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 2014  luglio 22 Martedì calendario

SCUFFET, C’È CHI DICE NO

Mettendo insieme «C’è chi dice di no» di Vasco Rossi e «Qualcosa di grande» dei Lùna­ pop di Cesare Cremonini si possono sintetiz­ zare gli ultimi giorni di Simone Scuffet, por­ tiere diciottenne dell’Udinese che ama musi­ ca e testi di due dei cantautori più seguiti dai giovani. Da «C’è chi dice no» parte la storia del grande rifiuto all’Atletico Madrid. «Ho scelto io di restare all’Udinese, credo che sia la decisione migliore per la mia crescita pro­ fessionale». Simone Scuffet passa il pri­ Fare chiarezza mo esame di maturità nella sua prima confe­ renza nella sala apposita del club, dove di so­ lito siede l’allenatore o dove si annunciano i grandi eventi. Quello programmato alle 15 di un pomeriggio tutt’altro che estivo, nella mezza giornata di riposo concessa da Andrea Stramaccioni ai suoi ragazzi, è un grande evento. Perché si fa chiarezza su una storia che ha messo in moto tv e giornali di Italia e Spagna, che ha scon­ quassato la tranquillità di una famiglia semplice e umile, che difende con fermezza la pri­ vacy e la serenità della villet­ ta di Remanzacco. Una sto­ ria che poteva dare l’enne­ simo scossone negativo al disastrato calcio italiano che perde talenti (l’ultimo Immobile, dopo Borini, Donati, Fausto Rossi, Cal­ dirola, per citare quelli ap­ prodati in club di Premier, Liga e Bundesliga dalle Un­ der azzurre) e credibilità. Ma c’è chi dice di no e urla a gran voce «Io non mi muovo». È Simone Scuffet che ha dato ascolto, come è giusto, più ai genitori che agli amici di scuo­ la: «Loro mi dicevano che dovevo andare. Io ho preferito così. Mi sono sentito di stare a Udine, credo sia la scelta giusta, il posto mi­ gliore per crescere professionalmente. Non ho parlato neppure con i compagni dell’Udi­ nese perché loro in questa vicenda non c’en­ travano, non mi sembrava il caso. Ma l’ho fat­ to con le persone più vicine: papà Fabrizio, mamma Donatella (che ieri hanno respinto l’ennesimo assalto dei cronisti davanti a casa ndr), il mio procuratore (Claudio Vagheggi ndr), la mia fidanzata Elisa (da cui è corso subito, ndr), sì pure lei. Ma prima di tutto la società. Un club che nei giovani crede, li fa crescere, li valorizza. L’Udinese è così». Simone Scuffet ricorda tanto Dino Zoff, friulano di Mariano, nei modi, negli atteggiamenti, nei silenzi, nell’essere schivo e riservato, nello stare da­ vanti alla porta: concretezza e per sonalità, zero conces­ sioni allo s p e t t a c o ­ lo. E da­ vanti ai mali del calcio italiano dice: «Qualcosa è accaduto, questo è pale­ se. Credo che si debba la­ vorare più con i giovani, ma mi sembra lo si stia fa­ cendo. Per gli altri club non decido io».
Che ci sia Qualcosa di grande qualcosa di grande tra Scuffet e l’Udinese si percepisce quando gli viene fatto notare l’amore dei tifosi che ne ha fatto un idolo come Totò Di Natale (alla bella presentazione in piazza Libertà davanti a 2 mila persone è stato il più applaudito): «Mi hanno fatto sentire importante, Ho sentito un affetto che non mi aspettavo. Vuol dire che sono apprezzato. L’amore per colori e maglia è qualcosa di grande. Mi dicevano: “Devi restare”. Significa che mi sto impe­ gnando e darò tutto per dimostrare il mio va­ lore, l’impatto con Stramaccioni è stato otti­ mo». Simone ad Arta Terme dovrà lavorare per restare titolare nell’Udinese. Ha rinun­ ciato ai soldoni dell’Atletico (900 mila euro, contro i 300 mila che percepisce), in stile Di Natale che nell’estate del 2010 disse no ai mi­ lioni della Juve. Ma, al contrario di Totò, ina­ movibile («Sarebbe bello ripercorrere la sua carriera»), Simone non è certo che la favola cominciata il 1° febbraio a Bologna, grazie al­ l’intuizione di Francesco Gui­ dolin («Non l’ho più sentito, ma lo vedrò qui, merita la panchina della Nazionale») continui. La concorrenza è forte e se Romo, Benussi, Ke­ lava e Meret (classe 1997, po­ tenziale fenomeno) non pos­ sono preoccuparlo, il serbo Brkic, titolare prima dell’in­ fortunio, e il greco Karnezis, in arrivo dal Granada, se non verrà piazzato prima, gli met­ tono pressione.
Quella pressione Serenità che l’Udinese vuol togliere a Simone, finito da cinque mesi al centro di un’attenzione mediatica pazze­ sca. «Le attenzioni cambiano le abitudini di un ragazzo che non era abituato, ma possono anche danneggiare l’interessato». Per questo l’Udinese, rappresentata anche ieri dall’im­ peccabile direttore sportivo Cristiano Giaret­ ta, in cravatta eccentrica verde, vuole proteg­ gere il portiere. «Ora lasciamolo tranquillo».
Giaretta ha ribadito che Scuffet non era stato impacchettato all’Atletico Madrid: «Anzi, sia­ mo orgogliosi della sua scelta. Non è giusto dire che era già tutto fatto. Non è la società che decide il destino di un calciatore». Infatti hanno deciso Simone e la famiglia. C’è chi dice no. Perché c’è qualcosa di grande tra Si­ mone e Udine.