Federico Danesi, Libero 20/7/2014, 20 luglio 2014
LO STIPENDIO DELLO SQUALO PER «RE SOLE NIBALÌ» È UN GIALLO CHE VALE ORO
RISOUL (FRANCIA) A fine Tour ci saranno almeno 450 mila motivi in più per festeggiare, quelli che ASO (l’organizzazione della Grande Boucle) destina al vincitore. E se, come logica dice, dovesse essere Vincenzo Nibali, finiranno tutti nella cassa comune dell’Astana, non per strani meccanismi tutti kazaki ma semplicemente perché funziona così. Il vincitore divide, qui come al Giro e alla Vuelta, con il resto del suo gruppo, ché tanto ha di che battere cassa da lì in poi e vivere di rendita.
In fondo nel ciclismo d’oggi Nibali è già il più pagato di tutti, perché ha saputo subodorare l’aria in tempo (in questo perfettamente assistito dai fratelli Carera che curano la sua immagine come quella di molti altri, da Aru a Cunego passando per Ulissi, Moser e Pozzato). Due anni fa dopo la decisione del «signor» Liquigas di salutare la compagnia, quello che era uno squadrone è andato via via perdendo pezzi e soldi tanto che a fine stagione la Cannondale confluirà con la Garmin e d’italiano nel Pro Tour resterà solo una parte della Lampre. Non è stato solo questo a spingere il messinese verso la squadra gestita da Alexandre Vinokourov che sul tavolo può mettere i soldi e gli appoggi del governo kazako, ma ha certamente pesato l’ingaggio in arrivo da Est.
Facendogli due conti in tasca senza che nessuno si offenda, a fine 2012 quando varcò il confine gli venne proposto un accordo di poco superiore ai 2 milioni, anche se allora Alberto Contador ne guadagnava 3,5 (ma lo spagnolo prima del fattaccio doping che l’ha visto coinvolto era arrivato a superare i 10 tra stipendi e sponsor). Oggi con un Giro d’Italia in bacheca e un Tour pronto da cogliere, Nibali fattura praticamente 4 milioni a stagione, con quello che gli versa la squadra e quanto gli arriva dagli sponsor. Molti sono legati a doppio filo all’Astana, come fornitori tecnici, da Specialized a Campagnolo, passando per Look e Oakley. Altri come l’abbigliamento marchiato Aeronautica Militare sono stati portati dall’anima italiana della squadra, quella contro cui Vinokourov e la sua cricca spesso si scontrano salvo poi tirare conti positivi a fine mese.
Tutti comunque hanno investito in Nibali, oltre che nel resto della squadra, e ora sono pronti a passare alla cassa. Perché avere il simbolo del Tour come uomo immagine paga e lo sanno tutti. Ne era perfettamente conscio Lance Armstrong che solo dalla sua attività professionale, tra stipendio della squadra e munifici sponsor arrivava a 22 milioni di dollari l’anno (circa 18 milioni di euro). Lo sanno bene anche gli altri che hanno vestito di giallo a Parigi, come Bradley Wiggins e Xchris Froome che hanno sfondato il tetto dei 2 milioni di euro. E persino Valverde, cheilTourselosognaeperil quale anche quest’anno rimarrà un incubo, che comunque alla Movistar strappa 2 milioni.
Stanno benissimo oggi, stavano bene anche un tempo, almeno quelli che hanno fatto la storia del pedale. Come Eddy Merkcx, genio in strada ma anche negli affari, capace preso di legare il suo nome anche alle bici sfondando abbondantemente quota 1 miliardo, mentre Coppi e Bartali si difendevano affatto male in un’Italia post bellica.
Nibali fatica e produce anche utili (agli sponsor). Ecco perché lui è un milionario mentre chi si affaccia oggi al ciclismo professionistico in Italia parte da un minimo di 29.370 euro in una squadra del Pro Tour e di 25.300 in una Professional. In fondo ci è passato anche il messinese che oggi sa far di conto e monetizza al meglio tanta fatica. Lo aveva richiamato ufficialmente, l’Astana, ad aprile. Ora quasi quasi dovrà ritoccargli lo stipendio.