Silvia Truzzi, Il Fatto Quotidiano 20/7/2014, 20 luglio 2014
“IO, I GAY, DELL’UTRI E QUANDO IL BARITONO VOLEVA STROZZARMI”
[Paolo Isotta] –
Chissà perché, attraversando il lunghissimo ingresso di un palazzo in collina, assieme al rumore dei passi, risuona l’eco di Elias Canetti: la musica che consola perché non ha bisogno di parole e la megalomania degli interpreti, i quali mentre interpretano si sentono più importanti dell’opera. Di tutto questo – di musica e non solo – parleremo con il padrone di casa; un signore, pensiamo sulle scale, che casomai avesse accesso al tuo iPod, ti caccerebbe fuori all’istante. Quando Paolo Isotta apre la porta, è difficile non ammutolire per la meraviglia degli enormi finestroni che si spalancano sul Golfo. Ma il cane Ciampa non intende farsi rubare la scena, saltella e abbaia finché non lo si considera come si deve. Squilla il cellulare, e naturalmente la suoneria è La gazza ladra di Rossini. Veniamo informati che dall’altra parte c’è “Ciro Visco, il maestro del coro dell’accademia di Santa Cecilia, napoletano pure lui, originario dell’Arenaccia. In Europa, con il direttore del coro della radio svedese, è il primo che c’è. Tre o quattr’anni fa, poteva risultare come un collaboratore, oggi il maestro Tony Pappano deve essere grato se Ciro Visco gli prepara il coro per un concerto”. Con Isotta, Visco fa parte dei dieci musicisti italiani che, visto l’abuso oggi fatto del titolo di Maestro, hanno sottoscritto un documento col quale proibiscono di attribuirlo loro: la lista è aperta da Riccardo Muti. Troviamo il padrone di casa intento a ultimare le bozze di un libro, La virtù dell’elefante, in uscita per Marsilio l’8 ottobre. “L’ultimo libro importante l’ho pubblicato 31 anni fa, dopodiché sono stato bloccato per tre decenni. Ho scritto libri più corti. Ma ogni volta che si trattava di fare un lavoro più importante, più impegnativo, mi mettevo a studiare, a raccogliere il materiale e non mi sentivo all’altezza. Perciò mi bloccavo. Le mie ossessioni si sintetizzavano in una frase di Borges, ‘Una foglia postula l’universo’. E al cospetto dell’universo mi arrendevo”.
Poi cos’è successo?
Il giorno della Madonna del Carmine del 2013, il 16 luglio, ho cominciato a scrivere ed evidentemente sono stato aiutato dalla Madonna perché ho cominciato ad accettare i miei limiti. È stato un miracolo. Anche se certo non posso chiedere ai lettori di accettare anche loro i miei limiti, posso solo affidarmi alla benevolenza. Allora ho scritto un libro che solo apparentemente è un memoir, in realtà racconta soprattutto gli incontri con le persone grandissime che ho avuto il privilegio d’incrociare nella mia vita. Non solamente i grandi del mondo della musica. Parlo molto di Napoli e delle mie somme passioni: Wagner, Virgilio, Alessandro Scarlatti. Il libro è stato rifiutato da sei editori, in parte per motivi politici. Alla fine uscirà per Marsilio , m’ha aiutato San Gennaro perché ho avuto modo di lavorare con ottimi professionisti. Un editore mi ha detto: una persona perbene non scrive di essere amico di Marcello Dell’Utri. Invece io sono amico, e fiero di esserlo, di Marcello quindi non posso accettare un discorso del genere.
Perché fiero?
È un uomo di enorme cultura, che io ho avuto modo di conoscere quando ha messo insieme quella straordinaria biblioteca che stava smobilitando per portarla a Santo Dominigo, prima dell’arresto.
Bisogna vedere come l’ha messa insieme questa biblioteca, se l’episodio dei Girolamini è isolato...
Sono molto amico dell’avvocato di Dell’Utri, Massimo Krogh, che è un socio del mio circolo: mi ha spiegato che le cose non sono così chiare.
Però la condanna a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa è un fatto non discutibile.
Certo, ma il concorso esterno è un reato impossibile. Marcello è stato perseguitato per decenni con un’accusa fumosa. Io penso sia innocente.
Tra i suoi amici c’è anche Piero Buscaroli?
Lo consideravo una sorta di fratello maggiore, perché mi ha insegnato delle cose. Nel 1976 avevo a Milano una relazione con una donna molto più grande di me. A un certo punto mi accorsi che la signora era una grandissima iettatrice. Decisi di rompere con lei, ma dovevo farlo con tatto: mai far arrabbiare lo iettatore, lo iettatore non va irritato. Bisogna esser cauti assai. Chiamai Piero al telefono, gli raccontai le mie angosce. Lui andò da Bologna a Milano in auto seduta stante. Le raccontò tutto, non ho mai capito perché.
