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 2014  luglio 24 Giovedì calendario

INDOVINA CHE COSA HO PERSO

Il caso più recente è quello di David Guetta, deejay francese che poco tempo fa è stato costretto a cancellare il tour mondiale Guetta Life, dopo avere perso la nuovissima playlist custodita in una chiavetta Usb. Un trauma, ma non paragonabile a quello di una bambina di tre anni di Tel Aviv pronta a partire per Parigi. I genitori, una coppia ultra-ortodossa, hanno imbarcato le numerose valigie (18 per la precisione) e, dopo lo shopping al duty-free, sono saliti sull’aereo con gli altri quattro figli, lasciando la più piccola a vagare in qualche lounge del Ben-Gurion. A questi mamma e papà un po’ distratti ci sono voluti 40 minuti per accorgersene, ma solo perché avvisati da un’hostess. Per la cronaca, la storia ha un lieto fine: la bimba li ha raggiunti con il volo successivo.
Senza arrivare a casi estremi, complici una vita sempre più frenetica e l’ambizione al multitasking, nessuno è indenne da imbarazzanti amnesie. Non ci si può fare niente, dentro tutti noi c’è un triangolo delle Bermude, è quello dove quotidianamente perdiamo decine di oggetti personali. Non mettere le cose al posto giusto fa sprecare 15 minuti al giorno per cercarle. Vi sembrano pochi? Facciamo due conti. Secondo le statistiche, capita di smarrire qualcosa 198.743 volte nell’arco di una vita. Per un totale di 3.680 ore trascorse a dirsi: Ma dove diavolo l’ho lasciato? Pensateci, sono 153 giorni, cinque mesi buttati. Volendo, per chi se lo può permettere, quasi mezzo anno sabbatico in giro per il mondo.
A questi numeri, tratti da una ricerca del gruppo assicurativo Esure, si aggiunge un dettaglio interessante: gli uomini sono peggio delle donne, tanto che un terzo delle mogli e delle fidanzate confessa di avere quotidiani battibecchi con il partner sbadato, che si è dimenticato qualcosa in giro. Tra i casi più gravi c’è chi ammette di essere rimasto a piedi per giorni perché si era scordato in quale isolato avesse parcheggiato l’auto. Tanto vale rassegnarsi se arriva in ritardo, perché ogni sera passa una ventina di minuti nell’ascensore del parcheggio, facendo tappa in tutti e cinque i piani imprecando: «Ero sicuro di averla lasciata al primo».
Ma oltre ai beni che perdiamo di vista, e fortunatamente ritroviamo, ce ne sono altri destinati a sparire per sempre. Il valore dell’economia globale degli articoli smarriti, infatti, ammonta a diversi miliardi di dollari. Solo negli hotel americani ogni anno si dimenticano 40 milioni di oggetti: cellulari, libri, portatili, tablet, navigatori, Gps, spazzolini elettrici, caricabatterie, pigiami, fedi nuziali, sex toy, orologi, dentiere... Lista ancora più eccentrica allo scalo di Fiumicino. Nel deposito attendono il loro proprietario una sedia a rotelle, tamburi africani, tavole da surf, archi con frecce, il motore di una vecchia Fiat Cinquecento.
I sondaggi lo confermano. È in aumento il numero di chi, sistematicamente, si scorda qualcosa in ufficio, sul treno, nel bar dove è andato a prendere l’aperitivo. Si è scoperto, per esempio, che il tragitto più a rischio è quello dal lavoro a casa (non dimenticare nulla sui mezzi pubblici è impossibile per il 19 per cento), che l’ora in cui si tende a essere più distratti è alle 18. Dicembre è il mese nero, pericoloso come il venerdì e il sabato, quando si organizzano gli appuntamenti dell’ultimo minuto con lo smartphone (che è in cima alla lista degli oggetti più smarriti, seguito da chiavi, carte di credito, abbonamenti del treno e portafogli).
Significativa una ricerca della società di consulenza Mozy che ha coinvolto 3.500 persone in Gran Bretagna, Francia, Germania e Stati Uniti. Paese che vai, distratto seriale che trovi. I francesi, per dire, hanno il doppio delle probabilità di dimenticarsi borse e accessori da qualche parte, rispetto a britannici e tedeschi. Che a loro volta, insieme agli americani, lasciano in giro con più frequenza computer e portafogli. Sarà per il clima, ma in Inghilterra gli occhiali da sole si smarriscono raramente, meno che in qualunque altro Stato. Per la legge causa-effetto, se qualcuno perde, altri trovano. Armi, cani, pappagallini mummificati, chiavi per manette, porcellini d’India... In attesa di uno studio che precisi quanti siano i minuti sprecati a cliccare su “recupera la password dimenticata” della nostra posta personale o aziendale, dell’accesso a eBay, Twitter, Linkedin, Amazon, PayPal – ho dimenticato qualcosa? – accontentiamoci di sapere che per questo disagio hanno coniato il neologismo “password fatigue”, ovvero sindrome da affaticamento da password.
Il problema delle amnesie quotidiane ha spinto qualcuno a studiare scientificamente la materia. Michael Solomon, 66 anni, laureato a Harvard, è insegnante alla Baltimore School for the Arts nel Maryland e l’unico professore al mondo di una nuova disciplina chiamata “findologism”, vale a dire l’arte del ritrovare. Il suo libro How to find lost objects, pubblicato inizialmente on line, ha già ottenuto più di 150mila download. Qui accanto trovate i suggerimenti di Solomon per non perdere più nulla. Fatene tesoro, perché non succeda anche a voi quello che è accaduto a un automobilista tedesco di ritorno dalla luna di miele in Francia. Dopo essersi fermato a fare benzina in autostrada, è ripartito ma senza la moglie, che era andata alla toilette. Si è accorto che gli mancava qualcosa dopo 322 chilometri. E, avvertito dalla polizia, è tornato alla stazione di servizio a riprendersi la sua dolce metà. Da un’intervista, rilasciata dalla neo sposa alla radio tedesca Ffh, ci è dato sapere che il marito è stato perdonato. «Sono cose che capitano», ha affermato serafica la signora.