M. Antonietta Calabrò, Corriere della Sera 20/7/2014, 20 luglio 2014
VIETTI: IL PROCESSO ALL’EX PREMIER E IL CASO DEI PM QUESTIONI DIVERSE DAL CSM NESSUNA INTERFERENZA
«Escludo decisamente qualunque volontà sia di interferenza nell’attività giurisdizionale, sia di delegittimazione degli uffici milanesi: il caso della Boccassini di cui abbiamo trattato a Palazzo dei Marescialli nei giorni scorsi non aveva nessuna attinenza con il processo che ha visto assolto Silvio Berlusconi».
Respinge i sospetti, il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Michele Vietti. Dal Csm, non c’è stato nessun «disco verde» “politico” alla demolizione dell’impostazione delle indagini compiute dal pm Ilda Boccassini sul caso Ruby.
«Un segnale da Roma», così «le voci di dentro» della Procura di Milano, avevano “interpretato” il recentissimo voto del plenum del Consiglio superiore della magistratura che ha deciso di trasmettere ai titolari dell’azione disciplinare, gli atti relativi al comportamento del capo della Direzione distrettuale antimafia di Milano, la Boccassini, appunto in relazione ai suoi rapporti con la Procura nazionale antimafia.
Come risponde, vicepresidente Vietti?
«Ripeto, non c’è stata nessuna volontà sia di interferenza nell’attività giurisdizionale, sia di delegittimazione degli uffici milanesi. Le questioni dibattute erano di tutt’altra natura rispetto al processo che si è concluso con l’assoluzione di Silvio Berlusconi».
C’è stata però una coincidenza temporale tra il vostro dibattito e il processo Ruby...
«Sì, una coincidenza temporale, ma post hoc (dopo questo) non vuol dire propter hoc (a causa di questo). Io rispondo degli atti del Csm e non delle percezioni mediatiche; non rispondo delle sensazioni, anche se posso capire l’amarezza di qualcuno».
La Boccassini si è lamentata?
«Io non ho sentito nessuno. Certo ho notato il tifo da stadio che ha accompagnato la rappresentazione giornalistica di ciò che accadeva a Palazzo dei Marescialli. La singolare convergenza politica dei giornali di destra e di sinistra nell’attaccare la Boccassini ha fatto il resto».
Sta di fatto che una pesante condanna si è trasformata in una doppia assoluzione. Com’è stato possibile?
«C’è una fisiologia processuale. I tre gradi di giudizio consentono di rivalutare sia i fatti che le norme di diritto».
A proposito di diritto, le modifiche introdotte dalla legge Severino hanno influito oppure no, come sostiene Carlo Federico Grosso?
«Naturalmente nessuno ha letto ancora le motivazioni della sentenza d’appello, ma certamente una nuova legge consente anche letture diverse nei vari gradi di giudizio. Lo “spacchettamento” della fattispecie della concussione potrebbe avere aperto problemi interpretativi che la giurisprudenza dovrà via via affrontare».
Qualcuno parla di un cambio di stagione a Palazzo dei Marescialli, è così?
«No. Vale anche per quest’ultima vicenda quanto il capo dello Stato ci ha sottolineato nella sua lettera sul caso nato dall’esposto del pm Robledo contro il Procuratore Bruti Liberati: l’esigenza di non compromettere la credibilità dell’azione giudiziaria in relazione ai problemi organizzativi della gestione degli uffici. Questo è avvenuto anche per il caso Boccassini- Procura Nazionale. Nel plenum il mio voto è stato determinante per approvare la mozione Borraccetti che metteva in evidenza che c’erano state alcune “ criticità” nel rapporto tra la Boccassini e la Procura nazionale, che però, nel frattempo, esse sono state superate».
Il pm De Matteo sostiene che il presidente del Csm, cioè Napolitano, ne condiziona i lavori e che Renzi non deve trattare le riforme con un condannato, cioè Berlusconi.
«Mi sembrano considerazioni tanto infondate quanto fuori luogo».
C’è un caso Procura di Milano, come anni e anni fa c’era stato un caso Procura di Roma?
«Allora la Procura di Roma era accusata di essere il Porto delle nebbie, cioè di inazione. La Procura di Milano è un ufficio che nel corso degli anni si è dimostrato attivo ed efficace; semmai è stata accusata di essere “troppo” attiva, di eccesso di zelo. Ma non è di questo che il Csm da marzo a luglio (forse anche per troppo tempo) ha discusso, ma solo dei problemi organizzativi che come organo di autogoverno ci competono».