Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 22 Martedì calendario

LA LEZIONE DI NIBALI: «HO SAPUTO ASPETTARE, NON SI PUO’ CORRERE CONTRO LE OMBRE»

Quale differenza con la tristezza alberghiera dell’Astana a Besançon. Qui, un castellotto in un grande parco pieno d’alberi secolari alternati a rose e oleandri, un grande prato verde con sedie all’ombra e perfino un buffet per la stampa. Giornata di Nibali: dopo una bella dormita, telefonata a casa, prima colazione, uscita in bici, pranzo, conferenza stampa, riposino, massaggi, cena, telefonata a casa, buona dormita. Da Lilla, lo guardo e lo ascolto tutti giorni e non riscontro variazioni di serenità.
Nemmeno il tono di voce cambia, quando racconta del piacere che gli fanno le bandiere italiane e siciliane sempre più frequenti sulle strada della corsa. «Sono fiero di sentirmi chiamare per nome anche dai francesi» dice senza fierezza. Figuriamoci se qualcuno non gli chiede se ha un messaggio per i più giovani che si accostano allo sport. «Vorrei dire questo, che bisogna sapere aspettare, come ho fatto io, senza pretendere di avere tutto subito. E poi bisogna circondarsi di persone sagge, corrette, giuste. Io ho avuto questa fortuna. E ho fatto un cammino molto lungo prima di raggiungere i miei sogni di ragazzino. Al mio secondo Tour sono arrivato settimo, a 1 minuto e mezzo dal podio, e ho capito che su quel podio ci potevo salire, migliorando ancora. E ci sono salito. Quest’anno sono partito sapendo di avere fatto una grande preparazione, sono partito senza complessi di inferiorità. A Sheffield prima che attaccassi io si era mosso Froome, e la sera di Sheffield mi sono convinto che sarebbe stata una sfida alla pari. Poi ci sono state le cadute che sapete, ma io non posso correre contro gli assenti e contro le ombre, quindi dico che gli avversari attuali sono fortissimi, che il Tour finisce a Parigi e che nelle tre tappe sui Pirenei, incidenti a parte, i pericoli per me verranno dalle fughe da lontano, ecco perché conto moltissimo sull’aiuto della squadra».
La tappa di oggi è la meno difficile ma la più lunga (237 km), dunque la più aperta alle fughe da lontano. Dura l’ultima salita, il Col de Balés, poi 20 chilometri di discesa sul traguardo. Domani la tappa più difficile, corta (124 km) ma con tre colli di prima categoria (Portillon, Peyresourde e Val Louron) prima dell’arrampicata finale a Pla d’Adet. Si chiude con sua maestà il Tourmalet (2.115 metri) che prelude alla sempre temuta salita verso Hautacam. Sia chiaro che queste previsioni sono basate sull’altimetria, perché bisognerà vedere chi ha ancora le energie per attaccare Nibali. Secondo me, nessuno, e intendo un attacco a fondo, non due scattini dimostrativi.
I Pirenei sono spesso teatro di gesta spagnole, ma Rodriguez ha per obiettivo la classifica degli scalatori ed è talmente fuori classifica che Nibali potrebbe dargli la libera uscita. Valverde fin qui ha corso in modo incomprensibile ai più, dunque anche a me, forse tenterà qualcosa ma al momento tra lui e Nibali in salita non c’è storia. Restano le legittime speranze di podio dei giovani francesi (Bardet, Pinot e il meno giovane Peraud) che dovranno guardarsi da Van Garderen, ma tra loro gli scarti sono così esigui da non richiedere grandi manovre da lontano, tanto più con una crono di 54 km all’orizzonte.
Tutto questo gioca a favore di Nibali. Che ha citato Leonardo da Vinci sull’importanza dei dettagli e ha preso tutti alla sprovvista. Per riavermi vado dall’uomo dei dettagli, Paolo Slongo. Nato a Treviso, quarantadue anni, astemio atipico (niente vino e birra, solo liquori), l’aspetto pacioso del negoziante di fiducia (signora, sono due etti in più, lascio?). È uno che i due etti in più a Nibali non li lascia mai. Descrizione dell’atleta: 1.80x63,5 di peso forma, bradicardico, 32 battiti a riposo, 165/175 alla soglia, può arrivare a 192. PO2 max/kg 84/85, grossa cilindrata. È Slongo che bada alla preparazione atletica, all’alimentazione, che porta in auto Nibali dal traguardo all’albergo tutti i giorni, che ha registrato durata e intensità degli scatti di Froome e li ha riprodotti guidando uno scooter sul passo San Pellegrino, e Nibali doveva andare a riprenderlo.
Si conoscono dai tempi della nazionale juniores, dal 2001, ma la collaborazione ad personam è più recente, 2006. «Non sono state sempre rose e fiori. Vincenzo è un corridore d’istinto, un ragazzo che sa essere testardo, che non vuole rivedere le sue idee. Non capiva a cosa servissero certi test, ma il ciclismo è fatto anche di numeri. Non solo di quelli, perché senza metterci il cuore non si va da nessuna parte, ma anche di quelli. Non è un caso se tanti campioni negli ultimi anni si appoggiano a ricerche di università famose. Da quando Vincenzo sta attento ai dettagli, in corsa sbaglia meno, anche se sbagliare gli è servito. Un attacco fuori tempo come al Lombardia oggi non lo farebbe più. Agli inizi ci siamo scontrati, un giorno gli ho detto che poteva far le valigie e tornarsene a casa, siamo stati due giorni senza dirci una parola. Poi tutto si è aggiustato. Io ero un velocista solo discreto, più in là dei dilettanti non sono arrivato. Sono geometra e mi sono formato sul campo come preparatore arrivando al quarto livello della Scuola dello sport del Coni. Ho capito che non sarei mai diventato come Bugno, ma la passione è rimasta. E può sembrare strano, ma coltivo un’idea romantica del ciclismo. Vincenzo da anni è un campione che ama attaccare e sarebbe assurdo cambiarlo. Si trattava solo di lavorare per metterlo in condizione di attaccare meglio, con più profitto. L’istinto è dono che si può affinare, come si può migliorare l’allenamento fisico. Era tutto mirato per essere al cento per cento sul Tour. Non sono stupito né dalla serenità di Vincenzo né dall’autorevolezza con cui tiene la strada. Molti dicono che si è sbloccato a Sheffield, ma lei ha mai visto un vincitore di Vuelta e Giro piangere perché ha vinto il Campionato italiano? Io no. Vincenzo si è sbloccato quel giorno, non solo perché aveva vinto la maglia tricolore ma perché aveva capito che la strada era giusta e che davvero era in condizione di vincere il Tour». Se uno legge Le Monde è portato a pensare che al Tour tutti i corridori siano puliti e le sole prestazioni sospette provengano da Nibali. «Ho letto. Il dato temporale è esatto, la salita a Chamrousse è stata percorsa in 50’. Ma il tempo va interpretato. Loro lo calcolano come fosse una crono scalata, invece Vincenzo quel giorno ha corso spesso sulle ruote degli altri con un risparmio di almeno 20 watt. Il che riporta a valori fisiologicamente corretti: 349. Vincenzo è pulito da sempre, per l’educazione che ha ricevuto e per la mentalità che ha».