Fabio Scuto, la Repubblica 22/7/2014, 22 luglio 2014
NEL VENTRE DI GAZA, ECCO I TUNNEL DI HAMAS CHE HANNO SCATENATO IL FUOCO DI ISRAELE
La "filosofia" del tunnel venne spiegata così da Mohammed Deif, il capo delle brigate Ezzedin al Qassam ai suoi luogotenenti: «Se siamo come topi in trappola per il nemico, allora dobbiamo scavarci delle tane e usarle per attaccarlo». Il tunnel è diventato per Israele la minaccia principale che viene da Gaza perché la Striscia è stata scavata in questi anni in ogni senso e direzione. Dai tunnel sotto la sabbia spuntano le rampe di lancio dei missili puntati contro le città israeliane, dai tunnel partono le incursioni nelle aree immediatamente circostanti, talvolta – come ieri – vestiti con le divise dell’esercito israeliano, per colpire le fattorie e le prime zone abitate come Ofakim o Nahal, dove la “zona cuscinetto” dal lato palestinese è larga soltanto trecento metri. A questo è servita l’azione di terra dell’esercito israeliano nel nord della Striscia, dove tra sabato e domenica dopo un bombardamento a tappeto su un fronte di cinque chilometri che ha provocato la strage di civili nella zona di Shajaya, gli uomini della Brigata Golani e quelli del Genio hanno cercato di avanzare, non per conquistare terreno ma alla caccia dei tunnel usati dai miliziani di Hamas. Per migliaia di persone l’unico scopo e lavoro nella vita a Gaza è quello di scavare, sempre di notte. Senza mezzi meccanici ma con pala e piccone.
Il lavoro degli scavatori può durare mesi, tre o quattro in media, con un costo enorme. Anche di vite umane, perché il terreno è sabbioso, cede con facilità e va “incamiciato” di cemento man mano che si avanza.
Durante le ultime 24 ore ne sono stati scoperti e fatti esplodere 13 dall’esercito israeliano ma ogni tratto di terreno può nasconderne altri, che spesso hanno un’unica entrata ma poi si dipanano per centinaia di metri — alcuni per chilometri — in altri tre-quattro bracci. Ci sono tre tipi di tunnel a Gaza, quelli del contrabbando lungo i 13 chilometri di frontiera con l’Egitto — da dove per anni sono passate non solo le armi e i missili destinati alle formazioni combattenti generosamente donati dalla Siria, ma anche generi di prima necessità che poi finivano nei market, cemento, macchine rubate in Egitto, pannolini, patatine, frigo e lavatrici. Poi ci sono quelli per il lancio dei missili occultati con una baracca o un pollaio: una sela
zione si apre meccanicamente e dopo la partenza del razzo si richiude. Un minuto dopo il lancio tutto torna come prima. Ci sono quelli “offensivi” lungo i 37 chilometri di confine con Israele e poi le “gallerie strategiche”, sono quelle scavate sotto Gaza City e Khan Yunis destinate ad accogliere lo stato maggiore di Hamas durante i periodi di crisi. Al primo colpo, i boss islamici scompaiono inghiotti da questi rifugi, dotati di aria condizionata, tv, mezzi di comunicazione criptati, alloggi, cucine e dispense per i viveri. I dirigenti islamisti e i loro pretoriani possono stare per mesi sottoterra senza mai emergere, senza mai mettere in gioco la loro vita, abbandonando la popolazione civile in superficie al suo destino. Sotto la città di Gaza c’è addirittura un ospedale dove vengono curati i miliziani feriti, che non vengono portati mai in quelli civili. Dei quattordici container di aiuti e medicinali passati la scorsa settimana dal valico di Rafah donati dall’Egitto, solo sei sono arrivati alla popolazione civile. Il resto ha preso altre strade, inghiottito nel ventre della città sotto la città. Chi milita in Hamas o nella Jihad non subisce certo le privazioni imposte invece alla gente di Gaza.
Il “progetto” tunnel è organizzato e calcolato e non c’è spazio per il “fai da te”. È coordinato tra tutte le fazioni militari e comprende anche la registrazione di tutte le gallerie che attraversano la Striscia, le direzioni, gli ingressi e la destinazione per la quale sono stati costruiti. L’Idf pagherebbe oro per mettere le mani su queste mappe, perché i rilevatori di presenza umana, i sensori per cogliere rumori da sotto il terreno, non sono efficaci alla profondità con cui sono scavati che
in media è di 27 metri. Quando la galleria viene scavata in direzione del confine con Israele, i responsabili di Hamas notificano al proprietario che ci sono dei “lavori in corso” e che potrebbe anche essere ricompensato per il suo disturbo. La terra in superficie appartiene a lui, il terreno sotto è sotto la responsabilità delle fazioni militari. Così alcuni proprietari sanno che c’è un tunnel sotto le loro terre ma non sanno dove. Da questi spuntano gli “incursori” di Hamas. All’inizio dell’operazione “Protective Edge” l’esercito israeliano ha provato a distruggere con le bombe ad alta penetrazione questi tunnel, ma dopo che 13 miliziani hanno tentato di infiltrarsi nel kibbutz di Sufa la scorsa settimana è stata decisa l’operazione di terra con lo scopo di allargarli prima e farli esplodere dopo. Ma i “topi” di Gaza sono già al lavoro su altri percorsi.