Andrea Scanzi, Il Fatto Quotidiano 20/7/2014, 20 luglio 2014
MOCCIA, TRE METRI SOPRA ANCAPRI
Desideroso di ritrovare l’attenzione perduta, il mai granché innovativo Federico Moccia ha rispolverato il catalogo d’ordinanza e dunque il pezzo forte della sua bigiotteria letteraria: la piaga del lucchetto. Giovedì era ospite ad Anacapri, all’interno di un simposio oltremodo affascinante: “Scusa ma parliamo d’amore, io e te tre metri sopra il mare”. Qualcosa a metà strada tra un titolo debole di Lina Wertmüller e l’sms compulsivo di un adolescente ormonalmente scosso.
Moccia, 51 anni e milioni di copie vendute come se piovesse, doveva inaugurare il nuovo pontile degli innamorati. Un rituale laico già avvenuto altrove, a Ponte Vecchio come soprattutto a Ponte Milvio. Un parossismo di ferraglia innamorata che trae ispirazione dalla scena madre di Ho voglia di te, quella in cui Riccardo Scamarcio e Laura Chiatti scrivono i loro nomi su un lucchetto e poi gettano la chiave nel Tevere. Il metasignificato del gesto è chiaro, “l’amore è eterno” e altre amenità di sorta.
PIÙ ESPLICITA ancora la portata educativa della moda sdoganata da Moccia e abbracciata da migliaia di adolescenti, in Italia come in Francia, in Spagna (dove Tre metri sopra il cielo ha venduto più di due milioni di copie) come negli Stati Uniti: “ama e fottitene dell’inquinamento”. Comprensibile, anche se forse un po’ pedante agli occhi dei fans dell’intellettuale Moccia, il fastidio di Lega Ambiente. La quale, sorda al romanticismo degli amorosi sensi lucchettati, ha tuonato: “Lo scrittore Federico Moccia invita a gettare chiavi nelle acque cristalline di Capri per farsi pubblicità a una sua impresa commerciale: un vero scivolone di stile ed educazione (..) L’invito a riempire una ringhiera accanto al mare della Grotta Azzurra e poi gettare le chiavi a mare, per evocare ‘tre metri sopra il cielo’, Federico Moccia se lo poteva assolutamente risparmiare! (...) Forse dovrebbe in primis imparare a rispettare i luoghi e per il suo grande seguito tra i giovani, essere più attento ai messaggi che lancia, perché di lanci il mare ne subisce anche troppi!”.
Il declino del genere umano si intuisce anche dalle piccole cose, compreso un Moccia intellettuale lanciato a bomba contro la natura incontaminata (o quel che ne resta). Abituato al successo e dunque allergico all’anonimato, Moccia ha già raggiunto il suo scopo: attirare attenzione e dare, di nuovo, segno di sé. Fare il sindaco di Rosello (è stato eletto due anni fa) non può bastare e gli ultimi libri e film, per quanto fortunati, non hanno toccato gli apici dei (suoi) bei tempi. Figlio di Giuseppe in arte “Pi-polo”, Moccia griderà ora una volta di più contro moralisti e tromboni, critica ottusa e snob di sinistra. Ha le sue ragioni: chi riesce a vendere così tanto, ancor più in un paese avaro di lettori come l’Italia, ha se non altro la capacità di impacchettare un prodotto efficace tanto in libreria quanto al cinema. Moccia conosce la fama come pure il fallimento: “Tre metri sopra il cielo” fu rifiutato da quasi tutti nel 1992 e per il boom di vendite toccò aspettare 12 anni.
AUTORE TELEVISIVO abile a crogiolarsi nel nazionalpopolare più disinvolto, Moccia esibisce nelle interviste la sicurezza dell’uomo che ha dalla sua parte il pubblico; il popolo; i gggiovani.
Uno dei suoi primi lavori, a 19 anni, fu quello di aiuto regista in Attila flagello di Dio. Trentadue anni dopo, ecco il capitolo secondo: “Federico supplizio di Anacapri. Più debole e raffazzonato, come quasi tutti i sequel.