Altre difficoltà con il libro?
Il dirigente di una super casa editrice mi ha detto: a noi non è piaciuto, ci aspettavamo saggi musicali alati, lei invece fa dei racconti sordidi. Ho ricordato com’era la mia città negli anni Sessanta, cos’era la vita di strada. A Napoli c’erano due cinematografi sotterranei che aprivano alle 11 del mattino. Ci andavano i ragazzi che facevano filone a scuola, tra cui io che ero un filonista di professione. Ci andavano anche ricchioni, femmenielli, marchettisti. Allora le cose più semplici si facevano al buio in sala, sulle sedie. Però le cose più complicate si andavano a fare nei cessi. La guardacessi era una vecchia, che stava sempre con la corona del rosario in mano. Arrivava ‘u marchettista col ricchione e lei faceva: ‘Salve, Regina, madre di misericordia... vai inta a seconda che è libera... Vita, dolcezza e speranza nostra, salve’. Vede, è difficile che un intellettuale, soprattutto se del Nord, riesca a collocare in un contesto storico questi aneddoti. Per loro sono solo cose zozze, e non documenti di costume. La vecchia che faceva per campare quel sordido ufficio, stava tutto il tempo con il rosario in mano: per me era una santa.
A proposito di omosessuali: lei ha recentemente scritto una lettera a Vittorio Feltri in cui si diceva contrario ai matrimoni gay.
Ecco, gay è la parola che non mi piace. Come ho scritto nella lettera a Vittorio, uno dei miei amici del cuore da una vita, si qualificano così i ricchioni piccolo-borghesi che cercano una consacrazione sociale e religiosa. Le confesso che per la mia mentalità questi che si fanno chiamare gay perché gay è un eufemismo, mi sembrano un po’ ridicoli.
Che pensa delle dichiarazione di Francesca Pascale?
E chi è?
La fidanzata di Berlusconi, è napoletana anche lei.
Non so chi sia, mi spiace. Comunque capisco che la società è cambiata. I diritti civili sono giusti. Vittorio, che è un ragionatore molto sottile, mi ha convinto a dire ‘sì, se vogliono riconoscere la loro unione, devono poterlo fare’. Ma a patto che si tratti di matrimonio civile e non religioso. C’è da dire che nella mia qualità di cattolico, non posso assolutamente concepire tra persone dello stesso sesso il matrimonio religioso che è un sacramento, di cui non si può dare un’interpretazione estensiva perché non è un contratto civile.
Nella lettera a Feltri racconta di essere stato molestato da un insegnante, “un intellettuale organico al Pci”.
No, è stato peggio. Quando da ragazzo capii che non avevo le qualità per fare il direttore d’orchestra , avevo bisogno di qualcuno che mi facesse da maestro per la musicologia, che in quegli anni era una materia molto nuova. Mi consigliarono un professore che ora è morto e che a quell’epoca stava a Parma. Ero un ragazzino carino e questo me lo voleva mettere in culo. Io non volli, lui mi disse: ‘Ti taglierò le gambe’. E lo fece, perché me lo trovai come commissario in due concorsi universitari. Un altro professore che respinsi mandò una lettera anonima ai miei genitori, che però riuscii a intercettare,doveliinvitavaasorvegliarmiperché‘ime-dici riescono a guarire le tendenze contro natura’.
Perché sostiene che gli amori omosessuali sono amori “carnali”? Vuol dire che quelli etero non lo sono?
Per come li concepisco io, gli amori omosessuali sono amori nei quali l’elemento affettivo non deve entrare. Però è evidente che è un mio modo di concepirli. L’eros è talmente variegato che c’è spazio per mille sfumature.
Il grande pubblico la conosce per gli articoli sul Corriere della Sera. Come sono i suoi rapporti con via Solferino?
