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 2014  luglio 22 Martedì calendario

ODE AL SERPENTONE, NASTRO TRASPORTATORE DELLE NOTIZIE

Ci pensi mai al “serpentone” (rosso o nero o grigio) delle notizie, lui che scorre come fiume rettilineo sotto le facce incravattate dei conduttori o gli orecchini mossi dal vento delle inviate, e ancora sta lì a compendio dei paesaggi dell’informazione giornalistica d’ogni messa in onda? Mi piacerebbe che perfino questo mai-citato mezzo di comunicazione delle notizie fosse finalmente riconosciuto e acclamato in tutta la sua pienezza, in tutta la sua evidenza; assodato che, perfino a dispetto della sensazione iniziale di un possibile elemento di disturbo visivo, appartiene ormai al racconto del flusso televisivo in modo insopprimibile, ormai quasi un “classico”.
C’era anche ieri mattina sotto la barba di Giuliano Ferrara in collegamento dalla redazione del suo Foglio (a proposito: era proprio un crocifisso – da aula scolastica o di giustizia – quello che appariva sullo sfondo accanto al ritratto di Ratzinger e alla finestra affacciata sul lungotevere?) lì ad Agorà, su Raitre, come compendio e perfino come menu, e c’era in contemporanea anche a Omnibus, su La7: proprio un altro bel serpentone-titolo dove si poteva leggere “Gaza: 500 morti – L’Europa tace”, ovvero quando un semplice dato si accompagna a un’implicita denuncia; c’è quindi da immaginare che non siano poi così anodini questi “nastri trasportatori” le notizie, l’agenda, la “road map” (terribile espressione) della giornata geopolitica…
E che orgasmo quando appaiono i refusi più straordinari, quando c’è modo di scoprire che in regia devono essersi fatti una canna altrimenti non avrebbero scambiato il poeta Edoardo Sanguineti con il critico cinematografico Tatti Sanguineti, senza contare che sempre più spesso (e volentieri) quel nostro serpentone diventa la sede ideale di una sorta di “interattività” con il pubblico a casa: penso agli sms o anche ai tweet che, sebbene controllati per evitare che d’improvviso scorra un bel “#vaffanculo” o peggio ancora troneggi un gran “#suca”, piovono come segno di attenzione, di fidelizzazione, come illusione di partecipazione, e c’è quasi un senso di lutto quando il proprio messaggio fugge via dalla pubblica visione.
Mi sembra ieri, l’11 settembre del 2011, che il serpentone dell’americana CNN mostrava “America under attack”, lo ricordate, no? E che stupore iniziale quando il Tg2 decise che il serpentone sarebbe diventato una prerogativa grafica del proprio flusso di news, quasi lo stesso stupore che prese ad accompagnare i tifosi quando il nome dello sponsor iniziò a campeggiare sul petto delle maglie, senza contare il nome del campione stampato sullo schiena. Bizzarro per una civiltà che fino a ieri si diceva avesse deciso di abbandonare la dimensione gutemberghiana a favore del messaggio unicamente visivo, o sbaglio?
E non abbiamo ancora detto di SkyTg24, che è poi l’apoteosi dei serpentoni, messo lì a scorrere quasi a voler far concorrenza al serpentone “en plein air” di Time Square dove appaiono i dati della borsa di Wall Street.
Fulvio Abbate, il Fatto Quotidiano 22/7/2014