Fabio Scuto, la Repubblica 24/7/2014, 24 luglio 2014
DEIF, IL MILIZIANO SENZA VOLTO: ECCO IL LEADER CHE ISRAELE VUOLE ELIMINARE
Gli specialisti della cyberwar dell’Unità 8200 captano ogni singola conversazione telefonica nella Striscia, milioni di telefonate sono passate al setaccio così
come il traffico Internet. A Gaza le decine di spie e di collaboratori dello “shabak” – il nome che gli arabi danno allo Shin Bet israeliano – e dell’Aman, i servizi segreti di Tsahal, scrutano, guardano, ascoltano. La loro missione è una soltanto, cogliere un riferimento, una mezza parola, uno spostamento strano, che li porti al bersaglio numero 1 perché la sua uccisione cambierebbe l’esito della guerra. Il suo nome è Mohammed Deif, il comandante e lo stratega delle Brigate Ezzedin al Qassam, il braccio armato di Hamas. Deif è un mito a Gaza, nessuno lo nomina mai, si dice “Lui” e basta. Non c’è bisogno di altre parole. “Lui” ha trasformato in questi anni le Brigate da gruppo terrorista a milizia organizzata, ben addestrata e armata, con strutture e reti di comando efficienti.
È lo stratega dei “tunnel” per colpire oltreconfine, dei bunker scavati sotto Gaza City e Khan Younis. E nel vuoto politico in cui trova l’ala politica di Hamas, alla fine è lui che comanda nella Striscia, dove però da anni nessuno lo vede, nessuno conosce il suo viso. Ha imparato a non fidarsi nemmeno dei suoi compagni dello stato maggiore di Hamas, nessuno sa mai dove sia adesso né dove sarà tra poco. Si muove per le gallerie e per i tunnel noti solo alla sua piccola cerchia di fedelissimi. I servizi segreti israeliano lo chiamano “The Shadow”, l’ombra, perché anche per loro è un uomo
senza volto, le foto e le immagini di satelliti spia di cui dispone l’intelligence israeliana sono vecchie di 10 anni.
Eppure identificare L’Ombra sembrerebbe facile. È un uomo bloccato su una sedia a rotelle dopo aver perso un braccio e una gamba durante una fallita “eliminazione mirata” con un caccia F-16 israeliano che ha centrato la casa dove si nascondeva nel 2006, e l’occhio sinistro nel 2002 mentre era a bordo di una macchina – nel quartiere Sheikh Radwan di Gaza City – ridotta a una carcassa da un missile lanciato da un elicottero Apache. Ma le menomazioni fisiche non hanno intaccato la sua capacità di comandare l’apparato militare di Hamas, per i ventimila miliziani è una leggenda, un modello. Rispondono ai suoi ordini qualunque essi siano, dalla missione kamikaze all’attacco alle fattorie, andando spesso davanti alla morte certa. «È astuto come una volpe, è un esperto nel suo campo. Sa calcolare bene le sue mosse e si muove nel segreto assoluto», dice Israel Hasson, ex vice-comandante dello Shin Bet, «ma questo certo non lo aiuterà, morirà della morte che si addice a un terrorista ». I commenti di Hasson riflettono la frustrazione dell’apparato dell’intelligence israeliana, nessun capo delle Brigate al Qassam è rimasto in vita più a lungo di lui prima di incontrare un missile “Hellfire” sulla sua strada.
Mohammed Deif è nato nel campo profughi di Khan Younis, ha quasi cinquant’anni ed è il dominus delle Brigate da quasi 12 anni, da quando nel luglio del 2002 venne “eliminato” l’allora comandante Salah Shehada, colpito da un missile col suo nome in una casa dove si svolgeva un vertice di Hamas. L’informazione ricevuta dalle spie era giusta e tempestiva: Shehada morì con altri 14 “senior members”. Deif che ne era il vice venne promosso dallo sceicco Ahmad Yassin, il fondatore di Hamas che verrà ucciso anche lui da un missile nel 2004. Si era fatto strada con il terrorismo sia a Gaza che in Cisgiordania, tra cui il rapimento di un soldato israeliano nel 1994 e due kamikaze che aveva mandato a farsi esplodere su due autobus a Gerusalemme, a febbraio e marzo del 1996.
La sua ultima foto nelle mani dell’intelligence israeliana risale all’ultimo dei tre tentativi di ucciderlo. Ritrae un uomo ferito che striscia sui gomiti fuori dalla carcassa di un’auto in fiamme, con i vestiti coperti di polvere, cenere e sangue. Dopo quell’attacco Deif, di cui gli israeliani non sanno ancora spiegarsi come sia sopravvissuto, è entrato in una clandestinità totale, è diventato L’Ombra. È rimasto paralizzato ma la sua “mente” è rimasta intatta. Per due cicli di interventi chirurgici è andato clandestinamente in Egitto — passando per i tunnel che i suoi desert rats hanno scavato ovunque a Gaza — e il timone delle Brigate Al Qassam passò operativamente al suo vice Ahmad Jabari, colpito da un missile col suo nome nel novembre 2012. Quella morte ha “costretto” Deif a tornare alla guida operativa. Sette giorni dopo la morte di Jabari, la tv di Hamas a Gaza trasmise un suo video-messaggio. La kefia rossa nascondeva il volto, la voce profonda e cavernosa prometteva la guerra fin dentro Israele. L’ha fatto. Perché, come sa bene l’intelligence israeliana, L’Ombra non parla mai a vanvera. Eliminarlo ora è il “colpo” che può cambiare da subito gli equilibri in questa guerra a Gaza.