Liana Milella, La Repubblica 20/7/2014, 20 luglio 2014
SEVERINO: LA MIA LEGGE NON C’ENTRA NULLA
BERLUSCONI assolto. È tutta “colpa”, o è anche “colpa”, della legge Severino? Lei, l’ex ministro della Giustizia che aveva ereditato dal predecessore Alfano la legge anti-corruzione e che dopo infinite polemiche l’ha condotta al voto (il 6 novembre 2012), si trincera dietro il silenzio, ma pensa che la sua legge non sia responsabile.
LO HA sempre fatto in questi anni, tutte le volte che è scoppiata la polemica sulle conseguenze della scissione in due differenti reati dell’originaria concussione, l’articolo 317 del codice penale. Che è rimasto al suo posto, ma ha “figliato” un secondo e distinto delitto, il 319-quater, l’induzione indebita a dare o promettere utilità. Qui è nata la polemica, perché s’è scritto che la riforma è precipitata come un boomerang sui processi in corso. Danneggiandoli. Ecco Penati assolto, perché l’induzione, punita meno gravemente (3-8 anni, anziché gli originari 4-13, poi divenuti 6-12), comporta una prescrizione più breve. Ecco Berlusconi assolto.
Severino ha sempre negato, all’opposto, che la separazione del reato potesse portare con sé possibili assoluzioni e un danno ai processi. Da giurista qual è, insegna diritto e procedura penale alla Luiss di cui è pro-rettore, è convinta che esista una «continuità normativa» tra la vecchia e la nuova formula, in questo confortata dalla sentenza delle sezioni unite della Cassazione che il 14 marzo di quest’anno hanno ribadito questo principio.
Sì, ma adesso? Anche adesso Severino la pensa allo stesso modo. Chi ha avuto modo di sentirla in queste ore, l’ha trovata molto amareggiata. Soprattutto per via di quelle che considera un sacco di «bugie» che, a onor del vero, traggono origine da affermazioni fatte anche da molti magistrati impegnati nei processi sulla concussione che non hanno ben visto quello che, con un brutto anglismo, viene chiamato “splittamento”. Senza timore di essere smentiti, si può dire che Severino non considera affatto «colpevole» la sua legge per l’assoluzione di Berlusconi. Lei aspetta le motivazioni della sentenza, perché solo da quelle pagine si potrà conoscere il ragionamento che ha portato i giudici dell’appello a buttare al macero le accuse della procura. Ma in questa «fiduciosa attesa», quello su cui un tecnico come Severino richiama l’attenzione è un elemento del dispositivo della sentenza. Lì è scritto che Berlusconi viene assolto «perché il fatto non sussiste » e non perché «il fatto non è previsto dalla legge come reato». Una distinzione che, ovviamente, «conta» per un professore di diritto.
Che vuol dire? La distinzione che opera l’ex ministro sta a significare che i giudici hanno negato l’esistenza del fatto in sé, la portata minacciosa (concussione) o foss’anche fortemente persuasiva (induzione) di quella telefonata fatta nella notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, da Parigi verso la questura di Milano, nella persona del capo di gabinetto Ostuni. La chiamata ci fu, ma fu solo una comunicazione di servizio tra il presidente del Consiglio in carica e un funzionario, al quale veniva segnalato che trattenere in questura Ruby poteva provocare un brutto incidente internazionale. Nessun reato, quindi. Anche in questo caso, come per la minore età di Ruby (il premier non sapeva che lo fosse pur avendo rapporti sessuali con lei), i giudici credono a Berlusconi, il quale era davvero convinto della parentela della ragazza con Mubarak, quella sostenuta con calore in Parlamento dall avvocato Maurizio Paniz quando Berlusconi tenta la via della Consulta per trasferire il processo al tribunale dei ministri.
Ultima considerazione per rimettere a posto i tempi. I fatti del processo sono del maggio 2010. Lo scandalo esplode in autunno. Il procuratore Bruti Liberati affida l’inchiesta a Ilda Boccassini. Che contesta i reati a Berlusconi nel gennaio 2011. A novembre giura il governo Monti e solo l’anno seguente esplode il dibattito sulla legge anticorruzione. Che viene approvata e diventa legge a novembre 2012, quando il processo Ruby è cominciato già da 7 mesi (6 aprile). Tutto questo per dire che la legge già esiste quando Boccassini sfrutta la Severino e chiede che all’ormai ex premier sia contestato il 319-quater, l’induzione. E soprattutto per dire che quando il tribunale lo condanna a 7 anni la legge Severino è lì e i giudici decidono che gli vada contestata la forma più pesante di concussione. Cancellata, perché “il fatto non sussiste” dai giudici dell’appello.