Anna Bandettini, la Repubblica 22/7/2014, 22 luglio 2014
BOLLANI FA TEATRO
«È nato tutto così per caso, ma ora mi chiedo perché non ho mai fatto teatro prima d’ora?». Stefano Bollani, ex-giovane (ha 42 anni), arruffati capelli neri domati in un codino, una folta barba, da 25 anni suona-compone-cantapresenta- racconta fuori dalla rete delle convenzioni e dei generi che ha piegato in un percorso non comune: pianista jazz, è stato 30 settimane in classifica con un disco inciso con la Gewandhausorchester di Lipsia diretta da Chailly (nel 2010), è diventato un fenomeno portando musiche mai ascoltate in tv con Sostiene Bollani (nel 2011), ha suonato in un disco di Baglioni, duettato con Chick Corea, suona in questi giorni con Hamilton de Holanda, ha fatto radio ( Dottor Djembè su Radio3), ha preparato il nuovo album con Mark Turner e Bill Frisell che uscirà in agosto e intanto si è preso, come
dice, «una boccata d’aria un po’ folle». Per la prima volta va in scena in uno spettacolo teatrale, La regina Dada, atteso il 27 luglio al Mittelfest di Cividale del Friuli, accanto a celebrità come Jan Fabre o la grande compositrice Sofija Gubajdulina.
Il testo lo ha scritto e lo interpreta con Valentina Cenni attrice, danzatrice (in Fuochi di Bach con il musicista Enrico Melozzi balla col fuoco): ad unirli oltre l’amore, la passione per le cose “diverse”. «Ci piaceva l’idea di una storia dove a parlare più che un personaggio fosse una interiorità, una coscienza, una che si sente costretta nella gabbia delle convenzioni, della felicità a tutti i costi, dell’obbligo di pensare al futuro quando non esiste nemmeno il presente...», dice lei. «È una storia immaginaria gioiosa e leggiadra, fatta di invenzioni poetiche – dice lui – Un regalo che ci siamo fatti, perché ci autoproduciamo e sono contento perché paghiamo tutti e tutti sono felici. Anche perché pensavamo di tenere un profilo basso ma ci siamo viziati da subito».
In che senso?
«Abbiamo coinvolto altri artisti di vaglia, Luigi Biondi che ha creato una “pittura della luce”, Francesco Giomi e l’associazione Tempo Reale per la dimensione sonora, una interazione fra voce, strumenti, elettronica, Emiliano Masala che ci dà una mano come occhio esterno perché non c’è regista. Valentina è la regina Dada che dialoga con se stessa in una casa popolata di fantasmi, frutto della sua immaginazione, che poi sono io. In scena sarò sempre mascherato, trasfigurato in un coniglietto, un panda, una gamba, in un suono e perfino nel dio Pan, incavolato per quello che da 5mila anni sta vedendo
sulla terra».
E il Bollani musicista che conosciamo dov’è?
«Non c’è. Ci sono musiche mie, ma registrate».
Le piace recitare?
«La novità è proprio questa: faccio l’attore. Scrivere, ho sempre scritto. Ma salire in scena... Anche perché qui non c’è un personaggio, come fosse Cechov, devo dar corpo a pensieri, apparizioni. Ma proviamo, mi son detto. E con Valentina da tempo volevamo scrivere qualcosa che riflettesse sul presente».
Per dire cosa?
«Le cose che contano. Non parlare dell’attualità, ma del presente che ci sta dentro. Per me questo spettacolo è un viaggio sciamanico nel passato, presente, futuro, vita, morte, nascita, religioni. Parafrasando Aldous Huxley: “come il nostro pianeta anche la nostra mente ha ancora le sue terre non registrate dalle carte geografiche” e noi proviamo a esplorarle».
Perché quel nome, Regina Dada?
«Non c’entrano le fiabe. È una donna “regina” nel proprio mondo immaginario e dada perché è una mia passione dall’adolescenza quando già mi piaceva chi rompeva le convenzioni. Tristan Tzara, il teatro dada ci hanno molto ispirato insieme a Profumo di Jitterbug il romanzo di Tom Robbins. Gli abbiamo perfino scritto, se aveva testi teatrali, ma ci ha risposto che a 80 anni non vuole debuttare in teatro. Così abbiamo scritto noi, evitando quello che non ci piace».
Cosa, per esempio?
«Come tanti ho amato spettacoli, libri, film dove veniva detto cosa è bene e cosa male. Ora mi hanno stancato. Sono passato ad artisti più fantasiosi: Cortàzar, Casares, Queneau, Calvino, i surrealisti... Artisti che mi parlano d’altro, non di un personaggio con cui mi devo identificare. Non voglio passare la vita a piangere emozioni di altri».
La pensa così anche quando scrive musica?
«Sì, in musica i miei riferimenti sono stati Stravinsky, Satie, Ravel, Debussy, artisti che stavano gomito a gomito con Picasso, Buñuel, artisti partiti dalla classicità che hanno poi trasfigurato come hanno fatto anche Prokofiev, Frank Zappa, Joao Gilberto... A me piacciono quelli che smontano».
A teatro chi “smonta” secondo lei?
«I cani sciolti, Paolo Poli, Antonio Rezza e, se ci fosse ancora, Carmelo Bene. L’attore che occupa la scena non per interpretare».
Paura del debutto?
«Per fortuna ho dei concerti prima del debutto e al pianoforte non ho tempo di indugiare sull’emozione ».