Luigi Perna, Sport Week 19/7/2014, 19 luglio 2014
SUSIE WOLFF: «NON SONO UNA SIGNORA, SONO UN PILOTA»
Lo shopping non fa per lei. Forse perché, al contrario di Carrie Bradshaw in Sex and the City si trova più a suo agio con gli stivaletti da corsa che con un paio di scarpe Manolo Blahnik. Fin da bambina, Susie Wolff ha sognato casco, tuta e una macchina con cui sfrecciare in pista. È cresciuta annusando l’olio di ricino dei motori kart a due tempi anziché l’odore dei fornelli. E sarà per questo che dice «in cucina sono una frana». Moglie di Toto Wolff, gran capo della Mercedes e fino a poche settimane fa azionista della Williams, la squadra che l’ha assunta come collaudatrice, l’ex signorina Stoddart è abituata a sfidare i pregiudizi, al punto da essere la prima donna pilota ad aver guidato una F1 nelle prove di un GP, ventidue anni dopo Giovanna Amati.
Come è nata la passione?
«Esattamente come capita per ogni altro pilota. Da bambina, a due anni, mi regalarono una piccola moto. La mia famiglia, in Scozia, aveva una concessionaria e io adoravo la guida e la velocità. Così, a otto anni, ho cominciato a correre in kart. Ero determinata, mi applicavo, volevo primeggiare. Finché un giorno andai a una gara di F3 sul circuito di Donington Park e vidi vincere Jenson Button (futuro campione del mondo di F1 nel 2009, ndr). Fu allora che decisi: “nella vita voglio diventare un pilota”».
La famiglia era d’accordo?
«Ci sono stati momenti difficili, ma da loro ho sempre avuto sostegno. Erano coinvolti, senza creare pressioni. C’ero già io che li spingevo ad accompagnarmi in pista ogni settimana e a salire di categoria. Nel kart sono arrivata tredicesima in un Mondiale, a 18 anni, poi sono passata in monoposto, in F3, quindi ho gareggiato per 7 anni in Dtm (il Turismo tedesco, ndr) con le più grandi case costruttrici e ora guido una Fl. Sono stata fortunata».
Rinunce?
«Ovviamente non c’erano amiche con cui poter condividere questa passione e ho dovuto sacrificare molto della mia adolescenza. Gareggiando in tutta Europa, da 13 a 18 anni, e viaggiando tanto, mi sono persa feste, drink, uscite con i ragazzi, ma è stata la mia scelta e non me ne sono mai pentita. Non ho mai pensato che stessi facendo qualcosa di sbagliato per una ragazza, anche se un po’ insolito lo era. Però i miei genitori non mi hanno fatto avvertire la sensazione che mi fosse precluso raggiungere certi traguardi solo perche ero una ragazza».
Come la prendevano i piloti maschi?
«Si faceva un gran parlare intorno a me del fatto che fossi una donna, anche in F3, ma io mi vedevo come un pilota e basta. Non mi sentivo diversa dagli altri. Certo, all’inizio ho dovuto faticare per guadagnarmi il rispetto dei maschi. Quando sono arrivata in Dtm ho dovuto dimostrare che ci sapevo fare e tirare fuori il carattere. Poi mi hanno accettato. Lo stesso è successo qui alla Williams, con Massa e Bottas. Non mi importa di quello che dicono gli altri piloti di F1».
Si è mai sentita discriminata?
«Qualche volta sì. Nel Dtm guidavo una macchina rosa. E “una ragazza bionda in una macchina rosa” era la combinazione perfetta... Ci sono state giornate no, ma con il tempo le superi, e alla fine se mi guardo indietro non ho avuto grandi problemi».
Che cosa ha provato la prima volta su una monoposto di F1?
«È stato elettrizzante. Mi trovavo a Silverstone, proprio sulla stessa pista dove due settimane fa ho debuttato nelle prove libere del GP di Gran Bretagna, e percorrendo il rettilineo dell’Hangar Straight a tutta velocità, il casco quasi mi si sollevava dalla testa. Sono tornata ai box e ho detto a Bottas: “Devo avere un problema col casco, perché mi spinge la testa inmalto”. E lui: “Benvenuta in F1...”».
Com’è la sua vita lontano dalle corse?
«Molto più normale di quello che la gente pensi. La F1 è un mondo molto glamour e noi siamo visti come personaggi da jet-set, ma non sempre è così. A me in realtà piacciono le serate di calore e intimità a casa con mio marito e il fatto che lavoriamo nello stesso ambiente, condividendo viaggi e interessi, ci concede di passare più tempo assieme. Ci divertiamo molto e, pur essendo una realtà competitiva legata al successo, riusciamo a prendere il meglio ogni giorno».
Cura lei la casa?
«Io sono super ordinata e sistemo ogni cosa. Ma è Toto quello si intende di architettura e design di interni. Facciamo una bella combinazione».
Lo shopping?
«Non mi fa impazzire. Però ammetto che mi piacciono le borse».
In cucina?
«Sono una cuoca terribile (ride). Povero Toto, non trova certo del buon cibo a casa nostra! Un piatto? So cucinare bene il pollo arrosto. Il problema è che mi riesce solo quello e, dopo averlo cucinato un paio di volte, lui dice: “Ok, buono. Ma si può avere qualcos’altro?”».
Si allena molto?
«Tantissimo, soprattutto per potenziare i muscoli del collo. Poi resistenza aerobica, coordinazione ed equilibrio, usando il pallone medico. Trovare la motivazione per svegliarsi ogni mattina e fare due ore di palestra è semplice, perché so che solo così sarò pronta a guidare una F1 quando ne avrò l’occasione».
Desidera dei figli?
«Sì, sono sicura di volerli, ma non ora. Mi piace troppo quello che faccio, per rinunciarvi a 31 anni, dopo tanti sacrifici. Con un figlio sarebbe molto difficile. Molti mi dicono: “Ma quando smetti di correre e costruisci una famiglia?”. Mi sembra che a volte ci siano troppe pressioni su noi donne, affinché diventiamo madri. Ma nella vita ci sono anche altre soddisfazioni e io non voglio avere rimpianti. Bisogna sapersi guardare dentro e capire che cosa si desidera. Avrò dei figli quando sarà pronta».
Come vede il suo futuro?
«Non guardo troppo avanti e sono aperta a ogni opportunità. Quando capirò che i miei giorni in F1 saranno finiti, deciderò che cosa fare dopo. Ma è probabile che cerchi comunque un lavoro legato alla F1 o alle corse, piuttosto che guidare in altre categorie come la Formula E o il Gt».
Che cosa prova all’idea di essere un modello per chissà quante ragazzine?
«Mi dico che ho ancora tanta strada da fare e molte cose da conquistare, prima di poter essere considerata davvero un modello. Ma se posso ispirare o invogliare qualsiasi ragazza a credere in se stessa nella vita e a ottenere dei risultati nelle corse, allora ne sono felice e penso sia positivo».