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 2014  luglio 22 Martedì calendario

I VERI CONTI DELLA CAMERA: MACCHÉ TAGLI, I COSTI SALGONO


Laura Boldrini celebrerà in queste ore alla Camera dei deputati i grandi risparmi per le finanze pubbliche che avrebbe ottenuto da quando è in carica. Avviso ai lettori: sarà propaganda, perché nel bilancio dell’assemblea di Montecitorio non ci sarà nemmeno un centesimo di risparmio. Anzi. I numeri contenuti negli stessi documenti che vengono sottoposti al voto dell’aula il bilancio consuntivo 2013 e quello di previsione per il triennio 2014-2016 dicono l’esatto contrario. La spesa totale della Camera nel 2013 è stata di un miliardo e 32 milioni di euro, la più alta al mondo nella classifica di analoghe assemblee elettive. Nel 2014 la spesa aumenterà di 5 milioni. Il totale previsto è un miliardo e 37 milioni di euro. L’anno successivo altro aumento di 3,7 milioni. A fine 2016 si arriverà a un miliardo, 43 milioni e 275 mila euro.
Qualche taglietto riguarda la voce più sensibile per l’opinione pubblica: il capitol che mette insieme indennità parlamentare (che non verrà toccata nel triennio) ai copiosi rimborsi spesa che i parlamentari percepiscono. Si sono spesi 146,5 milioni nel 2013, se ne spenderanno un po’ meno nel 2014: 145,23. Altra piccola limatura nel 2015, quando si scenderà a 145,05. La riduzione è davvero impercettibile (-0,87% nel 2014), ed è motivata da una sola scelta: la modifica del rimborso di spese telefoniche per i deputati. Tradizionalmente si assegnava a forfait a ciascuno un plafond annuale di 3.100 euro, che non teneva conto della caduta delle tariffe di telefonia fissa e mobile che in questi anni grazie all’apertura della concorrenza si era registrata. La Camera ha pensato di comprare una scheda telefonica per ciascun deputato, ma loro si sono rifiutati di cambiare gestore di fiducia. Si è così deciso di dare a ciascuno un rimborso annuo di 1200 euro, consentendo di tenersi il contratto di telefonia mobile che preferivano. Ma con 100 euro al mese qualsiasi gestore telefonico consente telefonate, sms e navigazione Internet illimitata e probabilmente offrirebbe anche il capuccino ogni mattino.
Nessuna limatura nel 2016, anno in cui questo capitolo di spesa sarà identico all’anno precedente. In compenso cresce la spesa per le pensioni e i vitalizi degli ex. Ed è strano, perché è un capitolo che avrebbe dovuto portare risparmi sulla base delle nuove regole. Invece gli ex deputati costavano 139 milioni a fine 2013, costeranno quest’anno 140,8 milioni, l’anno prossimo 140,97 milioni e nel 2016 ancora di più: 141,6 milioni. A scendere sarà invece la spesa per il personale in servizio (unico settore dove si vedono tagli reali), con un risparmio di poco inferiore ai 14 milioni di euro fra il 2013 e il 2016 (da 269,03 a 255,29 milioni di euro). In compenso anche per il personale aumenterà la spesa per pensioni, di oltre 30 milioni di euro (quindi anche sul settore dipendenti complessivamente non ci sarà alcun risparmio). Nel capitolo delle spese generali si riducono di qualcosa quelle per acquisto di beni e servizi (di 5 milioni quest’anno e poi di altri 14 milioni nel prossimo biennio), e pure le tasse che paga la Camera dei deputati, uno dei rari soggetti di imposta italiani a vedere ridurre la pressione fiscale complessiva (ma è una partita di giro, quindi per il contribuente italiano non cambia proprio nulla).
La principale e vera riduzione di spesa della Camera dovrebbe riguardare i celebri contratti di affitto stipulati con la Milano ‘90 di Sergio Scarpellini. La Boldrini e I suoi questori avevano annunciato la disdetta dei cosiddetti “contratti d’oro”, poi non hanno avuto il coraggio di farlo e di fatto lasciano la responsabilità della decisione al voto d’aula. Ma nella relazione al bilancio di previsione 2014 mettono le mani avanti: attenti perchè non è affatto detto che quella disdetta sia regolare. Potremmo dovere pagare dei risarcimenti a Scarpellini per la risoluzione anticipata dei contratti, e anche il decreto governativo cui ci appigliamo per chiudere subito quegli affitti, potrebbe essere dichiarato incostituzionale dalla Corte suprema. E poi, attenzione: «Non può non essere considerata la ricaduta che il recesso produrrebbe sui livelli occupazionali di 200 addetti, la cui sorte insieme a quella delle rispettive famiglie, non può certo lasciare indifferenti». Traduzione: quell’unico risparmio immaginato, non ci sarà. Amen.