Ferruccio de Bortoli è stato ed è un grande amico; ed è un grande direttore. Ricordo che durante la sua prima direzione, ero al Festival di Pasqua di Salisburgo e Claudio Abbado diresse un Tristano di Wagner vergognoso. Scrissi una stroncatura, motivata, e De Bortoli si vide arrivare questo articolo violentissimo contro un mammasantissima come Abbado. Una cosa che al direttore del Corriere provocava più fastidi che una crisi di governo. Non per la mia importanza, ma per una questione di rapporti. L’articolo uscì così com’era, senza una virgola cambiata. Ma conservo molta gratitudine anche verso altri direttori, a cominciare da Paolo Mieli che nel 1993 resistette agli attacchi di Abbado e Pollini per farmi fuori. Solo con Cavallari ho avuto cattivi rapporti, voleva cacciarmi. Per mesi proibì che si pubblicassero miei articoli per fare un piacere al suo amico Edilio Rusconi il quale mi odiava perché avevo preso in giro un libro ridicolo di una musicologa americana, che sosteneva che la musica di Alban Berg è ‘sexy’.
Ma con De Bortoli avete avuto un recente screzio.
È stato un equivoco, tutto risolto. A tavola. Ci sentiamo sempre, ci vogliamo bene.
Come stanno i teatri italiani?
Stéphane Lissner è stato oggettivamente un pessimo sovrintendente della Scala. Non parlo del profilo gestionale perché avrei bisogno di essere meglio documentato. Ma di quello artistico posso dire: la sua direzione è stata terribile. Ciò che è successo nel dopo Lissner però è stato ancora peggio. Questo Pereira ha fatto comprare alla Scala degli spettacoli da lui prodotti al Festival di Salisburgo, cose talmente di basso livello che a Salisburgo non li volevano più. Il consiglio d’amministrazione s’è riunito e ha deciso di mantenere Pereira in carica fino al 31 dicembre 2015. Ma i casi sono due: se Pereira è colpevole, bisogna mandarlo via. Se non lo è, non lo si può tenere a mezzo servizio: è uno specchietto per le allodole. In questa occasione il sindaco Pisapia ha dato dimostrazione di enorme viltà. Nell’imminenza del consiglio d’amministrazione che doveva decidere su Pereira, per rendere più facile a Pisapia una scelta che non lo esponesse all’accusa di farsi condizionare da me, gli ho mandato una lettera privata, consegnata pro manibus. Gli dicevo ‘ascolti il consiglio del decano della critica musicale europea. Ha l’opportunità di disfarsi di questo Pereira, approfitti dell’occasione, scelga un sovrintendente italiano. Che faccia il suo mestiere e nomini un direttore artistico capace’. Lissner, che era un maestro di bridge, oltre a fare il soprintendente ha voluto fare il direttore artistico. E ha preso Barenboim, che ha preso Gatti, il quale ha messo in scena l’incredibile disastro della Traviata dell’ultimo 7 dicembre.
Che cosa le ha risposto il sindaco?
Silenzio assoluto.
E gli altri teatri, come se la passano?
La Fenice funziona bene, ha un ottimo soprintendente, che ha fatto tutta la sua carriera a Venezia, è Cristiano Chiarot. Il più grande teatro italiano è quello dell’Opera di Roma, perché l’orchestra è passata per la cura Muti, direttore musicale del teatro. Chi dirige la Chicago Symphony Orchestra, la prima del mondo, pensa all’Opera di Roma e accetta i mille fastidi che nascono dall’esserne direttore musicale, lo fa perché è un italiano ed è fiero di esserlo. Con Riccardo da cinquant’anni siamo amici del cuore, per mille ragioni. Anche quella ch’è un uomo profondamente buono, latinista, ironicissimo! Alessio Vlad, poi, è un direttore artistico eccezionale. Anche il Petruzzelli di Bari funziona bene, perché c’è come soprintendente un altro dei miei amici del cuore, Massimo Biscardi.
Così però sembra un elenco di amici del cuore.
Ho la fortuna che i miei amici siano anche persone di grande valore.
Non ha menzionato il teatro della sua città.
Lasciamo perdere. Il San Carlo è la cosa al mondo che amo di più.
Ma no, parliamone invece.
Se dobbiamo, le dico che sono avvenute cose gravissime, che mi hanno spinto a chiedere al sindaco di rimuovere tutto l’attuale gruppo dirigente. È successo che nel mese di giugno sia stato rappresentato in forma di balletto il Requiem di Mozart. Ora, io non ho nulla contro il balletto, né lo ritengo una forma d’arte minore. Però ogni arte ha i suoi linguaggi: una composizione liturgica non può essere danzata. Poi la soprintendente ha deciso di installare nella Sala del Nicolini uno schermo per seguire i campionati di football.
I mondiali?
Sì, quando l’Italia è stata eliminata l’hanno spostato nel foyer: cambia poco. Il sol fatto che costei abbia potuto pensare di fare una cosa del genere fa piangere. Quando ho detto questa cosa a Muti credeva che lo stessi prendendo in giro. E mi ha confermato che lui, finché saranno al San Carlo queste persone, non ci metterà piede.
