Ma la lista degli orrori comprende un po’ di tutto; è il ritorno del Medio Evo con imposizioni barbare e inumane, con crocefissioni sulla pubblica piazza (non solo di cristiani), uccisioni di massa filmate e mandate su Youtube, con tanto di cadaveri con crani fracassati e materia grigia essiccata sulle pietre, sotto il sole cocente.
IL TERRORE SUL WEB
Il terrore si diffonde sul web con immagini riprese in alcune zone vicino a Mosul e ai confini con la Siria. Insomma la barbarie allo stato puro. Diversi monasteri e luoghi di culto cristiani nel frattempo hanno fatto una brutta fine. L’ultimo della serie è il monastero francescano Mar Behnam, risalente al quarto secolo, finito nelle mani degli islamisti. I monaci che ci vivevano sono stati cacciati con la violenza e le minacce. Al posto della croce sventola una lugubre bandiera nera. Nei giorni scorsi sono circolate su Twitter altre foto shoccanti, a riprova che la persecuzione non è una leggenda ma una cruda realtà alla quale prima o poi la comunità internazionale dovrà dare una risposta. Magari evitando di guardare dall’altra parte. Gli islamisti a Mosul, per esempio, prima di colpire i cristiani, hanno segnato meticolosamente ogni abitazione con la lettera “N” spruzzata con una bomboletta di spray rosso. Significa Nasrani, nazareni, cristiani, ma di fatto suona come indesiderati, infedeli, ripugnanti, abietti, esseri inferiori. I sinonimi sono perfettamente intercambiabili nella mentalità dei terroristi.
LA GRANDE FUGA
Inutile dire che dopo l’apparizione delle scritte sui muri delle case, i cristiani hanno fatto valigia e sono partiti in massa, lasciando tutto quello che avevano. «Li hanno cacciati via, sono stati derubati di tutto, sono perseguitati» ha denunciato Papa Francesco domenica scorsa all’Angelus, ricordando la mala sorte per centinaia di migliaia di persone alla ricerca di un riparo.
Molti di loro si sono rifugiati nella piana di Ninive, chiedendo ospitalità ai piccoli villaggi. I vescovi caldei hanno fatto sapere al Vaticano che mancano di tutto, che arrivano affamati, assetati, impauriti, senza nulla, dopo viaggi pericolosi attraverso il deserto su pick up pieni di ragazzini scalzi. «E non possono nemmeno ritornare indietro» a meno che non siano tanto ricchi da pagare una tassa mensile che si aggira attorno ai 400 euro. Ovviamente per essere protetti. E i musulmani moderati? In piccoli gruppi hanno dato vita a timide proteste con la frase «kulluna mashiyyun», siamo tutti cristiani, e con una “N” finale di solidarietà. Ma c’è anche chi ha pagato con la vita, come 16 ulema di Mosul assassinati perché si erano opposti all’interpretazione radicale. E nessuno ancora li ferma.