Maria Laura Rodotà, Corriere della Sera 20/7/2014, 20 luglio 2014
TUTTO QUELLO CHE I COGNOMI DICONO DI NOI (E NOI DI LORO) DIARIO DALLE VACANZE
Sulla costa laziale, dove il mare diventa limpido e i bagnini sono più cattivi — alla maremmana, via —, l’altro giorno si discuteva di cognomi. Tra sconosciute, addirittura. Tra «stagionali», signore con famiglia e ombrellone fisso, e «fagottare», gitanti di giornata con assetti personali vari. In genere i due gruppi si ignorano. Stavolta si sono confrontati, è bastata un’entrata irregolare in una conversazione di ombrellone altrui; le «fagottare» hanno ottenuto un successo di misura. Portando dalla loro molte stagionali; puntando sulla loro dignità di individui/e; soprattutto, esibendo il Corriere con immagini e pensieri di Ignazio La Russa e Nico Stumpo. Anche signore tradizionaliste perplesse sulla legge — ora bloccata alla Camera — che darebbe (come in tutto l’Occidente) il diritto di scegliere se dare ai figli il cognome del padre o quello della madre, hanno trovato irrispettose le affermazioni larussiane: «Si perdono i riferimenti generazionali, si distrugge il vincolo della famiglia che un nome aiuta a mantenere» (una, di buona cultura, ha citato Totò futuro suocero, «lei si sposa una Cocozza»; ecc). Mentre «fagottare» di fu sinistra hanno preso atto dei comici cascami della suddetta (Nico Stumpo, Pd pro cognome del padre, propone di dare ai maschi i due cognomi delle nonne e alle femmine i due dei nonni; le bagnanti propongono scolapasta come copricapi per legislatori). Un’agguerrita stagionale conservatrice, conscia dei pasticci burocratici italici, ha fatto l’unica obiezione sensata: «Nun è pratico». Infine si è raggiunto un accordo di massima, dopo varie ricerche via smartphone. Si è appreso che i figli di La Russa si chiamano Geronimo, Lorenzo Cochis e Leonardo Apache. E si è deciso: serve una legge che impedisca ai padri col pizzetto di scegliere i nomi degli eredi maschi. Augh.