E Santa Cecilia?
Il direttore Pappano, che da tanti anni dirige un’importante istituzione culturale nel nostro Paese quasi non parla l’italiano. Ha fatto un Concerto per la libertà con il seguente programma: un’aria del Fidelio, il Prigioniero di Dallapiccola e terzo e quarto movimento della Nona sinfonia. Neanche tutta intera: un programma per minorati, ci mancava solo la Danza delle ore. Ma la verità è cheminoratoèchipensacheilpropriopubblicosia composto di minorati e propone una cosa simile. Pappano è un buon direttore, non è un direttore eccelso. La sua orchestra è una buona orchestra, ma non è eccelsa. Qualche mese fa ho dato un’intervista a Panorama in cui dicevo che l’Orchestra di Santa Cecilia si vanta di essere una delle prime al mondo. E commentavo che la cosa è risibile perché in Italia l’orchestra numero uno è quella del Teatro dell’Opera di Roma. Qualche giorno dopo dovevo andare a sentire un concerto a Santa Cecilia. Ho telefonato al sovrintendente Cagli per chiedere due biglietti. E lui mi ha risposto così: ‘Non posso, se tu vieni non garantisco della tua incolumità’. Naturalmente ci sono andato lo stesso.
È recidivo. Ha scritto di lei Pietrangelo Buttafuoco: “Fu severo col baritono Renato Bruson questi, incontratolo in un teatro, cercò seriamente di strozzarlo”.
Avevo scritto di questo Bruson, che vocalmente disistimo, una critica fondata. Lo vidi all’Arena di Verona e lui cercò davvero di strozzarmi: mi salvarono due attrezzisti. Ma sono vecchie storie, parliamo di queste più recenti. Cagli era mio amico da decenni. Come posso definire uno che proferisca una minaccia del genere? Comunque sono andato, dopo avergli consigliato di fare questi discorsi a sua sorella. Oltretutto tra i concerti di Santa Cecilia che ho ascoltato di recente, ce n’è stato uno diretto da un bravissimo maestro, Vladimir Jurowsky, del quale ho detto meraviglie. Così come feci l’anno scorso con una Sesta sinfonia di Mahler strepitosamente diretta da Michael Tilson Thomas. Non è colpa mia se Jurowsky e Tilson Thomas sono meglio di Pappano! Mica posso attaccare o ciuccio a’ddò vo’ o padrone.
Come si occupa della cultura la politica italiana?
Non se ne occupa. Da questo punto di vista ripetiamo sempre le stesse cose: da decenni discutiamo della detassazione dei contributi mecenatistici e non se n’è mai fatto nulla.
Che pensa del nuovo ministro ai Beni culturali Dario Franceschini?
Mi sembra un pulcino nella stoppa. Uno sventurato che sta in una realtà molto più grande di lui. Si vedrà che persona è quando, come sta per succedere, la legge demanderà a lui la scelta del sovrintendente della Scala.
In queste conversazioni abbiamo cercato di mettere in relazione lo stato di salute del Paese con l’attuale classe dirigente.
Nei decenni passati chi governava, chi accedeva al Parlamento e al governo, apparteneva a una élite. Oggi non è più così: tanto che negli ultimi tempi sono arrivato a rivalutare la Dc. È vero che aveva una gestione clientelare della res publica, però realizzava un sacco di cose. Ora è rimasta solo la gestione clientelare. La Dc poi aveva personalità di grande rilievo dal punto di vista culturale: Moro e Fanfani certamente. Ma anche tipi più modesti come Mariano Rumor che al cospetto di quelli di oggi sembra un gigante. Era un professore di lettere classiche, che sapeva il latino e il greco perfettamente: ora perfino il Papa quando parla latino sbaglia l’accento delle parole.
Lei ha espresso opinioni molto nette sul sistema scolastico italiano.
Ho cominciato a insegnare nel 1971, ho lasciato vent’anni fa. E ho assistito alla trasformazione del Conservatorio da istituto di rango universitario a scuola di massa perché se n’è aperto uno per provincia: ogni anno si sfornano decine di sventurati. Sabato scorso, a Spoleto, Muti ha parlato della crisi che attraversano le orchestre giovanili, che spesso sono molto qualificate ma faticano a lavorare. E Muti ha esposto un caso vergognoso. Le orchestre giovanili stanno alla fame e la Scala – siccome l’orchestra stabile in agosto fa le ferie – ha chiamato un’orchestra giovanile venezuelana, diretta da un soggetto, dalle pessime interpretazioni, che si chiama Dudamel. Sia fatta la volontà di Dio!