Marcello Veneziani, Il Giornale 24/7/2014, 24 luglio 2014
ANIMALI ESTINTI: IL POLITOLOGO
Come li compatisco, i politologi. Un tempo fiorivano, sui rami dei giornali erano appesi a grappoli, brillavano giulivi nei cieli della politica, per dirla in gergo mentanese. Il politologo era un incrocio tra l’ostetrico, l’esorcista e il veterinario dei politici. Adesso prova a dare del politologo a qualcuno, rischi la querela. I politologi sono animali estinti o quiescenti e i superstiti sono tornati al mestiere d’origine: si fanno chiamare storici, economisti, sociologi, scienziati, perfino giornalisti. A me politologo? Dillo a tua sorella. Perché è scomparsa la materia prima, la politica, o è irriconoscibile alle loro analisi, sono saltati i partiti e i sistemi, i paradigmi e le ideologie. E i politologi, come i venditori di mangiadischi, sono fuori mercato. Da noi la politica è riassunta nella formula 3,1 tre leader maggiori più uno decimale si risolve nelle loro personalità e poi nel sedare gli insubordinati delle rispettive tribù monoteiste. Sicché il politologo si è atrofizzato, prima gli si sono paralizzati gli arti, destro e sinistro, poi è stecchito. Non è colpa sua. Anch’io un tempo ero tacciato di essere politologo, poi mi curai, riuscii a smettere. Ora scrivo su tre toni, il comico, per cogliere il lato ridicolo e grottesco della politica e non solo; il nostalgico, per nutrire il sentimento della vita e il pensieroso, per cercare il pensiero dopo la morte della filosofia. Il politologo oggi è un monologante. O un politico virtuale o mancato. O peggio, è un guardone incline alla coprofilia.