Michele Neri, Vanity Fair 23/7/2014, 23 luglio 2014
SCORDATI DI ME
Ho cambiato idea su Mario Costeja González. Per un istante avevo pensato che questo avvocato spagnolo 58enne fosse l’eroe del nostro tempo. Il genio capace di trovare, per noi poveri ostaggi di Internet, la via di fuga. È andata così. Nel 1998 il nostro González era senza soldi e dovette mettere all’asta la propria casa. Niente di male, ma fino a due mesi fa, se uno cercava il suo nome su Google, il motore di ricerca continuava a sputar fuori quella vicenda, poiché all’epoca se n’era occupato un giornale, e gli articoli venivano fedelmente linkati. Fino al 13 maggio: accogliendo i suoi reclami, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha costretto Google a cancellare quel dato non più rilevante, riconoscendo così il diritto all’oblio. Dopo aver riempito, anche a nostra insaputa, la Rete delle nostre gesta, foto e opinioni, se abbiamo buoni motivi possiamo chiedere di essere dimenticati.
Google si è subito adeguato, dedicando una pagina alla raccolta delle preghiere di cancellazione: in due mesi l’hanno già chiesto decine di migliaia di europei. Mi sono messo in coda.
Primo problema: quale fatto della mia vita digitale desidero nascondere per sempre? Anche perché sullo sfondo intravedo l’«effetto Streisand»: quando l’attrice, nel 2003, chiese per vie legali a un sito di togliere la foto della sua villa a Malibu, il fotografo, a difesa, rispose che serviva a documentare l’erosione della costa californiana. Il numero di visualizzazioni della foto centuplicò.
Poi mi è venuto in mente che nel 2013 avevo scritto un libro sulla bellezza del disordine: non fu pubblicato dall’editore, ma se lo si cerca in Google, in alcuni siti il volume pare disponibile, con tanto di prezzo. Buffo. E direi che potrebbe andare.
Seconda questione. Come fare? Ho scelto la strada più banale: compilare le informazioni richieste dalla pagina di Google per la rimozione dei link indesiderati. Ho spiegato i fatti, riportato il link «incriminato», inserito un mio documento d’identità. L’alternativa era appoggiarmi a un sito neonato e che dovrebbe facilitare l’operazione: si chiama Forget.me e offre una casistica di ragioni precompilate per l’oblio.
Ora sto aspettando l’avvenuta cancellazione. Intanto mi vengono in mente le seguenti cose. Le volte che Google mi ha aiutato a risolvere un problema (inclusa una ricetta della pasta alle sarde). E se qualcuno eliminasse un’informazione utile, magari un caso di evidente negligenza professionale? Saranno davvero capaci di capire, a Google, cos’è d’interesse pubblico (perché queste informazioni la Ue le ha giustamente protette)? Ho poi pensato di dar fastidio, con il lavoro che hanno già da fare: e se per ritorsione depennassero tutto ciò che mi riguarda? Lo accetterei? E se qualcuno volesse proprio comprare un libro che non esiste? Forse non vogliamo essere dimenticati. Il silenzio ci spaventa. Forse González non è un eroe.
P.S. Passa qualche giorno, e via mail apprendo che «Google ha deciso di non intervenire... Il riferimento al documento è giustificato dall’interesse del pubblico di avervi accesso. Potrebbe avere il diritto di sottoporre la questione all’autorità per la protezione dei dati del suo Paese...». Poi leggo di un nuovo sito, Hidden from Google, nato proprio per ripescare tutti i risultati rimossi dal motore di ricerca. Forse González è davvero il nostro campione.