Filippo Facci, Libero 24/7/2014, 24 luglio 2014
TANTO VALE ABOLIRE IL VOTO SULL’ARRESTO
Poi ci sono quelli che «la Camera non deve entrare nel merito, deve solo stabilire se c’è fumus persecutionis»: e come lo stabilisci, se non entrando nel merito? Come lo stabilisci, se non leggendo le carte per verificare se i magistrati abbiano rispettato la lettera della legge, se vi fossero, cioè, i noti presupposti per chiedere una carcerazione? La relazione della giunta per le autorizzazioni a procedere, retta da un bancario, è stata vergognosa per evasività sula caso Galan: «Non deve e non può la giunta sovrapporsi all’autorità giudiziaria nel valutare se la custodia cautelare sia necessaria o opportuna... Deve invece limitarsi a verificarsi se la coerenza logica tra fatti, riscontri e qualificazione giuridica conduca a formulare una richiesta di misura cautelare plausibilmente motivata». Una supercazzola. Questa in lingua italiana come in giuridichese è una supercazzola: con l’aggravante liquidatoria di aggiungere, poi, che «lo sviluppo investigativo e procedimentale non sembra affetto da fumus persecutionis». Stop, fine, avanti un altro. E i giornali e anche Libero si sono già divertiti, ieri, a demolire le probabilità che uno come Giancarlo Galan possa effettivamente scappare (certo, oggi fanno delle carrozzelle velocissime) o possa ripetere il reato e inquinare le prove sotto cotanta pressione sociale. Si potrebbe aggiungere che l’inchiesta sul Mose è sostanzialmente terminata, dunque ogni cautela carceraria appare improbabile; che mettere in galera una persona alla fine di luglio, potente o stracciona che sia, equivale a lasciarla cuocere inutilmente per tutto agosto; che l’indisponibilità degli inquirenti ad ascoltare Galan offre il fianco al sospetto che preferiscano interrogarlo al fresco per ottenere il massimo. Per quale ragione gli abbiano rifiutato i domiciliari e l’abbiano spedito addirittura a Opera, a quasi 300 chilometri da Venezia, resta infine un altro mistero procedurale. Ma noi non dobbiamo occuparci di procedure, noi non dobbiamo entrare nel merito, dobbiamo solo stabilire se c’è fumus persecutionis: e come, con una perizia psichiatrica sui magistrati? Non sappiamo: mentre su quel che accade in Parlamento, in compenso, sappiamo tutto. Un tempo gli inquirenti spedivano alle camere una documentazione selezionata per motivare le proprie richieste di poter procedere o di fare arresti o anche solo acquisire tabulati; le posizioni dei singoli parlamentari venivano debitamente compilate a Milano se ne occupava il pm Gherardo Colombo ed era un lavoraccio, peraltro c’era la necessità di non scoprire troppo le carte di indagini che erano tutt’altro che concluse: persino Giovanni Falcone, quand’era direttore degli Affari penali in via Arenula, ebbe a lamentarsi che i pm spedivano richieste troppo striminzite. Ora i magistrati spediscono tutti i faldoni e arrivederci. Il documento su cui ha lavorato la giunta per le autorizzazioni a procedere, l’altro giorno, è un malloppone di 740 pagine (un compendio dell’ordinanza del gip) dove il problema di non poter procedere contro Galan viene posto a pagina 736: ma poi ci sono anche diciotto faldoni (18) che la giunta avrebbe dovuto esaminare. Il risultato, la sintesi, è stata la supercazzola di cui sopra: potete immaginare con quale coscienza i deputati abbiano espresso il loro voto di coscienza. Il resto lo sapete. Le assenze in Forza Italia, lo scrutinio inutilmente segreto, gli ordini di scuderia, il cinismo. Ieri mattina il piddino Davide Faraone, intervenendo ad Omnibus su La7, ha involontariamente fatto capire di aver votato senza aver letto mezza carta, e seguendo soltanto le indicazioni di partito: ma così fan tutti, o quasi.
L’autorizzazione all’arresto a questo punto va abolita, perché viene concessa in base a sondaggi che ormai sono a senso unico, sappiamo benissimo che aria tira e quanto i leader siano prostituiti agli umori popolari. L’arresto di Fracantonio Genovese fu tra i casi più impressionanti, con la prima pagina dell’Unità a festeggiare le manette per un parlamentare del Pd: uno che, peraltro, era stato candidato già da indagato e che poi è diventato il trofeo di un torneo elettorale tra Renzi e Grillo. Qualcuno aveva letto mezza carta, anche tra i giornalisti? E qualcuno ebbe a capire perché pochi giorni dopo l’arresto, d’un tratto, le esigenze cautelari svanirono e lo mandarono a casa? Poi ci sono gli altri. A Nicola Cosentino andò come era già andata a Luigi Bisignani, a Luigi Lusi, ad Alfonso Papa: colpevoli anzitutto di un timing sfigato, di essere divenuti materia di scambio per alleanze in vista delle amministrative, per la tenuta del governo Monti, per baratti inutili sulla legge elettorale: un mercatone a scacchi. Nel caso di Alfonso Papa, la Lega si disse favorevole all’arresto e riuscì al tempo stesso a lasciare libertà di coscienza ai propri parlamentari: un caso di coscienza precettata. Ormai i parlamentari non fingono neppure più di averle lette, le carte: e i giornalisti tengono loro compagnia. Gli unici che le leggono sicuramente sembrano i soliti radicali, che pure, con un’acrobazia rimasta inspiegata, riuscirono a votare a favore delle manette per Papa: il cui arresto, oltretutto, fu poi giudicato illegittimo direttamente dal tribunale. Naturalmente c’è anche il caso di chi è stato risparmiato, vergogna: tipo il piddino Alberto Tedesco, che poi fu scagionato dalle accuse. Però, chissà: l’avessero arrestato, forse, non l’avrebbe fatta franca. La Casta, sapete. Sino a poco tempo fa si pensava che i voti sugli arresti dovessero essere segreti affinché la coscienza parlamentare potesse avere qualche rigurgito. Per Galan il voto è stato segreto, ma è finito dentro lo stesso. Assenze. Tradimenti. Coltellate alla schiena. Mancati ordini di scuderia. Che differenza fa.