Guido Olimpio, Corriere della Sera 23/7/2014, 23 luglio 2014
«UN MISSILE ESPLOSO A 20 METRI»: LE NUOVE VERITA’ SIL BOEING
L’intelligence Usa ha rilanciato, nella notte, le accuse contro i ribelli pro Mosca ma è cauta su un coinvolgimento diretto dei russi nell’abbattimento del Boeing malese. La pensano diversamente i servizi ucraini per i quali è molto probabile che l’ordine di lancio del missile sia arrivato da «un ufficiale russo ben addestrato». Un’affermazione che si aggiunge alle indiscrezioni di questi giorni che parlavano di almeno tre militari di Mosca coinvolti al fianco dei ribelli. Una presenza che avrebbe dovuto colmare un eventuale buco nella capacità degli insorti di usare il sistema antiaereo Buk privo del suo radar primario.
In un briefing ai media statunitensi, gli 007 hanno sostenuto che il jet passeggeri è stato probabilmente abbattuto per errore — legato alla lettura dell’unico radar — da un missile Sa 11 lanciato dagli insorti ucraini alleati di Mosca. Non c’è invece alcuna prova che ci fosse qualche militare inviato dalla Russia a coordinare l’attività dell’antiaerea. Piuttosto prudenti anche su chi abbia sparato. «Non sappiamo il nome, non conosciamo il grado e non siamo neppure sicuri al 100 per cento della nazionalità. Non dovete aspettarvi una svolta alla Perry Mason», ha ammesso un funzionario. Molto vaghe anche le notizie sul lanciatore Buk: non è sicuro che sia stato trasferito in Russia. Una ricostruzione dunque generica e priva di elementi decisivi per inchiodare i responsabili. Vedremo se usciranno nelle prossime ore, altrimenti Mosca potrà sostenere che a Washington hanno ben poco in mano. Insieme al «chi» si è tornato a parlare del «come» sia stato distrutto il Boeing malese. L’attenzione si è concentrata su alcuni rottami del jet che presentano fori di varia grandezza compatibili con quelli di un ordigno terra-aria. Le immagini e i reperti, però, non possono rivelare con certezza quale tipo di missile sia stato impiegato. L’ipotesi è che fosse un Sa 11 di fabbricazione russa sparato dall’ormai famigerato Buk, il sistema mobile schierato nella località di Snizhne.
I missili di questo tipo trasportano una carica di circa 20 chilogrammi d’esplosivo che deflagra nelle vicinanze del bersaglio (tra i 20 e i 50 metri) e dunque non c’è bisogno di un impatto diretto. La deflagrazione libera un «rosone» di piccole schegge che ha un effetto letale sul target. In base all’esame visivo della carlinga pare che l’ordigno abbia investito la zona anteriore del jet passeggeri e parte dell’ala. L’esperto britannico Reed Foster, dopo aver esaminato le foto, ha indicato al New York Times i seguenti elementi: 1) I fori sono consistenti con oggetti che penetrano dall’esterno. 2) I buchi più piccoli sono stati causati da proiettili (schegge) ad alta velocità. 3) Se si fosse trattato dell’esplosione del motore le fessure lungo la carlinga sarebbero state «più lunghe, sottili e oblique». Non è poi da escludere che altre tracce interessanti possano essere su alcuni dei corpi dei passeggeri. E il fatto che i ribelli filorussi abbiano trasferito con il treno solo un 200 cadaveri su 282 recuperati aumenta i sospetti. È solo un errore? O hanno voluto far sparire qualche prova? C’è stata una manipolazione? A sentire i governativi ucraini (e gli Usa) la «scena è stata contaminata» in modo serio. Gli ispettori dell’Osce hanno peraltro confermato che nella zona dove è caduto il 777 malese ci sono ancora dei resti da recuperare.
Il Pentagono, a sua volta, ha diffuso una mappa satellitare che mostra il percorso del Boeing, la traccia del missile e l’area dove è avvenuto il «contatto». Un documento che fornisce un’indicazione piuttosto generica sulla dinamica e fissa sempre la cittadina di Snizhne come il luogo dove era posizionato il sistema Buk. Nulla di inedito ma che fa parte dei dati che gli Stati Uniti hanno rastrellato basandosi su attività di intelligence e materiale disponibile sui social network (come le dichiarazioni pubbliche e le minacce dei filorussi). Un quadro «preliminare», dunque ancora aperto che dovrà essere irrobustito per resistere alla difesa, decisa, del Cremlino.
Guido Olimpio