Fabrizio d’Esposito, il Fatto Quotidiano 22/7/2014, 22 luglio 2014
NUOVO SPORT: LANCIO DELL’EMENDAMENTO
Il primo tomo, di colore bianco, è di 842 pagine. Il secondo un po’ di più, 868. Totale, almeno tre chili di carta sul banco di ogni senatore. Al punto che il bersaniano Federico Fornaro si avvicina a Franco Carraro di Forza Italia e, memore dei trascorsi sportivi dell’azzurro, propone: “Bisognerebbe istituire una nuova disciplina olimpica: il lancio dell’emendamento”. Gli emendamenti alla riforma Boschi-Verdini sono davvero tanti, migliaia e migliaia, e riescono a rallentare la marcia dei tacchini-senatori che devono votare a tappe forzate la loro abolizione. In realtà, dalle parti dei frondisti del Pd, raccontano con sarcasmo che “Grasso sta gestendo malissimo l’aula e di questo passo non si finirà mai”. In questo senso: “Fa parlare tutti, anche quando non dovrebbero”. Rispetto a una settimana fa, Palazzo Madama è sempre triste. La possente vetustà del Senato è un sonnifero per tutti. Certo, c’è una battaglia in corso. Ma alla moviola. Il Transatlantico, quando i lavori riprendono alle 16, continua a essere deserto. Corradino Mineo, simbolo dei ribelli anti-renziani del Pd tiene banco con i cronisti: “Tra di noi ho contato tredici interventi molto critici durante la discussione generale. Altri non hanno parlato. Siamo almeno una ventina”. Arriva Felice Casson, giudice gentiluomo, altro frondista di rango: “Quando toccherà agli emendamenti sui diritti delle persone scatterà il voto segreto e tutto è possibile”. Mineo rilancia: “Io invece voglio vedere i colleghi bersaniani votare pubblicamente per la non elettività del Senato. Con quel voto avranno chiuso, sarà la loro tomba”. Ancora Casson: “Stiamo girando per le feste dell’Unità in tutta Italia e la maggioranza dei nostri vuole il Senato elettivo”.
L’attesa per l’Incidente, con la maiuscola, in grado di far saltare in aria i piani del premier frettoloso, è come quella per Godot o i Tartari e in ogni caso, specificano i frondisti democratici, “è una battaglia sui contenuti, non come per i berlusconiani, alcuni di loro, dopo la sentenza su Ruby, sono già rientrati all’ovile”. Anche Renzi ci ha provato in tutti i modi con i suoi ribelli. Promettendo un posto nella futura Camera dei deputati. Ed è per questo che il numero degli onorevoli, nella riforma, è rimasto a 630. Lo rivela Mineo: “In un’assemblea si è rivolto a me e a Tocci così: ‘Corradino, Walter che vi frega del Senato? La Camera diventerà l’unico ramo politico del Parlamento e c’è posto per tutti’. A quel punto Tocci ha fatto il classico gesto di chi dice che andrà via, che non si ricandiderà (Mineo lo mima, ndr) e Renzi, più serio, l’ha chiusa così: ‘Vorrà dire che convinceremo il senatore Tocci’”.
Il capannello dei frondisti diventa trasversale. Passa il forzista Minzolini, che comunque resta un dissidente, e poi il grillino Buccarella che prende Casson per un braccio e si apparta con lui. L’obiettivo resta sempre quello di non far raggiungere a Renzi i due terzi dei voti necessari costituzionalmente. Poi c’è da capire quando capiterà l’Incidente, sempre con la maiuscola, che ammazza tutto. Si punta sull’elezione diretta del capo dello Stato, proposta da Casini e che servirebbe a bilanciare, come in un Consolato, lo strapotere del premier. Oppure la riduzione dei deputati a 500. Il Senato è convocato mattina, pomeriggio e sera, da qui a giovedì. Orari: 9.30-14 e 16-22.
Il ritmo da moviola di Palazzo Madama ha un sussulto. Passa la Boschi, scortata dal fedelissimo Scalfarotto, che non la lascia mai. Altro dialogo, stavolta anonimo, dalla fronda del Pd: “Ma tu l’hai sentita in aula?”. Risposta: “Imbarazzante”. Lei, il ministro delle Riforme, sorride sempre. Pure quando va alla buvette e poi torna indietro, verso l’aula. La giostra degli emendamenti è cominciata con quelli ai primi due articoli del testo di riforma (gli articoli in tutto sono 40) e i senatori si allenano con i due tomi bianchi dal peso, complessivo, di tre chili. Migliaia di queste modifiche sono meri pretesti per fare ostruzionismo. Tipo decine di emendamenti che propongono: “Il Senato è composto da 320 persone”, “Il Senato è composto da 319 persone”, “Il Senato è composto da 318 persone”, e così via.
La palma della genialità va a otto del centrodestra: D’Anna, Minzolini, Compagnone, Longo, Bruni, Bonfrisco, Milo e Tarquinio. Anche per loro decine di emendamenti che chiedono di cambiare nome alla Camera dei deputati nei seguenti modi: Curia degli eletti, Corte Nazionale, Corte dei rappresentanti, Coorte degli eletti, Bulè nazionale, Congregazione nazionale, Congregazione degli eletti, Corporazione degli eletti, Gilda, Adunanza, Assise, Duma. Finanche una sublime Ecclesia degli eletti. Il renzismo che diventa teocrazia e divinizza la supercazzola. Anzi, Matteocrazia, per la precisione.
Fabrizio d’Esposito, il Fatto Quotidiano 22/7/2014