Paolo Salom, Corriere della Sera 20/7/2014, 20 luglio 2014
GIAPPONE, MATRIMONI E FIGLI IN CALO E IL GOVERNO «PROMUOVE L’AMORE»
Avanti con la «babynomics». Ovvero, per i giapponesi restii a sposarsi — e quindi, cosa più importante — a fare figli, incentivi per riportare in attivo la bilancia della procreazione. Masako Mori, nominata dal premier Shinzo Abe ministra di Stato per la Natalità in decrescita, ha deciso di declinare a modo suo la politica ufficiale del governo, la cosiddetta Abenomics (un insieme di interventi governativi per facilitare spesa ed espansione monetaria, e quindi dell’economia), e puntare sulla crescita dei matrimoni. «I giapponesi — ha spiegato la ministra al Wall Street Journal — fanno figli tradizionalmente dopo le nozze. Ma l’età di chi si decide finalmente al grande passo è sempre più alta, e così il numero dei figli diminuisce».
Il ragionamento perciò è semplice: se lo Stato aiuta le coppie giovani — in un certo modo si fa sensale — il tasso di natalità invertirà la tendenza negativa, regalando al Sol Levante una parata di cicogne e, quindi, un futuro più radioso. «È così — insiste Masako Mori, 49 anni, avvocato e due figli —. La causa principale del basso tasso di fertilità dei nipponici è proprio la minore propensione a sposarsi». Le statistiche raccontano che nel Paese orientale ogni donna ha in media 1,43 figli, una situazione che proiettata nel futuro porta a una diminuzione della popolazione e, quindi, ai problemi che il mondo occidentale sta affrontando da tempo: difficoltà nel mantenimento del welfare, crisi nel sistema pensionistico e necessità di sostituire la forza lavoro mancante con l’immigrazione.
Ma il Giappone ha un problema: al momento «digerisce male» gli immigrati. Come un consigliere economico del premier Shinzo Abe ha raccontato al Corriere , «non possiamo permetterci ancora, per cultura e organizzazione sociale, immigrati definitivi. I lavoratori stranieri possono fermarsi da noi un tempo stabilito. Ma alla fine devono rientrare al loro Paese. Almeno per ora».
Ecco dunque che la ministra Mori ha ideato gli «incentivi di Stato per il matrimonio», ovvero, la «babynomics». Di che cosa si tratta? Intanto, spiega Masako Mori, «dobbiamo considerare che il 70 per cento degli scapoli e l’80 per cento delle nubili avrebbero tutte le intenzioni di sposarsi. Solo che non si sentono sicuri dal punto di vista economico. Così, per prima cosa il governo deve stabilizzare le fonti di guadagno, aiutando la conversione dei lavori part-time o a termine in occupazione stabili».
E questo è solo il primo passo. Perché la ministra sa bene come il denaro non sia tutto. E che i giovani devono essere «stimolati» al grande passo. Per esempio attribuendo fondi agli enti locali perché invoglino ragazzi e ragazze a conoscersi. La Prefettura di Kagawa, per esempio, ha designato tutti i primi del mese e le date con uno «zero» come «giorni dell’amore». Nella prefettura di Mie, invece, sono stati istituiti corsi che affrontano i «vantaggi del matrimonio e della vita di coppia». Naturalmente, il lavoro della ministra Mori non si limita a distribuire fondi: «Sono riuscita — ha spiegato al Wall Street Journal — a inserire nelle disposizioni di legge della Abenomics il capitolo ”misure per la natalità in declino”, facendo così della mia politica una questione economica nazionale, e non solo di assistenza all’infanzia».
Non deve sorprendere che il Giappone affronti con tanta preoccupazione il tema della natalità. Secondo le più recenti statistiche, citate dall’Economist , degli attuali 127 milioni di abitanti, nel 2060 il Sol Levante si troverà ad averne 87 milioni, il 40 per cento dei quali sopra i 65 anni. Una catastrofe. A meno che il governo «sensale» non inverta la tendenza.