Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 20 Domenica calendario

LETTA DIVENTA IL FANTASMA DELLA CAMERA


Se l’onorevole Enrico Letta siederà su una superpoltrona a Bruxelles, alla Camera se ne accorgeranno in pochi. Se da premier era assente giustificato, in «missione» come tutti gli onorevoli con incarichi di governo, dopo le Idi di Renzi e il ribaltone lampo a Palazzo Chigi, a febbraio, Letta è assente e basta. Volatilizzato, via da quel posto pieno di amarezze, tra i colleghi passati in un lampo dalla fiducia al suo governo alla fiducia a quello del suo pugnalatore, Matteo Renzi. E dunque ecco che il tasso di assenze del deputato Enrico Letta, da marzo ad oggi, tocca livelli record. L’ex premier in questa legislatura - calcola il sito Openpolis - totalizza un misero 7,03% di presenze alle votazioni in aula (le assenze in commissione non contano), una percentuale di assenze del 27,69% e il 65% di missioni. Ma nelle settimane successive al ribaltone renziano i numeri si impennano rispetto alla media. Se a febbraio, ultimo mese in cui è ancora premier - le assenze sono solo del 13,86%%, a marzo, dopo l’umiliazione subita, Letta sparisce. La percentuale di votazioni a cui non partecipa schizza al 98,97%, praticamente un fantasma (però regolarmente stipendiato dalla Camera dei deputati). E ad aprile? Non va meglio, 92,36% di assenze. Lo si vede con più frequenza a l’Institut d’Etudes politiques di Parigi, chiamato per un ciclio di lezioni su Europa e populismi. A Parigi con moglie e figli va al cinema, anche al Parc des Princes per assistere a una partita del Paris Saint-Germain («Ibrahimovic è un giocatore eccezionale capace di calamitare su di sé l’attenzione di tutto lo stadio»), ma assicura, in quei giorni, che con i voli low cost fare Parigi-Roma è un attimo, e quindi «in mezzo alla settimana sono a Roma in Parlamento».
Magari non proprio tutte le settimane, e neppure a maggio, quando il tasso di assenze è del 53,27%, ancora tra i più alti del gruppo Pd alla Camera. Mentre a giugno sale un po’: 55,31% di assenze. Letta non si vede anche in votazioni importanti. Assente nel voto sul Decreto Cultura, assente sul Divorzio Breve, assente sul Jobs Act, assente sul Salva Roma, assente sull’Italicum, e via. Interventi in aula? L’ultimo è sulla fiducia al governo. Ma la fiducia al governo Letta, a dicembre dell’anno scorso...
È chiaro che Letta guarda altrove, lontano da Roma, all’Europa, a Bruxelles. Che respinge la Mogherini (che Renzi spinge con la tecnica del «promuovere per rimuovere») e invece vorrebbe proprio Letta, uno di loro. Non è un mistero, e anzi i vertici Ue hanno fatto capire di essere pronti a votarlo anche per lo scranno più alto, presidente del Consiglio Europeo. «Tutti sapevano da settimane che Enrico Letta avrebbe avuto buone possibilità se Renzi lo avesse proposto ma Renzi non lo ha voluto proporre e non è stato proposto» rivela l’europarlamentare Elmar Brok (Cdu), consigliere della Merkel. E lo stesso Herman Van Rompuy, attuale presidente del Consiglio europeo, ha proposto all’Italia la presidenza per Letta, nome su cui nel vertice dei leader del Ppe e tra i Paesi membri era emerso forte consenso. Lo vorrebbe pure il forzista Tajani, vicepresidente del Parlamento europeo: «Per quel ruolo serve una lunga esperienza internazionale e conoscenza delle persone. Niente contro la Mogherini, ma un ex premier sarebbe meglio». Tutti lo chiamano, ma Renzi non vuole, e dunque Letta resta a metà strada. Candidato non voluto a Bruxelles, deputato invisibile a Roma.